Da un lato le critiche di Europa e Stati Uniti alle colonie, dall’altro il sostegno delle potenze economiche emergenti Cina, India e Brasile allo Stato Palestinese. Sono giorni molto difficili per Israele, sempre più isolata dal punto di vista internazionale, che ormai sembra preparata a subire uno schiaffo morale alle Nazioni Unite. Infatti venerdì mattina (verso le 10, ora americana) il Consiglio di Sicurezza si riunisce per una prima discussione sulla domanda presentata dai Palestinesi, che chiedono di essere riconosciuti come Paese membro dell’Onu e, dunque, come nazione indipendente.
Per ottenere questo status, la Palestina deve ottenere due cose: una maggioranza di nove seggi su 15, ed evitare che uno dei membri permanenti ponga il veto. Il ministro degli Esteri palestinese Ryad al-Maliki ha dichiarato di avere ottenuto garanzia che otto membri sosterranno la causa palestinese: Cina, Russia, India, Brasile, Sud Africa (ovvero i cosiddetti Paesi BRICS), oltre a Libano, Nigeria e Gabon. Il che significa che serve un solo altro voto per ottenere la maggioranza assoluta.
Secondo quanto riportato dal quotidiano israeliano Haaretz, l’Autorità palestinese starebbe cercando di ottenere il sostegno della Bosnia o della Colombia ed è più probabile che sia il Paese europeo ad accogliere la richiesta, perché la Colombia è politicamente molto legata agli Stati Uniti. Che, con ogni probabilità, utilizzeranno il loro diritto di veto.
Tecnicamente potrebbero porre il veto anche le due nazioni europee che ricoprono i seggi permanenti, Francia e Gran Bretagna, ma è difficile che decidano di farlo: più probabilmente si limiteranno ad astenersi. Il ministro degli Esteri francese Alain Juppé aveva dichiarato la scorsa settimana, durante la riunione dell’Assemblea generale Onu, di opporsi alla creazione immediata e unilaterale di uno Stato palestinese ma aveva anche criticato un possibile veto presso il Consiglio di Sicurezza.
Dunque gli Stati Uniti sono l’unica speranza di Israele per evitare la creazione unilaterale di uno Stato Palestinese. Fortunatamente per Israele, Obama ha tutta l’intenzione di esercitare il suo diritto di veto, come ha detto chiaramente in un incontro con il presidente dell’Anp Abu Mazen: la posizione degli Stati Uniti è che l’Onu “non è la sede appropriata” e che uno Stato Palestinese dovrebbe essere creato attraverso il negoziato con Israele.
Il problema è che di negoziati nel prossimo futuro non se ne vedono. A infiammare la situazione, già tesa di per sé, è stato il recente annuncio da parte del governo israeliano dellacostruzione di 1.100 nuovi appartamenti a Gilo: si tratta di un quartiere che Israele consideraparte integrante di Gerusalemme Est ma che si trova al di là dei confini del 1967 e che dunque è una colonia secondo la comunità internazionale. Critiche arrivano dall’Europa, dagli Stati Uniti e, naturalmente, dalla Turchia, grande ex alleato in Medio Oriente che negli ultimi anni però si è trasformato nella guida dei Paesi arabi contro Israele.
L’Unione Europea e la Gran Bretagna hanno chiesto al primo ministro Benjamin Netanyahu di “rivedere la decisione”, il segretario di Stato Usa Hillary Clinton ha definito la costruzione di nuovi insediamenti “controproduttiva” e il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu ha detto che “solleva dubbi sulla reale disponibilità da parte di Israele di riprendere i negoziati”.
Il governo di Netanyahu insomma sembra riuscito a irritare tutti. Resta da chiedersi allora perché Stati Uniti e, in misura minore, l’Europa siano determinati a schierarsi dalla parte di Israele durante la riunione del Consiglio di Sicurezza. Infatti, con ogni probabilità, fermare la creazione di uno Stato Palestinese porterà a un’ondata di malcontento nei Paesi arabi.
Ma la creazione di uno Stato Palestinese fantoccio, una nazione proclamata indipendente mentre ancora è divisa in due – da un lato la Cisgiordania governata da Abu Mazen, dall’altro Gaza in mano ad Hamas – e di fatto occupata militarmente da Israele: tutto questo provocherebbe, nel medio termine, reazioni ancora più devastanti. Nella migliore delle ipotesi, una Terza Intifada.
Come ha scritto di recente un giornalista americano: “La richiesta dei palestinesi è comprensibile, ma poco saggia. Obama può porre il veto e dormire bene la notte”.
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