Yossi Amitay : Non Ballano più Gli arabi israeliani tra integrazione e privazioni
Gli Arabi danzanti” è il titolo di un romanzo che ha avuto grande diffusione, scritto da Sayyed Qashua, un giovane autore arabo israeliano che ha scelto di scrivere in ebraico. Il romanzo, in cui compaiono molti elementi autobiografici, racconta la storia di uno studente arabo israeliano molto dotato che vince una borsa di studio in un convitto a Gerusalemme riservato a studenti di talento. In realtà, il ragazzo è l’unico studente di origine araba nella scuola e questo inevitabilmente fa sì che egli si trovi a vivere una crisi di identità.
Quest’anno il romanzo di Qashua è stato adattato in versione
cinematografica e l’autore stesso ne ha scritto la
sceneggiatura. Il film, acclamato dalla critica, era stato
scelto per essere proiettato come evento all’apertura del Film
Festival di Gerusalemme che si è tenuto nella Capitale nel
luglio scorso. All’ultimo momento, tuttavia, il Comitato
organizzatore ha deciso di cancellare il film dal programma del
Festival sostenendo che ,“viste le circostanze”, la proiezione
di quel particolare film in quel particolare momento sarebbe
stata “accolta sfavorevolmente” dal pubblico israeliano.
Quali erano le “circostanze” che hanno indotto gli organizzatori
del Festival (la maggior parte dei quali sicuramente di tendenza
liberale) a prendere tale decisione? Alcuni giorni prima
dell’inizio del Festival tre giovani studenti israeliani di una
yeshivà erano stati rapiti e uccisi dagli attivisti di Hamas.
Come rappresaglia, un ragazzo arabo di 16 anni era stato rapito
e bruciato vivo dagli estremisti israeliani di destra.
L’atmosfera tra israeliani e palestinesi nei territori occupati
si aggravò e raggiunse punte esplosive. Scoppiò una guerra
violenta tra le Forze di Difesa Israeliane (IDF) da una parte e
le basi di Hamas a Gaza dall’altra. In questa guerra, chiamata
“Operazione Margine di Sicurezza” (o, in un’atra versione,
“Operazione Scogliera Solida”) entrambe le parti scatenarono una
violenza mai impiegata fino allora. Mentre Hamas bombardava
quartieri e città con razzi e missili terra-terra, l’artiglieria
pesante israeliana e bombardieri infliggevano attacchi
distruttivi su aree densamente popolate a Gaza provocando
massicce devastazioni, uccidendo oltre 2000 persone, per la
maggior parte civili non coinvolti in attività terroristiche,
tra cui circa 500 bambini.
In
questo articolo non intendo trattare le cause e gli effetti
della guerra scoppiata l’estate scorsa. Questa grave questione
richiede un approfondito dibattito separato. La questione che
dobbiamo trattare ora è l’impatto di questa guerra nei rapporti
tra la maggioranza ebraica e la minoranza araba all’interno di
Israele (e NON nei Territori Occupati). I cittadini arabi
israeliani, che rappresentano oltre il 20% della popolazione,
sono sempre stati e saranno sempre, che agli ebrei israeliani
piaccia o no, parte integrante del popolo arabo palestinese.
Pertanto essi sono intrappolati in un automatico contrasto tra
la loro identità etnica e quella civile, poiché sono
contemporaneamente palestinesi, per la loro origine nazionale, e
israeliani per via della loro cittadinanza. Questa è esattamente
la crisi identitaria cui si riferisce Sayyed Qashua nel suo
romanzo.
La
situazione nella quale si trovano i cittadini arabi israeliani è
stata dolorosamente difficile fin dalla nascita dello Stato di
Israele. C’è sempre stata una tensione pressoché insolubile tra
la solidarietà dei cittadini arabi con i loro fratelli, sorelle
e parenti palestinesi che vivono nei Territori Occupati e in
tutto il mondo arabo e la loro lealtà nei confronti dello Stato
di cui hanno la cittadinanza. Le Autorità israeliane, così come
ampia parte dell’opinione pubblica ebraica, ritengono la
minoranza araba un rischio per la sicurezza e una potenziale
bomba a orologeria. Gli arabi israeliani per molti anni hanno
sofferto di discriminazioni, ufficiali e non, in tutti gli
aspetti della loro vita. Basti ricordare che per 18 anni (dal
1948 al 1966) essi erano soggetti a un duro regime militare che
limitava la loro libertà di movimento da un posto all’altro
entro i confini di Israele. Così pure considerevoli appezzamenti
della loro terra venivano confiscati dallo Stato e destinati a
insediamenti ebraici. Mentre la generazione più anziana era
alquanto sottomessa e non era nella posizione di potersi opporre
a queste misure arbitrarie, la generazione più giovane ha
cominciato a affermare i propri diritti e a lottare per
l’eguaglianza in stretta cooperazione con gli ambienti ebraici
progressisti. Questa battaglia congiunta, insieme alla crescente
fiducia in se stessi e all’autoconsapevolezza della minoranza,
ha dato risultati significativi. Era evidente che i cittadini
arabi israeliani stavano conquistando maggiore eguaglianza e
grado di integrazione nella società israeliana. Questo
miglioramento della situazione è stato particolarmente notevole
all’epoca di Rabin. Si pensava che le cose stessero muovendo
nella giusta direzione.
Questa tendenza positiva è stata brutalmente interrotta quando
la destra ha preso il potere. In questi ultimi due decenni
abbiamo assistito a una pericolosa inversione a U iniziata con
la coalizione di governo che riguarda anche strati sempre più
ampi della maggioranza ebraica. Il deterioramento dei rapporti
tra ebrei e arabi all’interno dello Stato di Israele è
indubbiamente dovuto all’interruzione dei negoziati di pace
israelo-palestinesi di cui gli israeliani sono i maggiori
responsabili. I membri di destra della Knesset stanno oggi
facendo a gara nel presentare progetti di legge a carattere
palesemente anti-arabo. Uno di questi progetti è denominato la
“Legge dello Stato nazionale”, in cui si afferma che lo Stato di
Israele è lo “Stato del popolo ebraico”. Poiché gli ebrei sono
sparsi in tutto il mondo, un simile progetto di legge implica
che un ebreo di Brooklyn o di Parigi, che magari non ha mai
visto Israele, ha più privilegi di un cittadino arabo israeliano
i cui antenati vi erano vissuti da tempi immemorabili. Un
articolo di questo progetto di legge prevede che l’ebraico sarà
l’unica lingua ufficiale in Israele, in contrasto con la norma
giuridica da sempre esistita in Israele fin dalla sua nascita
secondo la quale sia l’ebraico che l’arabo sono considerati
lingue ufficiali a pari livello. Nello stesso progetto di legge
si riduce il diritto dei cittadini arabi di acquistare terreni
in piccole comunità ebraiche. Le antiche leggi della Torah sono
dichiarate “fonte di ispirazione” per la legge civile
israeliana, e così via.
Il
film “Gli arabi danzanti” è ora proiettato nelle sale in tutta
Israele ma i cittadini arabi israeliani non danzano più. Sia per
i cittadini ebrei che per i cittadini arabi (forse più per
quelli ebrei che per quelli arabi) è arrivato il momento
cruciale di scandagliare la propria anima. È in gioco la
democrazia israeliana perché un’Israele che impedisce alla sua
minoranza di godere di eguali diritti è lungi dall’essere
democratica come sostiene.
http://www.hakeillah.com/5_14_01.htm Yossi Amitay
Dani Karavan, Monumento alla
Brigata Neghev
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