“Noi siamo ‘Charlie’. Ma siamo anche i genitori dei tre
assassini” è il titolo di una lettera di alcuni insegnanti francesi,
tradotta in italiano da Claudia Vago, che circola in rete.
“Siamo professori di Seine-Saint-Denis. Intellettuali, scienziati,
adulti, libertari, abbiamo imparato a fare a meno di Dio e a detestare
il potere e il suo godimento perverso. Non abbiamo altro maestro
all’infuori del sapere… Quelli di ‘Charlie Hebdo’ ci facevano ridere;
condividevamo i loro valori… Noi siamo ‘Charlie’ per questo. Ma proviamo
per un attimo a cambiare il punto di vista e a guardarci come ci
guardano i nostri studenti: siamo ben vestiti, ben curati, indossiamo
scarpe comode, andiamo in vacanza, viviamo in mezzo ai libri,
frequentiamo persone cortesi e raffinate, eleganti e colte. Per noi è
scontato che ‘La libertà che guida il popolo’ e ‘Candido’ fanno parte
del patrimonio dell’umanità… molti abitanti del pianeta non conoscono
Voltaire? Che banda di ignoranti… È tempo che entrino nella Storia…”.
Ciò che più turba è che gli assassini parlino francese:
“Il trauma, per noi, sta anche nel sentire quella voce,
quell’accento, quelle parole. Ecco cosa ci ha fatti sentire
responsabili… Noi, i funzionari di uno Stato inadempiente, noi, i
professori di una scuola che ha lasciato quei due e molti altri ai lati
della strada dei valori repubblicani, noi, cittadini francesi che
passiamo il tempo a lamentarci dell’aumento delle tasse, noi
contribuenti che approfittiamo di ogni scudo fiscale quando possiamo,
noi che abbiamo lasciato l’individuo vincere sul collettivo, noi che non
facciamo politica o prendiamo in giro coloro che la fanno, ecc. : noi
siamo responsabili di questa situazione…”.
Di qui la vergogna e la collera.
“Ma come fare quando si prova vergogna e si è in collera
verso gli assassini, ma anche verso se stessi?. Nessuno, nei media,
parla di questa vergogna. Nessuno sembra volersene assumere la
responsabilità. Quella di uno Stato che lascia degli imbecilli e degli
psicotici marcire in prigione e diventare il giocattolo di manipolatori
perversi, quella di una scuola che viene privata di mezzi e di sostegno,
quella di una politica urbanistica che rinchiude gli schiavi (senza
documenti, senza tessera elettorale, senza nome, senza denti) in cloache
di periferia. Quella di una classe politica che non ha capito che la
virtù si insegna solo attraverso l’esempio”.
Per concludere:
“Abbiamo visto morire uomini che erano dei nostri. Quelli
che li hanno uccisi sono figli della Francia. Allora, apriamo gli occhi
sulla situazione, per capire come siamo arrivati fin qui, per agire e
costruire una società laica e colta, più giusta, più libera, uguale, più
fraterna. Possiamo appuntarci sul bavero “nous sommes Charlie”. Ma
affermare solidarietà alle vittime non ci esenterà della responsabilità
collettiva di questo delitto. Noi siamo anche i genitori dei tre
assassini”.
(Catherine Robert, Isabelle Richer, Valérie Louys e Damien Boussard)
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