Israele, se la polizia chiede la password dell’e-mail prima di farti entrare nel Paese


Passaporto e password, prego. A meno che, ovvio, non voglia farti cacciare dal Paese. Una volta. O per sempre. Dipende tutto da come ti poni. E dall’atteggiamento di chi hai di fronte, alla frontiera. In quella fila di box, tanto per intenderci, dove poliziotti di frontiera ti guardano, ti scrutano, cercano d’intercettare lineamenti mediorientali e tic nervosi, ti domandano perché sei venuto qui, dove hai intenzione di andare, chi devi incontrare, se hai pregiudizi nei confronti d’Israele, perché hai scelto Israele e così via prima di metterti il timbro, prima di darti il visto di tre mesi.
E allora. La notizia di questi giorni è che se hai lontane origini arabe o ricordi vagamente – con nomi, cognomi, pronuncia – quel che sembra arabo, ecco, alla frontiera è possibile che ti chiedano anche le chiavi per entrare nella tua casella e-mail. Per controllare la posta. Non certo per farsi gli affari tuoi, ma per evitare di far entrare possibili nemici, possibili attentatori, possibili turisti ostili o, più semplicemente, turisti dell’occupazione, quelli che ogni santo venerdì non si vogliono perdere per nessuna ragione al mondo le manifestazioni anti-israeliane dei palestinesi in Cisgiordania.
A chiedere la password è direttamente lo Shin Bet, il servizio di sicurezza interno. La testimonianza è di tre cittadini americani con nomi arabi. I quali, a maggio, percorsa la lunga pedana discendente dello scalo internazionale Ben Gurion di Tel Aviv che porta dritto all’imbuto dei box di frontiera, si son visti chiedere la parolina magica, quella più intima.

Poliziotti israeliani allo scalo internazionale “Ben Gurion” di Tel Aviv
I nomi? Najwa Doughman, architetto 25enne di New York, arrivata in Israele il 26 maggio. Ci era già stata in Terra Santa, la Doughman, altre tre volte. In quest’occasione stava viaggiando con l’amica Sasha Al-Sarabi, 24 anni, per la prima volta in questo pezzo di Medio Oriente. Entrambe arrivano da famiglie palestinesi espulse da Haifa e Akko nel 1948.
«Verso le 5 del pomeriggio», racconta Najwa Doughman, «una poliziotta ha iniziato a pressarmi di domande: “ti senti più araba o americana?”, “vuoi andare a vedere Al Aqsa (il nome arabo di Gerusalemme)?”, “perché sei venuta proprio qui per la terza volta? Non potevi andare in Messico, in Canada, in Venezuela: più vicino e meno costoso?”».
Quindi la mossa a sorpresa. La poliziotta che digita www.gmail.com e chiede all’architetto di inserire la password. La turista va in panico, inserisce la password e alla frontiera i controllori possono leggere alcune mail sul programma del viaggio, la chat interna alla posta elettronica e tutta quella casella piena zeppa di parole come “Palestina”, “Israele”, “West Bank”, “International Solidarity Movemente”. Troppo. Stessa sorte anche per l’amica. Ore e ore di perquisizione. Poi la decisione: ingresso negato. Le due devono tornare a casa. Un po’ quel che è successo al terzo caso, un’altra turista americana, Sandra Tamari, 42 anni di Saint Louis
Interpellato dal quotidiano Haaretz lo Shin Bet ha confermato l’interrogatorio e i controlli. Ma ha anche precisato che il tutto rientrava nella piena autorità del servizio di sicurezza interno. La legge dello Stato lo prevede – anzi, glielo impone – e loro hanno agito di conseguenza.
© Leonard Berberi

MARTEDÌ 18 SETTEMBRE 2007


Funzionari Usa hanno protestato con Israele per trattamento a Arabi e palestinesi di origine americana


1  Le guardie di frontiera israeliane maltrattano gli arabi americani. L'accusa non proviene da una organizzazione islamica, ma da funzionari statali USA.
http://www.osservatoriosullalegalita.org/07/note/09set2/1818usaisrael.htm2

2  Gli USA stroncano le restrizioni imposte da Israele ai viaggiatori arabo-americani.
BETHLEHEM – MA’AN – Mercoledì, il Dipartimento di Stato ha dichiarato che Stati Uniti ritengono ingiusti ed inaccettabili i regolamenti israeliani che prendono di mira i viaggiatori arabo-americani in quanto limitano il loro accesso alla West Bank.

In una dichiarazione fatta a risposta di una precedente domanda sulle limitazioni imposte da Israele agli arabi e ai palestinesi, avanzata a Washington durante una conferenza stampa informativa, il Dipartimento di Stato ha dichiarato: “Abbiamo detto ripetutamente al Governo d’Israele che gli Stati Uniti si aspettano che tutti i cittadini americani siano trattati nello stesso modo, indipendentemente dalle loro origini nazionali o altre cittadinanze.”
La dichiarazione continuava: ”Abbiamo fatto presente al Governo d’Israele che queste limitazioni colpiscono i viaggiatori palestinesi e gli arabo-americani ingiustamente e non sono accettabili.” 

La dichiarazione, rilasciata durante la notte, è una risposta alle limitazioni imposte di recente ad americani e ad altri possessori di passaporto straniero al posto di confine di Allemby Bridge,controllato da Israele.


Secondo il gruppo per il controllo e per i diritti, denominato per il Diritto di Entrare, che ha sede a Ramallah, la dichiarazione non ha fatto riferimento alle notizie secondo le quali Israele non sta limitando l’accesso e l’ingresso nel paese a internazionali che non abbiano legami familiari con la Palestina o con il mondo arabo, ma a tutti coloro che, durante l’interrogatorio al controllo passaporti, sia del Ponte di Allemby che dell’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv, hanno dichiarato di essere interessati a visitare la West Bank.

Palestinesi, arabi e altri internazionali di varia origine hanno ricevuto un timbro sul passaporto che li limita alle sole zone sottoposte al controllo dall’Autoritaalestinese – “Palestinian Authority areas” only – una definizione che in linea teorica potrebbe impedire ai viaggiatori di muoversi perfino da una città della West Bank ad un’altra, in quanto la maggior parte delle strade che collegano le città sono sotto il controllo diretto dell’esercito israeliano.

In pratica il timbro vieta l’ingresso ai possessori titolari del passaporto, a Gerusalemme, nelle zone poste a occidente del muro di separazione o della Linea Verde, in quanto Israele.


Di norma, ai titolari dei passaporti di provenienza europea, dal Nord America e da una dozzina di altri paesi, veniva concesso un visto che permetteva loro di viaggiare, come turisti, per tre mesi per tutta Israele e la West Bank. Quei cittadini stranieri che sono in possesso anche della carta d’identità dell’Autorità Palestinese sono esclusi automaticamente da Gerusalemme e dalle zone poste all’interno della Linea Verde.

(tradotto da mariano mingarelli)
 http://www.amiciziaitalo-palestinese.org/index.php?option=com_content&task=view&id=1451&Itemid=27

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