Un pescatore palestinese ucciso dall'esercito israeliano e suo fratello ferito con proiettili "dum dum" o "ad espansione"
Un pescatore palestinese è stato ucciso questa mattina e suo fratello è
stato ferito dall'esercito di occupazione israeliano mentre pescavano
nelle acque a nord di Gaza.
I due sono fratelli sono Fahmy Abu Ryash, 23 anni, e Yousif Abu Ryash, 19 anni.
Fahmy Abu Ryad è stato colpito alla gamba sinistra, suo fratello Yousif è stato colpito alla mano sinistra.
L'esercito israeliano ha utilizzato proiettili "ad espansione", detti anche "dum dum", vietati dalle legge internazionale.
Successivamente all'attacco sono stati trasportati al Kamal Odwan hospital.
Qui ho incontrato un pescatore che era con loro, Mahmoud Taha Sultan, 24 anni, di cui ho raccolto la testimonianza.
Verso le 10.15 del mattino, i ragazzi stavano pescando sulle coste a nord di Gaza, nell'area di Beit Lahia.
Non si trovavano su un'imbarcazione, ma pescavano a pochi metri dalla
spiaggia, in piedi, lanciando con le proprie braccia le piccole reti.
Sulle spiagge della Striscia di Gaza è possibile vedere tanti pescatori
utilizzare questo tradizionale metodo di pesca. I pescatori si immergono
in acqua e, con le proprie braccia, lanciano le reti, per poi ritirarle
qualche minuto dopo.
I due fratelli, insieme agli altri pescatori, in tutto una quindicina,
si trovavano ad una distanza di 300 metri dal confine nord con Israele.
Soldati israeliani hanno improvvisamente fatto irruzione via terra ed
hanno iniziato a sparare verso i pescatori.
"Non è la prima volta che sparano - racconta Mahmoud - ma in genere sparano dalle torri".
I soldati israeliani si sono diretti accanto ai corpi dei due fratelli,
ed hanno chiamato gli altri pescatori, che nel frattempo si erano
allontanati per fuggire agli spari, per dir loro di recuperare i corpi.
Così i pescatori hanno chiamato l'ambulanza che ha trasportato i due
ragazzi al Kamal Odwan hospital.
Quando sono arrivata in ospedale, Saleh, il padre dei due fratelli, era in lacrime.
Stava pregando in moschea quando ha saputo dell'attacco. Oggi infatti è venerdì, giorno di festa per i musulmani.
"Questa è ingiustizia. Siamo nella nostra terra, non possiamo pescare,
non possiamo vivere nella nostra terra", mi ha detto, con una voce
interrotta dal pianto.
Secondo Saleh, i paesi europei dovrebbero intervenire per risolvere la
questione palestinese. "Questa è ingiustizia, noi siamo solo civili", ha
ripetuto.
Infine, con occhi sgranati, mi ha detto "Immagina cosa un padre deve sentire trovando i suoi figli feriti".
Il figlio giovane, Yousef, sta bene. Ha ricevuto medicazione alla mano ed è stato rilasciato.
Non è andata così per Fahmy. Fahmy era sposato, ed aveva un bambino di un anno.
Ho incontrato Fahmy disteso sul letto, prima che entrasse in sala operatoria.
I dottori hanno pulito la ferita e successivamente Fahmy è stato trasportato in sala operatoria.
Il proiettile è entrato dalla gamba sinistra ed ha distrutto l'area pelvica.
"Sarà fortunato se potrà camminare di nuovo", aveva detto un dottore.
Ho deciso di rimanere in ospedale fino al termine dell'operazione, per
assicurarmi che tutto sarebbe andato bene. L'operazione sarebbe durata
2-3 ore, avevano detto i dottori.
Alle ore 14:50 un dottore ci ha comunicato che l'operazione non era
ancora iniziata perché Famhy riportava una pressione del sangue molto
bassa.
Alle ore 16:12 un dottore ci ha comunicato che in sala operatoria Fahmy
aveva subito un arresto cardiaco, ma che si era ripreso. Purtroppo però
ha subito una forte emorragia.
Alle ore 16:25 ci hanno comunicato che l'operazione era finita e che
Fahmy era stato trasportato all'unità di terapia intensiva (ICU).
Successivamente un dottore mi ha detto che Fahmy ha sofferto di forte
emorragia, e che si trovava in condizioni critiche: "Il proiettile ad
espansione ha distrutto l'area pelvica. Ha perso un'enorme quantità di
sangue". Ha detto che Famhy aveva subito un lungo arresto cardiaco, e
che il cervello sarebbe stato danneggiato. Gli ho chiesto quali erano le
sue previsioni, quali sarebbero state le conseguenze, ma la sua
risposta mi ha agghiacciata. "Se sopravviverà andrà bene", mi ha detto.
Mi sono offerta, con un attivista palestinese che era con me, di donare il sangue per Fahmy domani mattina.
Ma non è stato possibile, Fahmy è morto questa sera.
All'uscita dalla sala in cui ho parlato con i dottori, ho incontrato
nuovamente i familiari di Fahmy, al momento ancora ignari delle reali
condizioni del ragazzo. I dottori non avevano ancora comunicato loro la
gravità della situazione.
Nei corridoi dell'ospedale alcune donne della famiglia camminavano sorrette dalle braccia dei familiari.
Il padre di Fahmy era finalmente più tranquillo, mi ha salutato
sorridendo e mi ha ringraziato per la solidarietà. Ci eravamo dati
appuntamento a domani. Palesemente fiducioso, sperava che tutto andasse
per il meglio, "alhamdulilah".
Gli occhi di Saleh sono grandi e buoni, occhi che esprimono storia di resistenza e di amore.
Questa sera una telefonata ha spento ogni speranza.
Fahmy non ce l'ha fatta.
Domani con forza dovrò affrontare gli occhi di Saleh, il suo dolore e quello di tutta la famiglia.
Morire per lavorare, morire per pescare.
Che cosa ha fatto Fahmy per morire a 23 anni?
Come spiegare a suo figlio di un anno il perché suo padre è stato ucciso?
Nel silenzio internazionale Israele continua ad utilizzare i proiettili
"dum dum" o "ad espansione", seppur vietati dalle convenzioni
internazionali.
Perché Israele deve rimanere impunito per l'utilizzo di questi proiettili e per questi crimini contro l'umanità?
Chi rimane silente è complice di questi crimini.
Chiediamo giustizia. Chiedete giustizia insieme a noi.
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