Menachem Klein: Israele miti -realtà: Oslo e Arafat
Il prof. Menachem Klein, che insegna scienze politiche all’università Bar Ilan e viene annoverato tra i "nuovi storici" israeliani, sta mandando alle stampe un libro in cui analizza le cause del fallimento dei negoziati sullo "status finale" svoltisi tra il 2000 e il 2001. Già impegnato da alcuni anni nello studio del conflitto israelo-palestinese (l’ultimo suo libro è "Doves in Jerusalem’s sky – The peace process and the city 1977-1999 "), all’inizio del 2000 era stato chiamato dal primo ministro Barak a fare da consulente al team di negoziatori che avrebbe partecipato al vertice di Camp David. Klein, che rappresenta una figura abbastanza inusuale in quanto ebreo osservante che milita nello schieramento pacifista israeliano, ha anticipato i contenuti del libro in un conferenza, cui ho assistito, tenuta lo scorso luglio presso la sede londinese del partito pacifista israeliano Meretz.
Come è noto, il fallimento del vertice di Camp David ha rappresentato un passaggio essenziale nella tormentata storia del processo di pace tra israeliani e palestinesi avviatosi a Oslo: due mesi dopo il vertice è scoppiata la seconda intifada; nella percezione di un’ampia fetta di opinione pubblica e di partiti politici israeliani il rifiuto da parte di Arafat di quella che sarebbe stata la "generosa offerta" di Barak dimostrerebbe l’impossibilità di perseguire la strada politico-negoziale nel conflitto coi palestinesi. Il prof. Klein, che in questo condivide le posizioni politiche del Meretz e di Peace Now, considera questa percezione del tutto errata e basata su "miti" senza fondamento: a suo avviso le proposte di Barak a Camp David non erano state affatto "generose" e i negoziati sullo "status finale" (Camp David e poi Taba) non erano destinati "deterministicamente" al fallimento (a causa della presunta intransigenza palestinese), ma hanno avuto questo esito principalmente a causa degli errori tattici commessi da Barak durante i negoziati.
Più in dettaglio, Klein ha esaminato tre questioni: il vertice di Camp David e le cause del suo fallimento; il piano Clinton del dicembre 2000 e i successivi negoziati di Taba; la situazione attuale, con particolare attenzione alla figura e al ruolo di ArafatIl fallimento del vertice di Camp David sarebbe ascrivibile all’errata impostazione del negoziato da parte di Barak, impostazione che ha avuto il sostegno, in buona fede, del presidente Clinton. I principali errori "tattici" di Barak sarebbero stati i seguenti: l’assenza di qualsiasi proposta scritta, per timore che trapelassero notizie (che gli avrebbero fatto perdere pezzi di coalizione) e per non vincolare i suoi successori; più in generale l’avere perseguito, per sua stessa ammissione, una strategia mirante a mettere Arafat "in un angolo", senza tenere conto che, a differenza che in precedenti tornate negoziali (nel 1978 la pace con l’Egitto, nel 1993 Oslo e nel 1995 la pace con la Giordania), questo sullo "status finale" non era un contesto di tipo cosiddetto "win-win" (in cui tutti avevano da guadagnare qualcosa) ma bensì un cosiddetto "gioco a somma zero" (il guadagno di un giocatore corrisponde alla perdita dell’altro) e quindi una tattica negoziale troppo aggressiva avrebbe indebolito eccessivamente la controparte; infine, il non essersi avvalso, a differenza che in analoghe fasi del negoziato di Oslo, della consulenza tecnico-specialistica di militari, geografi e altri esperti, portando con sé a Camp David solo un gruppo ristretto di persone fidate. Quanto alla "generosa" offerta di Barak, secondo Klein, a Camp David il premier avrebbe chiesto l’annessione permanente del 12% dei territori occupati ma assieme a questo vi era anche la richiesta di "affitto temporaneo" (per 99 anni) di un’ampia fetta della valle del Giordano e di altre zone: di fatto la "generosa" offerta di Barak consisteva nel cedere a un nascituro stato palestinese circa il 60-70% dei territori occupati (ossia il 60-70% del 22% della Palestina del mandato britannico).
Per quanto riguarda il comportamento di Arafat a Camp David, secondo Klein ha torto chi sostiene che, a riprova della sua "scarsa volontà di pace", durante il vertice egli non avrebbe fatto nessuna proposta o controproposta: paradossalmente la delegazione palestinese aveva fatto "troppe" proposte (tra cui quella iniziale di tornare ai confini del 1967) dato che, a differenza di quella di Barak, essa non aveva una precisa strategia e i negoziatori erano poco coordinati tra loro.
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