Sui danni al mondo ebraico
Cari
amici,
dovrò
ancora aspettare qualche tempo prima di ricevere il vostro
giornale con i commenti sulle vicende di questa estate, ma
vorrei esprimere la mia viva preoccupazione per il fatto che, a
quanto ne so, nel mondo ebraico italiano non si sono fatte
sentire voci che manifestassero una chiara presa di distanza dal
governo israeliano. So bene che fra gli ebrei, soprattutto negli
ambienti intellettuali, l’opposizione alle politiche di
Netanyahu è molto diffusa, ma so anche che al di fuori del mondo
ebraico l’ostilità ad Israele è molto cresciuta, tanto che è
spesso difficile convincere gli interlocutori
dell’inaccettabilità dell’atteggiamento insensato e criminale di
Hamas. Inoltre sempre più spesso questa ostilità si trasmette a
tutto il mondo ebraico. D’altra parte, gli unici segnali che
provengono dalla Comunità e dall’UCEI sono le richieste di
solidarietà agli israeliani fatti segno di continui attacchi,
per fortuna efficacemente contrastati, mentre la situazione
incommensurabilmente più grave che si è creata a Gaza viene
totalmente ignorata. Penso quindi che le voci discordanti
debbano farsi sentire con forza, fino a raggiungere l’opinione
pubblica, e che questo possa essere utile per fronteggiare
l’avversione contro il mondo ebraico, che è terreno di coltura
per il diffondersi dell’antisemitismo. Ovviamente con questo non
voglio dire che gli ebrei nel mondo abbiano un qualche obbligo
di scaricarsi le responsabilità che certamente non ricadono
sulle loro spalle. Credo però che un segnale debba giungere
anche al governo israeliano, che a parer mio fa un enorme danno
a tutto il mondo ebraico e, a differenza dei cittadini sotto
continua minaccia, non si merita nessuna solidarietà.
Un
cordiale saluto
Fausto Sacerdote
Caro Fausto,
Siamo
stati compagni alla scuola elementare ebraica: tu eri il primo
della classe in tutte le materie, io ero nell’aurea mediocritas;
tu sei diventato docente universitario, io ho fatto l’urbanista.
Nella
tua lettera, dopo aver lamentato il silenzio della stampa
ebraica sulle stragi di Gaza ed il sostanziale assenso alla
politica di Netanyahu, concludi così: "Penso quindi che le voci
discordanti debbano farsi sentire con forza, fino a raggiungere
l’opinione pubblica, e che questo possa essere utile per
fronteggiare l’avversione contro il mondo ebraico, che è terreno
di coltura per il diffondersi dell’antisemitismo".
Penso
che ti sarai accorto (lo dici tu stesso) che l’opinione pubblica
è totalmente cieca davanti alle manifestazioni di brutalità di
Hamas nei confronti della popolazione civile palestinese e della
libertà di stampa. Avrai anche constatato che nei dibattiti
pubblici molti italiani, nei confronti di Israele, hanno un
atteggiamento addirittura più aggressivo dei palestinesi
invitati. Io non ho Facebook o Twitter, ma mia moglie che chatta
mi aggiorna angosciata dei messaggi antisemiti deliranti che
riempiono i social network.
Tu
pensi sinceramente che una pubblica manifestazione di dissenso
ebraico nei confronti della politica dal governo israeliano
possa scalfire la monta del vociare confuso della folla
inferocita contro gli ebrei? Io sinceramente non ci credo,
perché i pregiudizi antisemiti dei più hanno radici
nell’educazione religiosa ricevuta in famiglia e nell’infanzia.
Questi pregiudizi non possono mutare ascoltando qualche voce di
"ebreo buono".
Detto
questo, ti dirò il mio parere, senza però nessuna illusione che
detto parere possa convertire alcun antisemita. Anzi ti dirò di
più. Rigetto la chiamata di correità degli ebrei della diaspora
rispetto a ciò che combina un governo che non possono
influenzare. Questa accusa di correità è identica all’accusa che
i nazisti imputavano agli ebrei tutti di sfruttare
economicamente il popolo tedesco, a causa dell’esistenza di
alcuni banchieri ebrei. Non diversa era l’accusa del
Maccartismo, negli anni ’40 e ’50 del secolo scorso, contro gli
ebrei di essere tutti comunisti, perché alcuni erano immigrati
dall’Unione Sovietica. Il nazifascismo lo si combatte, non ci si
adegua scusandosi!
La
politica del Governo di Israele, da quando ha iniziato gli
insediamenti in Cisgiordania, è aggressiva nei confronti della
popolazione palestinese ed è suicida. Aggressiva, perché concede
privilegi alla popolazione ebraica: condoni di insediamenti
abusivi, mutui agevolati nella concessione di alloggi,
realizzazione di strade e concessione di terreni palestinesi
alla popolazione ebraica, umiliazioni e persecuzioni della
popolazione autoctona. Suicida, perché la popolazione
palestinese cresce con un tasso maggiore di quella ebraica, e
quindi gli ebrei tra non molto saranno in minoranza nell’insieme
dello Stato d’Israele e dei Territori occupati. Noi di Ha
Keillah aderiamo da tempo a tutte le iniziative volte alla
realizzazione di due Stati distinti per i due popoli ebraico e
palestinese. Questo è anche l’obiettivo di organizzazioni della
sinistra ebraica come J-Call (in Europa) o J-Street (negli USA).
Riteniamo che non sia realizzabile, a breve termine, un unico
stato multietnico, perché le ferite di cento anni di guerra e di
odio non sono rimarginabili, anche con la firma di una pace tra
le parti.
Il
nostro impegno è volto ad agevolare qualsiasi iniziativa tesa
alla convivenza pacifica tra i popoli del Medio Oriente. In
quanto ebrei (vissuti per 2000 anni come minoranze in Europa)
riteniamo che sia nostro dovere difendere i diritti delle
minoranze, di tutte le minoranze. Consci della grande tradizione
culturale ebraica di libertà di discussione, riteniamo sia
nostro dovere difendere tale libertà, a condizione che le idee
diverse dalle nostre garantiscano analoghe libertà. Per
raggiungere questi scopi noi lavoriamo, pur coi mezzi limitati
di cui possiamo disporre con il nostro piccolo giornale.
David
Terracini
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