Gideon Levy : Meglio il refusenik che il robot




Meglio il refusenik che il robot. 
Che cosa diverrà il nostro paese se ciascuno si rifiuta di eseguire gli ordini? Si domandano i trafficanti di isteria. Sfortunatamente, i soldati di coscienza saranno sempre una ridotta minoranza in mezzo a una maggioranza silenziosa, obbediente, che ha subito il lavaggio del cervello. 
di Gideon Levy  
La dichiarazione di Naftali Bennett, secondo la quale avrebbe domandato di essere esonerato nel caso in cui gli fosse ordinato di sgomberare un colono dalla propria casa, insieme alla condanna che ne è seguita da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, non sono state altro che retorica pre-elettorale; nessuno di loro si sognerebbe mai di “evacuare un ebreo”. Ma le reazioni stupite e di generale antipatia alle osservazioni di Bennett hanno rivelato un’importante verità: Qui non c’è per nulla una coscienza democratica. Si vede la stessa reazione cieca dopo ogni atto di protesta: dimostrazioni, scioperi, blocchi stradali, incendio di gomme d’auto, boicottaggi e, naturalmente, rifiuto di eseguire gli ordini dell’esercito – tutti vengono ritenuti comportamenti “impropri”. 
                              
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Si dà per scontato che i cittadini israeliani se ne stiano seduti con fare ubbidiente e sottomesso entro le loro gabbie di fronte ad ogni ingiustizia o capriccio del governo, ed escano fuori dai loro buchi per votare una volta ogni quattro anni – e questa è chiamata democrazia. Ciò che importa è non disturbare la pace. Ma talvolta protestare non è solo un diritto del cittadino, è il suo dovere, anche se disturba il riposo della gente che riposa tra le 2 e le 4 del pomeriggio, o in qualsiasi altra ora del giorno.
Un soldato che non vuole evacuare un’area perché crede che sia sua eredità storica e fondamenta dell’esistenza del suo popolo ha il diritto di rifiutare l’ordine relativo, e di accettarne le conseguenze, come ha sostenuto legittimamente Bennett. Un soldato di questo tipo è da preferirsi ad un robot. Lo stesso vale per un soldato che osserva un atto brutale di evacuazione che pregiudica i diritti umani, o per uno che non vuole essere complice di un crimine di guerra; egli, pure, è preferibile a un soldato che colpisce qualcuno in quanto è lui stesso affetto da cecità morale.
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“Che cosa diverrà il nostro paese se ciascuno si rifiuta di eseguire gli ordini?” Si domandano i trafficanti di isteria. Non c’è bisogno che se ne preoccupino. Sfortunatamente, soldati di coscienza che sono disponibili a pagare un prezzo per le cose in cui credono, saranno sempre una piccola minoranza in mezzo a una maggioranza silenziosa, obbediente, cui hanno lavato il cervello.
Quello che vale per i soldati, vale ugualmente per i civili: Chiunque vive nei territori occupati e le cui terre gli sono state rubate, ha il diritto di protestare; lo stesso si applica a un lavoratore che è discriminato, a un cliente che viene imbrogliato o a tutti coloro che sono esasperati dall’ingiustizia. La sola alternativa a qualsiasi passività o violenza, entrambe le quali sono inefficaci, è la protesta nonviolenta, anche se essa dà fastidio ai vicini. E’ d’obbligo, la si dovrebbe persino sostenere, anche se talvolta causa grovigli del traffico.
Ma in Israele, ogni sciopero viene immediatamente salutato da torrenti di offese. Dar fuoco a gomme d’auto o bloccare le strade è considerato un crimine. Arabi che manifestavano sono stati colpiti a morte; studenti che protestavano sono stati malmenati brutalmente; boicottaggi e rifiuto di eseguire gli ordini sono considerati taboo. La maggioranza silenziosa non ama i manifestanti, di qualsiasi tipo essi siano. Nessuno si preoccupa di chiedere perché i manifestanti protestano; hanno forse ragione?
Palestinesi e israeliani che manifestano contro la barriera di separazione a Bil’in? I mezzi di informazione racconteranno solo di “anarchici” che manifestano e di soldati che sparano. Non si sentirà mai dire qualcosa riguardo l’ingiustizia che sta dietro alla protesta. Questo è stato pure il caso riguardante le proteste della destra; quando Moshe Feiglin ha bloccato le strade è stato trattato come un criminale. Ma le sue iniziative erano un’alternativa legittima agli attacchi per il “prezzo da pagare” o allo sparare ai pastori.
Quando i medici hanno scioperato, quando le infermiere hanno abbandonato i reparti ospedalieri, quando i lavoratori della Pri Hagalil hanno lottato per il loro posto di lavoro e gli impiegati della Phoenicia hanno dato fuoco alle gomme per tenere aperta la loro fabbrica, la reazione impulsiva è stata la censura. Li si vogliono al lavoro, non importa quali siano le loro condizioni, in modo tale che non possano mettere disordine nei nostri orari.
Che cosa potrebbe esserci di più giusto del boicottare un ristorante che non accetta arabi o etiopi? Che cosa di più morale che boicottare prodotti fabbricati a titolo di furto? Dopo tutto, Israele è un campione nel boicottaggio – esso boicotta Hamas, boicotta l’Iran e boicotta cantanti che non hanno prestato servizio militare. Se è così, perché schioccare la lingua in modo così ipocrita quando una persona compie passi analoghi legittimi e giustificabili?
Tutti questi mezzi democratici dovrebbero essere ritenuti sacrosanti. Molte delle figure storicamente più esemplari sono state denunciate, messe al bando, incarcerate ed hanno pagato perfino con la vita le loro proteste. Sono stati quelli che hanno incitato allo sciopero, al boicottaggio e al rifiuto di eseguire gli ordini e solo dopo un abominevole ritardo di molti anni hanno ottenuto l’apprezzamento che meritavano.
Così è, qui e ora: Bennett, che non evacuerà un ebreo dalla propria casa, e il soldato che non acconsentirà di compiere efferati delitti, sono di gran lunga preferibili a coloro che sono macchine automatiche fatte per sparare. Ne abbiamo più che a sufficienza di persone di quel tipo..
(tradotto da mariano mingarelli)

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