Amos Harel La rappresaglia dell'Iran nei confronti di Israele in mare è stata in gran parte simbolica. Questo potrebbe cambiare

Traduzione sintesi
Molto è stato scritto sulla nave iraniana colpita da Israele. Non meno importante è il tempismo
9 aprile 2021
L'attacco di martedì attribuito a Israele, dove una nave iraniana nel Mar Rosso è stata danneggiata da una mina, non è stata un'operazione di routine. Si differenzia dai suoi predecessori per la natura dell'obiettivo, la tempistica e il contesto.
La nave colpita, la Saviz, era originariamente un mercantile. Secondo le società , che analizzano i dati di spedizione, negli ultimi anni ha trascorso la maggior parte del suo tempo nell'area in cui è stata attaccata, tra le coste dello Yemen e dell'Eritrea. Fonti di intelligence occidentali affermano che la nave appartiene alle Guardie rivoluzionarie iraniane e che funge da nave madre , una sorta di comando marittimo , una base militare galleggiante responsabile delle operazioni di intelligence e di comando. La nave è dotata di motoscafi e gru con cui calare le barche in acqua.
Si pensa che il Saviz abbia fornito assistenza iraniana ai ribelli Houthi nello Yemen durante la guerra civile in corso lì, oltre a prendere parte alle operazioni contro la vicina Arabia Saudita. La nave fornisce alle Guardie rivoluzionarie una presenza permanente in una regione sensibile per l'Iran, una rotta di navigazione importante che la collega (e i paesi dell'Asia centrale e orientale) al Mar Mediterraneo e all'Europa.
Come ha riferito Haaretz il mese scorso, negli ultimi tre anni sono stati effettuati dozzine di attacchi marittimi contro navi iraniane, principalmente nel Mediterraneo ma anche nel Mar Rosso. La maggior parte degli attacchi era contro navi che contrabbandavano petrolio dall'Iran alla Siria. I fondi generati dal petrolio sono stati utilizzati per l'acquisto di armi per Hezbollah. Secondo i resoconti dei media stranieri, di recente sono ripresi anche gli attacchi contro navi che contrabbandano armi nei porti della Siria settentrionale.
Il Saviz è un obiettivo diverso .Secondo i rapporti questo attacco sembra costituire un esplicito messaggio israeliano a Teheran dopo che gli iraniani - in risposta agli attacchi contro di loro - hanno colpito due navi parzialmente di proprietà di compagnie israeliane nell'area del Mar Arabico. L'attacco ha inflitto danni diretti alle Guardie Rivoluzionarie, oltre a un duro colpo al prestigio del gruppo una volta che il suo collegamento con la nave è stato reso pubblico.
È qui che entra in gioco la questione del tempismo. Il Saviz è stato presente nella regione per un lungo periodo, Secondo fonti americane l'attacco è avvenuto martedì mattina, poche ore prima dell'inizio della prima sessione di negoziati tra l'Iran e le maggiori potenze mondiali, volta ad aprire la strada al rientro degli Stati Uniti nell'accordo nucleare iraniano internazionale.
Il New York Times ha riferito che Israele ha informato gli Stati Uniti dell'attacco subito dopo che ha avuto luogo. È difficile credere che sia stata una coincidenza. L'annuncio dell'attacco è un segnale che Israele sta continuando a perseguire una linea aggressiva contro l'Iran anche se Washington adotta un approccio conciliante e cerca un rapido ritorno all'accordo nucleare.
L'articolo di Haaretz sulla campagna navale è stato preceduto da un rapporto, di portata più ristretta, sul Wall Street Journal. Se la fonte di quel rapporto, apparso all'inizio di marzo, fosse l'amministrazione Biden, potrebbe attestare il desiderio degli americani di neutralizzare il rumore di fondo israeliano prima della ripresa dei colloqui sul nucleare.
Se questa era l'intenzione originale, ha mancato completamente il suo obiettivo. È accaduto esattamente il contrario: ulteriori dettagli sono stati resi pubblici in Israele, gli iraniani hanno attaccato un'altra nave di proprietà israeliana e Israele sembra aver reagito da parte sua alzando l'asticella in risposta.
L'attuale situazione tra le parti può essere considerata una campagna navale, ma non una guerra. Nessuno dei due paesi ha una marina molto grande ,ma la campagna si sta espandendo in settori distanti. Ha comportato dozzine di attacchi e gli iraniani hanno recentemente deciso di reagire.
Questi eventi non avranno necessariamente solo implicazioni nell'arena navale. L'Iran ha molte altre opzioni per agire contro Israele, che vanno dagli attacchi con missili balistici ,all' 'uso di droni (come sono stati usati negli attacchi contro obiettivi petroliferi in Arabia Saudita), al lancio di razzi dal siriano confine.
Ufficialmente Israele non ha fornito risposte riguardo a questi sviluppi. Il ministro della Difesa Benny Gantz - indipendentemente che sia un partner a pieno titolo per la formulazione di questa politica offensiva o sia stato informato solo quando ha assunto il portafoglio della difesa un anno fa - ha fatto riferimenti generali a quanto accaduto . L'establishment della difesa "si sta attualmente preparando per un possibile confronto che l'Iran sta determinando , direttamente o indirettamente tramite i suoi delegati in Medio Oriente", ha detto senza approfondire.
E' probabile che la campagna marittima sia cresciuta dal basso verso l'alto. Come generalmente accade , la marina ha indubbiamente individuato una sfida (aiuti economici iraniani a Hezbollah) e ha dimostrato la capacità di interromperla (attività sotto copertura dell'unità di comando navale Shayetet 13).
Le regole operative sono state mantenute - astenendosi dall'infliggere decessi o causare danni ambientali fino a quando non sono iniziate le perdite. Sulla base dei dati trapelati, non c'è dubbio che gli iraniani abbiano subito danni significativi, sia in termini di mancati guadagni - diversi miliardi di dollari che non hanno raggiunto la loro destinazione finale, Hezbollah - sia nell'evidenziare la propria vulnerabilità
Come al solito la domanda è fino a che punto questa operazione di successo permette di ottenere l'obiettivo finale di danneggiare le capacità e la posizione dell'Iran, e quale rischio comporta per Israele. I due contrattacchi iraniani sono stati in gran parte simbolici, causando pochi danni e colpendo navi che sono solo indirettamente collegate a Israele. Ma il potenziale di danni futuri è molto maggiore, perché quasi tutto il commercio di Israele avviene via mare e coinvolge rotte lunghe che sono molto difficili da proteggere efficacemente.
La continuazione della politica di attacco navale è una questione controversa nell'establishment della difesa e all'interno dello stesso Stato Maggiore della Forza di Difesa Israeliana. Alcune figure di alto livello ritengono che i benefici che si possono trarre da una simile campagna navale siano limitati, che la pretesa dietro di essa sia eccessiva e il rischio implicato sia troppo grande.

