Israele: abbiamo perso. E 'tempo di pensare a uno stato unico di Carlo Strenger
Migron è stata evacuata, ma ciò non salva la soluzione a due stati. È stata evacuata perché edificata su terre private, non perché faccia parte del futuro Stato palestinese. Dozzine di altri insediamenti restano in piedi e al momento ci sono oltre 300.000 coloni a est della Green Line, senza contare Gerusalemme est. Per decenni la sinistra israeliana si è definita per il proprio impegno a favore della soluzione a due Stati. Ma è giunto il momento di dare uno sguardo freddo e severo alla realtà: abbiamo perso. Lo scorso anno il filosofo palestinese Sari Nousseibeh, attivista per la pace e presidente dell'Università di Al Quds lo aveva scritto nel suo libro What is a Palestinian State Worth? Ha invitato i colleghi palestinesi a rendersi conto che gli Ebrei sono troppo traumatizzati dalla loro storia per rinunciare alla propria sovranità sulla Cisgiordania e che uno Stato palestinese non vale ulteriori spargimenti di sangue e distruzioni.
Io allora non ero ancora pronto a sentire queste cose, ma sinceramente non ha alcuna utilità continuare a chiudere gli occhi. Io non rinuncio alla soluzione a due Stati sulla base di considerazioni ideologiche - che pur con tutti i suoi difetti, quanto meno aveva un senso morale, politico e demografico. Ci rinuncio perché non si realizzerà mai.
La maggior parte dei membri della coalizione di Netanyahu sono esplicitamente a favore della soluzione a un solo Stato e lo stesso Bibi ha dato solo un'adesione di facciata a uno Stato palestinese: le sue azioni dicono tutt'altro; ma anche i leader dell'opposizione a stento ne parlano, della soluzione a due stati, perché si sono resi conto che costa loro troppi voti.
Inoltre, la situazione da parte palestinese è abbastanza simile. Le elite palestinesi preferiscono uno Stato a est del Giordano; la posizione politica di Abbas è debole e non è chiaro se mai ci sarà più un altro leader palestinese che si impegni per una soluzione a due Stati.
Quindi, anche se non a cuor leggero, dobbiamo cercare delle alternative. Alleati naturali della sinistra sono coloro che nella destra di Israele credono nei valori fondamentali della democrazia liberale, come Moshe Arens e Reuven Rivlin. Entrambi ritengono che Israele debba annettersi la Cisgiordania e concedere ai Palestinesi pieni diritti politici, rifiutando così uno stato di apartheid.
L'idea di uno stato ad ovest del Giordano incontra enormi difficoltà: come possono due popoli che per più di un secolo sono rimasti intrappolati in una lotta tragica e mortale gestire uno stato insieme?
L'eventuale stato ad ovest del Giordano non avrebbe un ethos nazionale condiviso. Per anni resterebbe intrappolato in una lotta per il predominio etnico. L'arma più importante in questa lotta sarebbe, come ha detto il demografo Arnon Sofer, il ventre delle donne: Ebrei e Palestinesi si combatterebbero con quanti più bambini è possibile per ottenere la maggioranza demografica.Ma forse lo stato a ovest del Giordano non sarebbe poi così differente dalla realtà che già viviamo ora. Israele è invischiata in una guerra culturale che riguarda il suo futuro carattere. La battaglia demografica e l'uso di un gran numero di bambini va avanti da decenni. Ebrei nazional-religiosi ed ultraortodossi si sono basati sul principio secondo il quale loro avrebbero semplicemente superato nelle nascite gli Ebrei laici. Molti di loro non aspettano che il momento in cui la democrazia israeliana si trasformi in una vera e propria teocrazia.
