Sinai e l'odissea dei profughi :L’Egitto ora ammette tutto

  Il  muro di omertà che circonda gli orrori e i misteri del Sinai inizia a sgretolarsi. Infatti Solomon, il giovane testimone oculare eritreo sfuggito 15 giorni fa ai predoni beduini, è in salvo al Cairo, nelle mani dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati. E per la prima volta il ministro dell’Interno egiziano ha ammesso davanti alla delegazione Ue, sollecitata da un’interrogazione dell’europarlamentare del Pd Debora Serracchiani, l’esistenza di un traffico di esseri umani ai danni di migranti subsahariani (soprattutto eritrei e sudanesi del Darfur) nel deserto della Bibbia.

Dunque Solomon, che dopo la fuga era stato accolto e nascosto da uno sceicco salafita – nemico dei predoni per il controllo del territorio – è stato rocambolescamente salvato dall’Ong Gandhi, che aiuta i profughi eritrei grazie anche al contributo di diocesi e ordini religiosi, che lo ha trasportato al Cairo in auto travestito da beduino.

Sulla sua testa i banditi avevano messo una taglia di 50mila dollari. Conosce infatti i dettagli dei rapimenti, dalle rotte ai pagamenti alle torture compiute dalle spietate bande criminali del Sinai e ha visto molti orrori. Vale a dire uccisioni, torture, stupri, e un sacchetto contenente organi umani che conferma la fine che tocca a chi non paga il riscatto. Una tragedia che molti media, tra cui <+corsivo>Avvenire<+tondo>, denunciano da 15 mesi.

Nel novembre 2010, l’allora governo Mubarak, davanti ai primi allarmi lanciati da questo giornale, aveva negato tutto, lamentando la presunta interferenza di non meglio precisate agenzie religiose. Ma ora il vento pare cambiato. Ieri a Bruxelles la baronessa Caterine Ashton, Alto rappresentante per gli Affari esteri della Commissione Ue, ha comunicato a Debora Serracchiani la risposta del nuovo esecutivo del Cairo, che contiene una prima, significativa ammissione. Il ministero dell’Interno ha riconosciuto che i rifugiati subsahariani sono vittime di bande coinvolte nel traffico di esseri umani. Il governo guidato dal primo ministro Al-Ganzouri nominato il 7 dicembre 2011 ha inoltre promesso più attenzione al Sinai, definito «priorità strategica». «Ciò fa sperare – scrive la Ashton – che la lotta alla criminalità organizzata venga intensificata e che le autorità egiziane mostrino un maggior impegno nell’affrontare la questione dei profughi tenuti in ostaggio dai trafficanti del Sinai».

Al momento nessuna speranza, invece, per un caso di cui ci siamo occupati a novembre, quello dei profughi eritrei e sudanesi detenuti nelle carceri egiziane, spesso catturati dopo essere stati liberati dai beduini cui hanno pagato il riscatto e che il Cairo rimpatria a forza. Infatti li considera «infiltrati» entrati illegalmente alle frontiere e che non hanno chiesto asilo alle autorità o all’Alto commissariato per i rifugiati. Al quale, però, l’Egitto nega l’accesso alle strutture di detenzione fuori dalla capitale.

Resta da vedere cosa faranno le forze di sicurezza del Cairo per stroncare le attività criminali delle milizie beduine, ben armate e in grado di controllare il territorio gestendo contrabbando, traffico di armi, droga ed esseri umani. Attività da mezzo miliardo di dollari. E resta da vedere anche cosa sa Solomon sulla rete dei trafficanti del Sinai, che ha complici tra ufficiali e funzionari pubblici di almeno tre Stati: Eritrea, Sudan ed Egitto.

Rete delineata da un recente rapporto della commissione internazionale Icer con nomi e numeri di cellulare dei predoni che si sviluppa dall’Eritrea, lo Stato-caserma dal quale i giovani fuggono per evitare il servizio militare a vita, e si ramifica nei campi profughi Onu in Etiopia e Sudan. Qui i criminali e i loro complici subsahariani offrono loro il sogno di un futuro in Israele che si trasforma in un incubo nel Sinai. Sono ancora da svelare, infine, i nomi delle menti che hanno progettato la mostruosa trappola nella quale sono caduti finora almeno 10 mila migranti. Forse Solomon, teste scomodo, può dare la svolta.