e attack on Tuesday that was attributed to Israel, in which an Iranian ship in the Red Sea was damaged by a mine, was not a routine operation. It differs from its predecessors in the nature of the target, the timing and in terms of its context. The ship that was hit, the Saviz, was originally a freighter. According to companies that analyze shipping data, it has spent most of its time in recent years in the area in which it was attacked, between the coasts of Yemen and Eritrea. Western intelligence sources say the vessel belongs to the Iranian Revolutionary Guards and that it serves as a mother ship – a maritime command post of sorts, a floating military base that’s responsible for intelligence and commando operations. The ship is equipped with speedboats and cranes with which to lower the boats into the water. The Saviz is thought to have supplied Iranian assistance to the Houthi rebels in Yemen during the civil war that’s going on there, as well taking part in operations targeting neighboring Saudi Arabia. The ship provides the Revolutionary Guards with a permanent presence in a region that is sensitive for Iran – a main shipping route linking it (and the countries of Central and East Asia) to the Mediterranean Sea and Europe.

The attack on Tuesday that was attributed to Israel, in which an Iranian ship in the Red Sea was damaged by a mine, was not a routine operation. It differs from its predecessors in the nature of the target, the timing and in terms of its context.

The ship that was hit, the Saviz, was originally a freighter. According to companies that analyze shipping data, it has spent most of its time in recent years in the area in which it was attacked, between the coasts of Yemen and Eritrea. Western intelligence sources say the vessel belongs to the Iranian Revolutionary Guards and that it serves as a mother ship – a maritime command post of sorts, a floating military base that’s responsible for intelligence and commando operations. The ship is equipped with speedboats and cranes with which to lower the boats into the water.

