Ridotta la pena ai poliziotti responsabili della morte di Abu Jariban

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Nel 2008 Omar, precedentemente ricoverato in ospedale per un incidente, fu abbandonato in mezzo alla strada dove morì per disidratazione. Oggi arriva lo sconto di pena

di Chiara Cruciati
Gerusalemme, 24 febbraio 2014, Nena News – Oggi la Corte Distrettuale di Gerusalemme ha ridotto di nove mesi la pena comminata a due poliziotti israeliani, accusati di aver abbandonato un palestinese ferito in mezzo alla strada. Omar Abu Jariban morì per disidratazione. Oggi i due poliziotti, Baruch Peretz e Assaf Yakutieli, hanno visto la loro pena ridursi da 30 a 21 mesi di prigione.
Il caso risale al 12 giugno 2008: Omar Abu Jariban, cittadino gazawi ma residente illegalmente in Israele, aveva rubato un’auto il 28 maggio insieme ad un amico. Poco dopo i due causarono un incidente stradale nel quale quattro persone rimasero ferite. Soccorso, Omar fu ricoverato nell’ospedale israeliano di Sheba a Tel Hashomer, dove gli fu diagnosticato un’emorragia celebrale, oltre alla frattura della clavicola e del bacino. Pochi giorni dopo, i medici riscontrarono anche una polmonite e comunicarono alla polizia la necessità di tenerlo in ospedale per almeno 20 giorni.
Omar rimase in ospedale solo due settimane: il dottor Gal Fichman firmò le dimissioni e lo consegnò alla polizia di Rehovot, nonostante avesse ancora bisogno di cure mediche: nella stazione di polizia appariva chiaramente confuso, non in grado di parlare né di muoversi autonomamente. Avrebbe dovuto essere portato nel centro medico di una prigione israeliana, ma mancando posti letto, Peretz decise di riportarlo in Cisgiordania, “nei Territori”, una sorta di codice per ordinarne l’abbandono in strada. Nel tragitto, i due poliziotti lo lasciarono lungo la statale 443, con ancora il catetere in mano. Morì di stenti, da solo, e due giorni dopo il suo corpo fu ritrovato all’alba da un passante. Fu possibile riconoscere il corpo solo dopo il test del DNA.
A maggio 2012 Peretz e Yakutieli sono stati condannati per omicidio colposo a 30 mesi di prigione. I legali dei due hanno presentato ricorso e oggi la Corte Distrettuale di Gerusalemme ha ridotto la pena di nove mesi, pur affermando che è esistita una diretta correlazione tra l’abbandono di Abu Jariban e la sua morte.
La morte di Omar destò un grande scandalo, per le tante responsabilità dietro il suo decesso. Innanzitutto, perché venne dimesso dall’ospedale nonostante le condizioni critiche in cui versava? I medici dello Sheba si sono giustificati dicendo che avevano consegnato Abu Jariban alla polizia consapevoli che sarebbe stato ricoverato nella clinica della prigione: “Spettava alla polizia trasferirlo in un centro di riabilitazione – ha detto il dottor Fichman durante il processo – Non lo avremmo dimesso se avessimo saputo che nessuno avrebbe seguito il suo necessario trattamento”.
Da parte sua la polizia ha più volte affermato che allo Sheba nessun medico ha sottolineato la necessità di trasferirlo in un altro centro medico e che, anzi, il personale medico aveva affermato che Omar avrebbe potuto proseguire la riabilitazione a casa: “Volevano liberare un letto”, ha detto il capo soprintendente Yossi Bachar, comandante della stazione di polizia di Rehovot. “Non ho mai visto un detenuto arrivare in queste condizioni, con il catetere ancora in mano”, ha aggiunto un altro poliziotto presente quella notte.
Dopo una serie di rimbalzi tra Shin Bet e polizia, Abu Jariban fu affidato al poliziotto Baruch Peretz. Insieme al collega Assaf Yakutieli, fece salire in macchina Omar. Erano le dieci di sera. Poco dopo Peretz ordinò di lasciare l’uomo al checkpoint di Maccabim. Il comandante del checkpoint rifiutò di prendere in consegna Abu Jariban, che alla 2.50 di notte fu lasciato in mezzo alla strada, tra la prigione di Ofer e il checkpoint di Atarot. In mano il catetere e addosso la divisa dell’ospedale, senza cibo né acqua.
Il 15 giugno un passante ha trovato il corpo senza vita di Omar. L’autopsia stabilì che morì per disidratazione. “Lo hanno abbandonato come un cane – disse all’epoca il fratello Mohammed, da Gaza – Potevano portarlo a Erez, ci saremmo presi cura noi di lui”. Nena News

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