Paolo Lambruschi
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Allegati : 
1  SINAI, MIGRANTI ERITREI: AIUTATECI STIAMO MORENDO
Sinai (Egitto), 2 dicembre 2010, Nena News – «Aiutateci, siamo in condizioni pessime. Ci hanno incatenato, ci tengono in ostaggio qui, da qualche parte alla frontiera. Siamo nel deserto del Sinai. Non so quanto possiamo tirare avanti». Il grido di disperazione arriva concitato dall’altra parte del telefono.L’uomo che parla è uno degli 80 migranti eritrei partiti dalla Libia e diretti in Israele, via l’Egitto. Ingannati dagli stessi passeur a cui avevano versato 2.000 dollari per il viaggio a destinazione dello stato ebraico, gli sventurati sono stati presi in ostaggio e rinchiusi in qualche luogo non precisato in mezzo al deserto. «Hanno detto che ci libereranno solo se versiamo loro 8000 dollari ciascuno».
Il racconto del nostro interlocutore è in concentrato di orrori: il gruppo starebbe lì da circa un mese, mangerebbe sporadicamente pane misto a sabbia e berrebbe la poca acqua salata che i sequestratori si degnano di fornire. Gli 80 immigranti sarebbero stati raggiunti da altri eritrei provenienti invece dal Sudan, su un’altra rotta migratoria e ingannati nello stesso modo dalla medesima organizzazione. «In tutto ora siamo circa 250, distribuiti in luoghi diversi. Tra noi, ci sono anche donne e bambini».
La comunicazione va avanti a intermittenza. La linea è disturbata. L’uomo ogni tanto abbassa la cornetta e dice di richiamarlo dopo qualche minuto. Sullo sfondo si sente un vociare confuso.
Quando lo richiamiamo, racconta che sono stati gli stessi trafficanti che li avevano aiutati a passare il confine tra Libia ed Egitto ad averli consegnati nelle mani di queste persone che li tengono ora in ostaggio. «Ci hanno preso e all’improvviso ci hanno detto che il viaggio si interrompeva. Bisognava pagare altri soldi». Li hanno poi portati in vari luoghi di detenzione, sparsi nel deserto. «Ci hanno diviso in gruppi di 25-30, per questo non posso dare una stima precisa di quanti siamo. Alcuni stanno qui da un mese, altri anche da più tempo. Noi qui siamo rinchiusi in trenta divisi in gruppi da tre-quattro in stanze piccolissime». Il nostro interlocutore aggiunge che gli lasciano il telefono solo perché è un mezzo per comunicare con i familiari e farsi eventualmente spedire da loro i soldi del riscatto. «Ma lo dobbiamo usare con estrema cautela».I trafficanti – appartenenti a tribù beduini originarie del deserto del Sinai – non sono nuovi a iniziative di questo tipo. Già nell’agosto scorso, hanno trattenuto un centinaio di eritrei e chiesto loro un surplus di pagamento. Questi sono riusciti a liberarsi e ne è seguita una colluttazione in cui sono stati uccisi 10 migranti.
Un episodio analogo è accaduto con il gruppo attualmente sequestrato nel Sinai. Nei giorni scorsi, sei di loro sono stati uccisi. Il racconto di quanto accaduto da parte del testimone oculare è agghiacciante. «Gli abbiamo detto che non avevamo soldi. Hanno preso tre ragazzi e li hanno ammazzati a freddo di fronte a noi. Gli hanno sparato nella schiena. Probabilmente era un modo per darci una lezione, farci capire che non scherzano». Altri tre li hanno uccisi a bastonate dopo che avevano tentato la fuga. «Sono scappati in dodici. Li hanno riacciuffati e li hanno presi a bastonate. Tre sono morti per le percosse. Altri hanno gambe e braccia rotte».
Rinchiusi, bloccati, senza soldi e con assai poche speranze, gli eritrei del Sinai chiedono l’intervento della comunità internazionale o del governo egiziano. «La nostra situazione è al limite. Temiamo tutti di morire. Non abbiamo quei soldi che ci chiedono. Questi o ci ammazzano a freddo, o ci lasceranno morire di fame e sete». Nena News
Questo articolo e’ stato pubblicato il 2 dicembre 2010 sul quotidiano Il Manifesto
http://www.nena-news.com/?p=5352

