Il gas russo è il nuovo cavallo di Troia della Grecia


 
 
 
Atene può diventare lo snodo energetico dell'Europa del Sud grazie a Turkish (Greek) Stream e al Corridoio Meridionale. Con ricadute politiche a vantaggio della Russia di Putin.
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[Carta di Laura Canali]
Atene può diventare lo snodo energetico dell’Europa del Sud grazie a Turkish (Greek) Stream e al Corridoio Meridionale. Con ricadute politiche a vantaggio della Russia di Putin.
Ad aprile, le quotazioni del petrolio hanno proseguito in recupero rispetto ai minimi di inizio anno: il Brent è cresciuto da 57 dollari al barile ($/b) a 66 $/b, mentre il Wti è passato da 51 $/b a 59 $/b.

Nel contempo, l’euro si è apprezzato verso il dollaro, portando nuovamente il cambio sopra quota 1,12€/$. Il rublo invece, dopo l’attacco speculativo subìto a metà dicembre 2014, ha proseguito il suo lento ma costante apprezzamento, sia nel confronti dell’euro (sotto quota 1/57), sia nei confronti del dollaro (sotto quota 1/51). Secondo la governatrice della Banca centrale russa Elvira Nabjullina, ciò è stato dovuto ai seguenti fattori:

  1. La stabilizzazione dei prezzi del petrolio;
  2. La fine del picco dei rimborsi del debito estero;
  3. Il rialzo dei tassi di interesse (in seguito, abbassati dal 17% al 14%);
  4. Lo sviluppo di strumenti di rifinanziamento in valuta estera (swap valutario russo-cinese).

Le cause dell’aumento del prezzo del barile – verosimilmente, tutt’altro che solide e ancora ben distanti dal far emergere un chiaro trend – potrebbero essere le seguenti:

  1. Nonostante l’offerta del I trimestre 2015 abbia raggiunto i 94.55 milioni b/d a fronte di una domanda che ha sfiorato i 93 milioni b/d, il mercato pare essersi concentrato sull’output del tight oil americano. L’Energy Information Administration stima che a maggio si verificherà il primo calo ufficiale della produzione da 8 anni a questa parte in conseguenza del dimezzamento delle trivelle attive da ottobre ad oggi. Inoltre, la United States Geological Survey, l’agenzia scientifica del governo degli Stati Uniti che si occupa del territorio, ha ufficialmente riconosciuto la relazione scientifica tra fratturazione idraulica e terremoti;
  2. Le stime sulla crescita della domanda 2015 si sono rafforzate: l’International Energy Agency prevede per l’anno in corso una richiesta di 93.6 milioni di b/d grazie ad un incremento di 1,1 milioni di b/d;
  3. Il rialzo dei listini di maggio in Asia da parte dell’Arabia Saudita;
  4. I timori per l’escalation militare in Yemen;
  5. I Quantitative easing in Europa e Giappone.

A marzo, l’Arabia Saudita ha toccato un nuovo record produttivo (10.3 milioni di b/d) a dimostrazione di come Riyad sia riuscita a guadagnare quote di mercato dal prolungato – e voluto – crollo del prezzo del petrolio.  Anche la Federazione Russa, che non è un membro dell’Opec, ha segnato il massimo produttivo dell’era post-sovietica, con 10.7 milioni di b/d.

Mentre il mercato dell’energia è caratterizzato da segnali contraddittori, l’unica cosa certa è il proseguimento delle politiche di Quantitative easing, i cui esiti però appaiono tutt’altro che scontati visto l’aumento dei depositi presso la Bce registrato a fine marzo, pur in presenza di un tasso di interesse negativo del -0,20%. Gli istituti che collocano denaro a Francoforte pagano un interesse invece di riceverlo.

L’8 aprile, a Mosca, il primo ministro greco Alexis Tsipras ha incontrato il presidente russo Vladimir Putin. Tra i diversi punti in agenda, il leader greco ha posto all’attenzione del capo del Cremlino i seguenti temi:

  1. Uno sconto sui volumi e sui prezzi dei contratti di gas take or pay applicati ad Atene;
  2. Una deroga sulle contro sanzioni alla Grecia;
  3. L’acquisto di un ammontare non precisato di Buoni del Tesoro ellenici a 26 settimane;
  4. La garanzia che il confine turco greco diventi il punto di entrata del gas russo in Europa meridionale attraverso la creazione della pipeline denominata Turkish (Greek) Stream – da noi a suo tempo descritta come un nuovo Cavallo di Troia sotto forma di Hub.

