C’eravamo tanto spiati: così Israele sorveglia l’America




Washington e Gerusalemme si tengono d’occhio da sempre. Talpe tra Cia e Pentagono, furti di materiali nucleari, tecnologie d’intercettazione. L’intelligence come termometro di un’alleanza traballante.
Nel quartier generale della Cia, a Langley, in Virginia, nell’ala destinata alle delegazioni straniere in visita, in un corridoio che conduce alle toilette per anni ha campeggiato un poster gigante raffigurante il volto di Jonathan Jay Pollard, ex impiegato della Marina americana dal 1985 in carcere con una condanna all’ergastolo per avere passato segreti a Israele, potenza «amica» degli Stati Uniti.

Nonostante le strette relazioni politiche, economiche, militari e d’intelligence che legano i due paesi e la dipendenza dello Stato ebraico dagli aiuti finanziari elargiti ogni anno dal Congresso di Washington, nei circoli politici e d’intelligence statunitensi si dà per scontato che i servizi israeliani conducano attività spionistiche contro gli americani. Fino a temere che le informazioni raccolte da Israele vengano scambiate con altri paesi, come la Cina o, al tempo della guerra fredda, l’Unione Sovietica.

La conferma più autorevole della diffidenza di Washington nei confronti di Israele viene dalla richiesta del budget della comunità dell’intelligence presentata al Congresso per l’anno fiscale 2013 (un documento segreto svelato da Snowden), nel quale si afferma che i bersagli chiave dell’azione di controspionaggio offensivo degli Stati Uniti sono: Cina, Russia, Iran, Israele, Pakistan e Cuba.

Sulla stampa d’Oltreoceano appaiono periodicamente fughe di notizie relative allo spionaggio israeliano in America. Le ultime in ordine di tempo [l’articolo è stato scritto prima di queste rivelazioni del Wall Street Journal, ndr] sono rivelate da un’inchiesta in più articoli di Jeff Stein pubblicata da Newsweek, nella quale si afferma che secondo il controspionaggio statunitense «Israele è al terzo posto tra le più aggressive minacce spionistiche contro gli interessi americani».

L’accusa non è nuova, filo rosso di un duello che va avanti da decenni. E che difficilmente conoscerà una pausa, essendo i rapporti tra le rispettive intelligence influenzati da quelli tra i due apparati governativi. Gerusalemme guarda con allarme all’apertura all’Iran dell’amministrazione Obama, perché potrebbe segnare l’avvio di un più marcato scollamento tra i due paesi. Anche in virtù dei legami che Israele sta cercando di allacciare con Mosca e Pechino. Inoltre, le vecchie/ nuove rivelazioni rilanciate da Newsweek sono state precedute e accompagnate da polemiche sulla mancata concessione del visto ad alcuni militari israeliani che intendevano recarsi in America.

Piccoli segnali, forse, di un progressivo irrigidimento della posizione americana nei confronti dello Stato ebraico, anche alla luce del fallito tentativo del segretario di Stato Kerry di imporre un accordo tra Israele e Palestina. Finora le attività spionistiche israeliane negli Stati Uniti hanno goduto di una relativa accondiscendenza ma rischiano in futuro di ritorcersi contro lo stesso Stato ebraico.

Ripercorrendo la storia dell’intelligence israeliana, si comprende come le azioni spionistiche israeliane negli Stati Uniti siano collegati ai traffici di armi e di materiali strategici necessari ad alimentare il programma nucleare dello Stato ebraico e la sua crescente industria bellica.

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