Yossi Gurvtiz.: quattro anni, un palestinese ucciso, un'indagine chiusa



 

A che cosa assomiglia un’indagine militare israeliana sull’uccisione di un palestinese? Ad una perdita di tempo”, scrive in un editoriale Yossi Gurvtiz.

 di Yossi Gurvitz – Yesh Din
Roma, 17 gennaio 2015, Nena News – Il 16 gennaio 2009, mentre l’operazione “Piombo Fuso” era in pieno vigore a Gaza, manifestazioni tempestose si svolgevano in tutta la Cisgiordania. I media israeliani non hanno riportato delle numerose vittime civili causate dal fuoco dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza. I media arabi, però, ne hanno riportato ampiamente.
Yesh Din ha scritto su un’indagine fallita dalla Divisione investigativa della polizia militare penale (MPCID) su uno sparo di quel giorno a Bil’in. Quello stesso giorno, durante una manifestazione a Hebron, qualcuno in uniforme israeliana – probabilmente un cecchino israeliano – ha sparato una pallottola a Musab Badwan Ashak Dan’a, 17 anni, uccidendolo. Non sapremo mai chi fosse il tiratore. Se il colpo era giustificato, è una domanda che rimarrà senza risposta; e la ragione di questo, come al solito, è nell’indagine scandalosamente incompetente del MPCID.
Per analizzare la profondità della negligenza del MPCID, diamo un’occhiata agli eventi in ordine cronologico, come si è visto dai file del nostro avvocato, Emily Schaeffer Omer-Man, con l’aiuto del procuratore Osnat Barthor.
18 maggio 2009 – Il padre del defunto, Nasser Badwan Dan’a, rilascia una dichiarazione all’ufficio distrettuale di coordinamento israeliano dell’Amministrazione Civile (DCO) a Hebron. Si lamenta del fatto che le autorità hanno impiegato quattro mesi interi per raggiungerlo. Descrive la morte di suo figlio come un omicidio, e fornisce all’investigatore i seguenti elementi:
  1. Un rapporto medico dall’ospedale Ahali a Hebron descrivere la causa della morte (un proiettile alla testa).
  2. Un certificato di morte.
  3. Otto foto del defunto durante la manifestazione dopo essere stato colpito e in ospedale.
  4. Una foto che mostra due agenti di polizia di frontiera che puntano le loro armi alla manifestazione.
25 ottobre 2009 – Più di cinque mesi dopo la testimonianza di Nasser Badwan Dan’a – e più di nove mesi dopo l’incidente – la MPCID avvia alla sua prima inchiesta (a parte la testimonianza di Dan’a). Interroga uno dei comandanti di compagnia della polizia di frontiera sotto avvertimento. L’ufficiale dice di aver fatto in modo che nessuno dei suoi soldati aprisse il fuoco, che non riconosce gli ufficiali nella foto fornita da Dan’a, che la foto potrebbe essere stata scattata in qualsiasi manifestazione a Hebron e che ha sentito il fuoco provenire dalla zona in cui le forze dell’esercito (piuttosto che la polizia di frontiera) erano attive.
24 Novembre 2009 – Un mese dopo, e più di 10 mesi dalla morte del Musab, la MPCID indaga. Interroga un secondo comandante della polizia di frontiera sotto cautela. L’ufficiale riconosce i due poliziotti nella foto e conferma che erano i suoi uomini; dice che per il colore dei loro caricatori, sembrano essere muniti solo di proiettili di gomma – aggiungendo che ha sentito il fuoco provenire dalla zona dei soldati dell’IDF, piuttosto che dalla sua stessa compagnia.
Va notato che i due ufficiali della polizia di frontiera sottolineano che l’uso del fuoco vivo da parte dell’esercito è il risultato della mancanza di competenza necessaria per utilizzare armi non letali. Il secondo ufficiale si dimostra orgoglioso del fatto che i poliziotti di frontiera non abbiano mai sparato durante una manifestazione a Hebron.
18 Febbraio 2010 – Tre mesi dopo la loro ultima indagine e più di un anno dall’uccisione di Dan’a, gli investigatori della MPCID sfogliano i registri operativi della Brigata regionale Yehuda. Trovano rapporti iniziali dell’uccisione, ma i registri non mostrano che la specifica unità è stata coinvolta.
22 Febbraio 2010 – Quattro giorni più tardi (e 13 mesi dopo l’uccisione), la MPCID riesce a definire con precisione quale battaglione dell’esercito è coinvolto: il 96° Battaglione (anche se gli agenti di polizia di frontiera erano avevano l’impressione che fosse il 94°). Alleluia! Il MPCID, entusiasta di questa scoperta, decide di battere il ferro finché è caldo e prende una metodica pausa di otto mesi.
10 Ottobre 2010 – Il MPCID sfoglia le relazioni del mattino della Brigata regionale Yehuda, dove trova la relazione di un giornalista che sostiene che un palestinese è stato ucciso da un’arma da fuoco.
18 Novembre 2010 – Circa sei settimane più tardi, e più di 22 mesi da quando è avvenuta l’uccisione, la MPCID interroga un comandante di compagnia del 96° Battaglione sotto cautela. Dice che le sue truppe di certo non hanno aperto il fuoco, dato che non vi era alcuna ragione per farlo. Inoltre, afferma di non aver nemmeno sentito il fuoco, a differenza degli agenti di polizia di frontiera che hanno testimoniato. A questo punto la MPCID prende una pausa per altri due mesi.