La Grecia, pur non essendo un produttore di gas naturale, potrebbe assumere il ruolo di snodo energetico in virtù della congiunzione di quattro fattori geopolitici a lei potenzialmente favorevoli:

  1. La volontà della Federazione Russa di bypassare definitivamente il territorio dell’Ucraina e, dal 2019, di non rinnovare più il contratto di transito con Kiev;
  2. La costruzione del cosiddetto Corridoio Meridionale – dato dalla congiunzione di South Caucasus Pipeline, Trans Anatolian Pipeline e Trans Adriatic Pipeline – fortemente voluto dall’Ue con l’illusione di limitare il ruolo della Russia, ma comunque utile per promuovere nuove risorse in sostituzione di quelle norvegesi e olandesi alle prese con il raggiungimento del picco del gas (peak gas) e con gravi problemi legati all’attività sismica (Groningen), oltre ai limiti dell’output algerino dovuto alla mancanza di investimenti;
  3. La guerra in Libia;
  4. L’interesse della Turchia nel porsi come nodo strategico energetico da est verso ovest delle risorse russe, azere e in parte anche iraniane, oltre alla necessità di soddisfare la propria sete crescente di materie prime in costante aumento anche negli anni della crisi.

In cambio, non si può escludere che il Cremlino abbia sondato la possibilità che il governo Tsipras ponga il veto in merito al prolungamento delle sanzioni dell’Ue alla Federazione Russa. Al momento, la Grecia non ha chiesto alcun prestito finanziario alla Russia. A tal riguardo, Da Rold sottolinea: C’è un passaggio sottile tra chiedere finanziamenti e fare affari bilaterali i cui profitti serviranno a pagare i debiti che Atene ha contratto con i suoi creditori. Il presidente russo […..] ha percorso questa sottile linea rossa di demarcazione cercando di attrarre Atene nell’orbita russa senza costringere, il premier greco […..] a rompere platealmente con i suoi partner europei”.

L’impressione è che così facendo il capo del Cremlino abbia segnato due punti a suo favore. Primo, far sì che la Grecia e soprattutto la Turchia grazie al Turkish Stream indirizzino i loro interessi strategici anche verso est. Secondo, premesso che il “problema greco” è anche europeo, l’aiuto così concepito è allo stesso tempo un sostegno non disinteressato all’Eurozona, nella misura in cui rafforza l’ancora debole asse russo-europeo uscito dagli accordi di Minsk 2. Non a caso, prima dell’incontro tra Putin e Tsipras, sia la cancelliera tedesca Angela Merkel, sia il presidente francese François Hollande si erano pubblicamente detti non contrari a un’eventuale collaborazione tra Mosca ed Atene, senza però entrare nel merito.

Con le dovute proporzioni, la possibile cooperazione russo-greca in ambito energetico potrebbe teoricamente seguire le orme di quella russo tedesca sul Nord Stream. Nel medio periodo però, dal momento che la Grecia non è e non sarà in grado di ripagare l’attuale debito, non si possono escludere effetti anche sul versante politico-militare, i quali si inquadrerebbero in un contesto contraddistinto da forti divisioni in seno alla Nato, da alcuni definita come organizzazione datata.

Di fatto, mentre il consigliere per la sicurezza nazionale del presidente statunitense Jimmy Carter, Zbigniew Brzezinski, il 25 marzo dichiarava che una Grecia amica di Mosca potrebbe paralizzare la capacità della Nato di reagire all’aggressione russa, il direttore dei servizi segreti militari francesi, il generale Christophe Gomart, in audizione alla Camera bassa del parlamento francese affermava che il vero problema all’interno della Nato è che l’intelligence Usa è predominante” […..] e che “la Nato ha annunciato falsamente che i russi avrebbero invaso l’Ucraina, mentre secondo le informazioni del Drm (servizi segreti francesi) non vi era alcuna evidenza a sostegno di questa ipotesi”.

Probabilmente, come scrive Masala, basterebbe fare attenzione alla cosiddetta “diplomazia delle icone” visto il dono della figura di S. Nicola porto da Putin a Tsipras. L’immagine sacra fu rubata alla Grecia dagli occupanti nazisti e dopo anni fu riacquistata da un collezionista russo. Evidente anche qui il significato simbolico: la Russia considera la Grecia una nazione sotto occupazione e può restituirle la sua sovranità”. Che abbia ragione?

Forse solo in parte; secondo George Friedman, consigliere politico del Dipartimento di Stato e fondatore del think tank Stratfor, “il principale interesse degli Usa […..] è essere sicuri che Germania e Russia non si uniscano in quanto sarebbero l’unica potenza (economica e militare) in grado di minacciarci”.

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