Mentre Israele temporeggia Mahmoud Abbas rompe gli indugi e si rivolge all'Onu

 
Ramallah, primo aprile. Il presidente palestinese Mahmoud Abbas 
firma davanti alle telecamere i doumenti per l'adesione ad alcune 
agenzie Onu. (foto Issam Rimawi/Flash90)
 lo Giorgi, inviato | 2 aprile 2014

Mentre Israele temporeggia Mahmoud Abbas rompe gli indugi e si rivolge all'Onu

È il primo aprile. Ma quello che il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas, sta giocando agli americani non ha affatto l’aria di uno scherzo. A Ramallah davanti alle telecamere della tivù firma le richieste d’adesione della Palestina (in quanto Stato) a 15 agenzie delle Nazioni Unite e a vari trattati internazionali, a cominciare dalla Quarta Convenzione di Ginevra sulla protezione dei civili in tempo di guerra.
«Non agiamo contro gli Stati Uniti, né contro alcuna altra parte. Questo è un nostro diritto che abbiamo rinunciato ad esercitare per nove mesi», ha sottolineato il presidente Abbas (che è anche successore di Arafat a capo dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina, l’Olp - ndr), riaffermando al contempo la sua «determinazione a raggiungere un accordo tramite il negoziato» con Israele.
La mossa a sorpresa viene posta in essere mentre il segretario di Stato americano John Kerry si trova a Gerusalemme ed è atteso per mercoledì 2 aprile a Ramallah (l’incontro in realtà salta e Kerry riparte per Washington - ndr), mentre il governo d’Israele, a dispetto delle dichiarazioni americane che li definiscono «illegittimi», annuncia la costruzione di 700 nuovi alloggi nei quartieri ebraici a Gerusalemme Est (area che Israele si è ufficialmente annessa nel 1980, dopo averne assunto il controllo militare nella guerra dei Sei giorni del 1967 - ndr).
Mahmoud Abbas ha dichiarato: «Salutiamo (con favore) gli sforzi americani, ma Israele tergiversa». Il riferimento è alla decisione del governo israeliano di sospendere la liberazione di un quarto gruppo di detenuti palestinesi, in programma per il 29 marzo, e al contempo di perseguire nei Territori Palestinesi la politica del fatto compiuto.
Gli sforzi di John Kerry avevano permesso nel luglio 2013 la ripresa, per nove mesi, dei negoziati israelo-palestinesi. Contestualmente l’Autorità Palestinese aveva sospeso fino alla fine dei colloqui (alla fine di questo mese d’aprile) ogni passo volto ad aderire alle 63 agenzie e convenzioni internazionali alle quali ha diritto di accedere dopo aver acquisito, il 29 novembre 2012, la qualifica di Stato osservatore non membro presso l’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
In cambio, Israele s’impegnava a liberare 104 palestinesi detenuti nelle sue carceri dagli anni Novanta (ma, come si diceva, l’ultimo contingente di prigionieri non è stato scarcerato).
Intanto s’affaccia la possibilità che anche gli Stati Uniti compiano un gesto distensivo per incoraggiare la prosecuzione dei negoziati: la liberazione di Jonathan Pollard, un ebreo statunitense arrestato nel 1985 con l’imputazione di spionaggio per conto di Israele.
Nel mese in cui questa fase dei negoziati dovrebbe concludersi (senza ancora aver raggiunto risultati significativi) e mentre continua la costruzione di migliaia di alloggi israeliani nei Territori Palestinesi occupati, Mahmoud Abbas e la sua squadra hanno calato un jolly inatteso. Le nuove proposte d’accordo che ipotizzano la liberazione di Pollard a metà aprile, il prolungamento dei negoziati fino al 2015 e la liberazione di un ulteriore gruppo di prigionieri palestinesi (oltre a quello già previsto), non soddisfano i negoziatori palestinesi.
Sul versante della diplomazia internazionale i vertici palestinesi hanno indicato a più riprese il loro interesse ad aderire in particolare alla Quarta Convenzione di Ginevra «in ragione della sua applicabilità ai Territori Palestinesi intesi come territori occupati» e oggetto di colonizzazione.

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