16 Gennaio 2011 – A due anni dal giorno in cui ha luogo l’uccisione di Dan’a, gli investigatori della MPCID sfogliano piacevolmente le relazioni del mattino del 96° Battaglione. Non trovano nulla di nuovo e decidono di fare una telefonata a Barak, marconista del comando della compagnia interrogato alla fine di novembre 2010. Barak accetta di venire a dare la sua testimonianza due giorni dopo.
18 Gennaio 2011 – Barak non si presenta. Gli investigatori della MPCID trascorrono l’anno seguente cercando (ma non troppo) di raggiungere Barak al telefono.
Diamo nuovamente uno sguardo a ciò che è accaduto qui: la MPCID ha interrogato un ufficiale nel novembre 2010 prima di provare a interrogare uno dei suoi uomini, lasciando che un anno passasse senza altre azioni investigative. L’ufficiale ha detto che aveva otto o nove uomini con lui. La MPCID non ha fatto nessuno sforzo per scoprire chi fossero, né ha cercato di prendere la testimonianza di altri ufficiali della sua compagnia. Gli investigatori della MPCID hanno fatto semplicemente un paio di telefonate a Barak. Un intero anno è passato in un’indagine sulla morte di un minore e la MPCID se l’è presa comoda. Questo ci mostra quanto seriamente prenda il suo ruolo.
10 Gennaio 2012 – A quasi tre anni dalla sparatoria, e un anno dopo la prima telefonata, la MPCID riesce a interrogare Barak sotto cautela. Si noti che sono passati tre anni, e dal momento che un soldato può essere incriminato solo un anno dopo il congedo e dal momento che il servizio obbligatorio dura tre anni, le probabilità che la MPCID abbia la capacità di incriminare Barak (tranne in circostanze molto particolari) sono piuttosto scarse. Supponendo che Barak fosse un sospetto, ha avuto: a) un anno per aggiustare la propria versione e; b) una chiara comprensione del fatto che non fosse in pericolo. Barak racconta gli inquirenti che è certo che nessuno ha sparato proiettili veri, e che la sua squadra aveva solo colpi non letali nei propri caricatori.
20 Marzo 2012 – Due anni dopo aver interrogato Barak, la MPCID parla di nuovo al suo superiore. Quest’ultimo dice che, dato che sono passati oltre tre anni, e dal momento che non si tratta della battaglia di Iwo Jima, non può ricordare quali armi sono state utilizzate dai suoi uomini.
E, francamente, io gli credo. Ma non vorrei.
17 Aprile 2012 – La MPCID compila quello che definisce “un addendum alle indagini”, che suona come se stesse inseguendo la propria coda. Sta cercando di raggiungere il tenente Na’ama, un ufficiale di operazioni della Brigata regionale Yehuda, per vedere se si può trovare quale giornalista ha riferito che Dan’a fu ferito il 16 gennaio. Na’ama non ricorda. Come si può ricordare una conversazione telefonica fatta tre anni prima?
30 Aprile 2012 – Solo due settimane più tardi, con una meravigliosa alacrità data la sua lentezza finora, la MPCID si rivolge all’organizzazione per i diritti umani B’Tselem e chiede i documenti medici relativi alla morte di Dan’a. L’investigatore frustrato scrive che B’Tselem non gli ha risposto.
Aspetta, che cosa?
Come osservato in precedenza, il padre di Dan’a aveva consegnato questi stessi documenti all’ufficio distrettuale dell’Amministrazione civile di Hebron il 18 maggio 2009 – quasi tre anni prima. O la MPCID non ne era a conoscenza o è riuscita a perdere i documenti. Questo, certamente, non mi sorprenderebbe.
Lo stesso giorno, un investigatore della MPCID fa due telefonate. Uno è l’ufficiale operativo del 96° Battaglione, cui chiede maggiori dettagli circa l’incidente. Non esistono particolari. La seconda telefonata è all’ufficio dell’amministrazione civile di Hebron, dove cerca di scoprire se ci fossero poliziotti palestinesi sulla scena al momento dell’incidente, e se avessero sparato proiettili veri.
Tutto questo è interessante, dal momento che la MPCID ha due testimonianze di agenti di polizia di frontiera che dicono di aver sentito il fuoco vivo provenire dalla zona dei soldati dell’esercito. E poiché la MPCID non ha verificato il Battaglione 96° correttamente, si presenta come un disperato tentativo di dare la colpa a qualcun altro.
6 Maggio 2012 – In note interne, la MPCID lamenta di non  riuscire a trovare i documenti medici a essa consegnati il 18 maggio 2009.
24 Giugno 2013 – Più di un anno dopo, e più di quattro anni dalla uccisione del diciassettenne Musab Badwan Ashak Dan’a, la Procura militare chiude il caso. Non ci sono prove, dice. Davvero.
Per riassumere: due agenti di polizia di frontiera hanno detto di aver sentito il fuoco provenire dalla direzione delle forze dell’esercito; l’unico ufficiale dell’esercito che la MPCID si è presa la briga di interrogare ha detto che non c’era nessun fuoco vivo e che non vi era alcuna ragione per questo. E alla chiusura dell’indagine, abbiamo il corpo di un diciassettenne con una pallottola in testa. Non nelle gambe: in testa. Ricordate questo incidente: la prossima volta, la Procura Militare dirà sicuramente che l’esercito è in grado di indagare se stessa. Ecco come si presenta – supponendo sia possibile chiamare questa vergogna un’inchiesta – un’indagine . Nena News
Scritto da Yossi Gurvitz in qualità di blogger per Yesh Din, Volontari per i diritti umani. Una versione di questo post è stato pubblicato il blog Yesh Din.

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