Per un bel po' di tempo non è esistita una vera società israeliana, bensì un certo numero di tribù che a stento comunicavano tra di loro e che avevano in comune un solo valore: la sicurezza. Israele già vive nella situazione anormale di avere quattro sistemi di istruzione diversi: uno ebraico laico, uno nazional-religioso, uno ultraortodosso e uno arabo.La soluzione a un solo stato trasformerà la disintegrazione di Israele come società de facto in una realtà de jure. Il nuovo stato dovrà funzionare come una confederazione e dovrà dare grande autonomia agli stati o cantoni che la costituiscono. Dovremo studiare attentamente i modelli già esistenti di strutture statali simili, come la Svizzera, il Canada o il Belgio. Dovremo anche seguire da vicino il percorso che l'Unione europea sta compiendo verso un governo centrale più forte che possa unire culture e lingue anche molto differenti. Nulla di quello che sto scrivendo mi dà piacere o gioia, né mi illudo che il nuovo Stato di "Israstina" (o comunque si chiamerà) possa venire alla luce senza fitte dolorose e lunghi conflitti. Però questo è ciò che la maggioranza degli Israeliani hanno di fatto deciso attraverso le loro azioni e i loro voti; ed è ciò a cui anche i Palestinesi hanno portato attraverso una serie di errori storici. Noi dobbiamo tirar fuori il meglio da una brutta situazione.
Articolo completo
Link all’articolo originale: http://www.haaretz.com/blogs/strenger-than-fiction/we-ve-lost-it-s-time-to-think-about-one-state.premium-1.463460 oppure https://informazionedemocratica.wordpress.com/2012/09/07/carlo-strenger-weve-lost-its-time-to-think-about-one-state/
L'eventuale stato ad ovest del Giordano non avrebbe un ethos nazionale condiviso. Per anni resterebbe intrappolato in una lotta per il predominio etnico. L'arma più importante in questa lotta sarebbe, come ha detto il demografo Arnon Sofer, il ventre delle donne: Ebrei e Palestinesi si combatterebbero con quanti più bambini è possibile per ottenere la maggioranza demografica.Ma forse lo stato a ovest del Giordano non sarebbe poi così differente dalla realtà che già viviamo ora. Israele è invischiata in una guerra culturale che riguarda il suo futuro carattere. La battaglia demografica e l'uso di un gran numero di bambini va avanti da decenni. Ebrei nazional-religiosi ed ultraortodossi si sono basati sul principio secondo il quale loro avrebbero semplicemente superato nelle nascite gli Ebrei laici. Molti di loro non aspettano che il momento in cui la democrazia israeliana si trasformi in una vera e propria teocrazia.
Per un bel po' di tempo non è esistita una vera società israeliana, bensì un certo numero di tribù che a stento comunicavano tra di loro e che avevano in comune un solo valore: la sicurezza. Israele già vive nella situazione anormale di avere quattro sistemi di istruzione diversi: uno ebraico laico, uno nazional-religioso, uno ultraortodosso e uno arabo.La soluzione a un solo stato trasformerà la disintegrazione di Israele come società de facto in una realtà de jure. Il nuovo stato dovrà funzionare come una confederazione e dovrà dare grande autonomia agli stati o cantoni che la costituiscono. Dovremo studiare attentamente i modelli già esistenti di strutture statali simili, come la Svizzera, il Canada o il Belgio. Dovremo anche seguire da vicino il percorso che l'Unione europea sta compiendo verso un governo centrale più forte che possa unire culture e lingue anche molto differenti. Nulla di quello che sto scrivendo mi dà piacere o gioia, né mi illudo che il nuovo Stato di "Israstina" (o comunque si chiamerà) possa venire alla luce senza fitte dolorose e lunghi conflitti. Però questo è ciò che la maggioranza degli Israeliani hanno di fatto deciso attraverso le loro azioni e i loro voti; ed è ciò a cui anche i Palestinesi hanno portato attraverso una serie di errori storici. Noi dobbiamo tirar fuori il meglio da una brutta situazione.
Articolo completo
Link all’articolo originale: http://www.haaretz.com/blogs/strenger-than-fiction/we-ve-lost-it-s-time-to-think-about-one-state.premium-1.463460 oppure https://informazionedemocratica.wordpress.com/2012/09/07/carlo-strenger-weve-lost-its-time-to-think-about-one-state/
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