The Saviz is thought to have supplied Iranian assistance to the Houthi rebels in Yemen during the civil war that’s going on there, as well taking part in operations targeting neighboring Saudi Arabia. The ship provides the Revolutionary Guards with a permanent presence in a region that is sensitive for Iran – a main shipping route linking it (and the countries of Central and East Asia) to the Mediterranean Sea and Europe.

As Haaretz reported last month, dozens of maritime attacks against Iranian ships have been carried out in the past three years, mostly in the Mediterranean but also in the Red Sea. The bulk of the attacks were against ships that were smuggling oil from Iran to Syria. The funds generated from the oil have been used to underwrite arms purchases for Hezbollah. According to foreign media reports, attacks have also recently resumed against ships that have smuggled arms to ports in northern Syria.

The Saviz is a target of a different order. According to the reports, this attack appears to constitute an explicit Israeli message to Tehran, after the Iranians – in response to attacks on them – struck two ships partially owned by Israeli companies in the area of the Arabian Sea. The attack inflicted direct damage on the Revolutionary Guards, in addition a blow to the group’s prestige, once its connection to the ship was made public.

That’s where the question of timing enters the picture. Because the Saviz was present in the region for a extended period, it doesn’t appear that this was a case of a narrow operational window of opportunity necessitating action specifically on the date of the attack. Nevertheless, according to American sources, the attack took place on Tuesday morning – hours before the start of the first session of negotiations between Iran and the major world powers aimed at paving the way for the United States to rejoin the international Iranian nuclear agreement.

The New York Times reported that Israel informed the United States about the attack immediately after it took place. It’s hard to believe that this was a coincidence. The announcement of the attack is a signal that Israel is continuing to pursue a proactive, aggressive line against Iran even as, in Israel’s view, Washington adopts a conciliatory approach and seeks a quick return to the nuclear accord.

The report in Haaretz about the naval campaign was preceded by a report, narrower in scope, in the Wall Street Journal. If the source of that report, which appeared at the beginning of March, was the Biden administration, it might attest to the Americans’ desire to neutralize Israeli background noise ahead of the resumption of the nuclear talks.

But if that was the original intention, it completely missed its target. Precisely the reverse happened: Additional details were made public in Israel, the Iranians attacked another Israeli-owned ship and Israel seems to have reacted for its part by raising the bar in response.

The current situation between the sides can be considered a naval campaign – but not a war. Neither country has a very large navy, and most of the vessels aren’t in proximity to one another. But the campaign is expanding across distant sectors. It has involved dozens of attacks, and the Iranians recently decided to fight back.

These events will not necessarily only have implications in the naval arena. Iran has an abundance of other options in acting against Israel, ranging from ballistic missile attacks and the use of drones (as were used in the attacks against oil targets in Saudi Arabia), to rocket fire from a relatively short range, originating from the Syrian border.

Officially Israel has not been issuing responses regarding these developments. Defense Minister Benny Gantz – whether he was a full partner to the formulation of this offensive policy or was only briefed when he assumed the defense portfolio a year ago – only referred to the reports in general terms this week. The defense establishment “is currently deploying for a continuation of the possible confrontations that Iran is posing to us, whether directly or indirectly via its proxies in the Middle East,” he said without elaborating.

The likelihood is that the maritime campaign grew from the bottom up. As generally happens with such things, the navy undoubtedly spotted a challenge (Iranian economic aid to Hezbollah) and demonstrated the capacity to disrupt it (undercover activity by the Shayetet 13 naval commando unit).

Operational rules were maintained – refraining from inflicting fatalities or causing environmental damage and with a minimal “acoustic signature” – until the leaks began. Based on the leaked data, there is no doubt that the Iranians sustained significant damage, both in lost revenues – several billion dollars that didn’t reach their final destination, Hezbollah – as well as the degree of Iranian vulnerability that was exposed.

As usual, the question is the extent to which this continuous, successful operation serves the final goal of harming Iran’s capabilities and standing, and what risk it entails for Israel. The two Iranian counterattacks were largely symbolic, causing little damage and striking vessels that are only indirectly linked to Israel. But the potential for future damage is far greater, because almost all of Israel’s trade is by sea and involves lengthy routes that are very difficult to protect effectively.

The continuation of the naval attack policy is a contentious issue in the defense establishment and within the Israel Defense Force General Staff itself. Some senior figures believe that the benefits that can be derived from such a naval campaign are limited, that the pretension behind it is excessive and the risk involved is too great. Articolo tratto da questo sito

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