2   

Sergio ENDRIGO ~ Perché Non Dormi Fratello : la situazione tragica dei profughi del Sinai


3  

Sempre più drammatica la situazione degli ostaggi africani nel Sinai

“La gravissima situazione dei profughi nel Sinai non conosce fine. Nel mese scorso, sono state torturati a morte quattro persone. Sono a rischio 41 persone tra cui sette donne. Una di queste ultime è in stato di gravidanza. In un altro gruppo ci sono altri 44 persone tra cui 11 donne e 32 maschi, di cui tre minorenni”. Lo denuncia don Mussie Zerai, presidente dell'Agenzia Habeshia, che ricorda ancora una volta la disperazione degli eritrei, etiopi e somali ostaggio dei trafficanti in Egitto. Lo chiamano in continuazione al telefono, chiedono aiuto, raccontano la loro drammatica esperienza. Alcuni sono vittime di torture con scariche elettriche. Frequenti i casi di abusi sessuali sulle donne. “Sono centinaia – afferma don Zerai le cui parole sono state riprese dall'agenzia Sir - gli altri profughi in condizioni simili nel Sinai. Non sappiamo quante persone hanno perso la vita per mano dei trafficanti, perché non hanno i soldi per pagare il riscatto preteso dai predoni”. “Molti mi hanno riferito che hanno già pagato fino a 15 mila dollari, circa 17 persone hanno già versato una media di 25 mila dollari, sono stati rilasciati in territorio israeliano”. Don Zerai denuncia “l'inerzia degli Stati”, che permette a “criminali di arricchirsi, un giro di affari milionario. Perché l'Onu e l’Ue non si impegnano a fondo per stroncare questo traffico di esseri umani? Esistono Convenzioni per la lotta contro la tratta di esseri umani. Non mancano gli strumenti, ma la volontà politica”. (A.L.)


4   TESTIMONIANZE DAL SINAI, TORTURE E VIOLENZE : ancora 30-40 persone sono in ostaggio  Ci sono attualmente almeno 30-40 persone ancora ostaggio delle organizzazioni di trafficanti di uomini nel deserto del Sinai. Ad un bambino hanno spezzato un braccio..." Il destino dei migranti africani che tentano di entrare in Israele. Dove diventano uomini senza diritti e senza identità.A parlare è Matteo Pegoraro, copresidente della Ong italiana EveryOne, molto attiva sul fronte dei richiedenti asilo africani che attraversando l’Egitto entrano in Israele dopo varie peripezie nel deserto e mesi di prigionia nelle mani di bande organizzate di beduini nel Sinai. L’attuale incertezza politica in Egitto potrebbe addirittura peggiorare la condizione dei migranti, avverte Pegoraro. Dal momento che “l’instabilità delle relazioni diplomatiche tra Egitto ed Israele rende ancora meno efficace l’intervento contro i trafficanti e contrabbandieri del deserto”.A raccontare poi, nel dettaglio il tragico destino che attende le migliaia di migranti eritrei, etiopi e sudanesi che ogni anno si avventurano nelle desolate distese di deserto, fuggendo i regimi corrotti e la miseria dei paesi d’origine, nella speranza di giungere in Israele, è un recente report della Ong Hotline for Migrant Workers. Che ha raccolto nel corso del 2010, la testimonianza diretta di oltre 60 vittime rimaste per mesi e mesi nelle mani dei beduini. La Ong ha  incrociato i dati sulla migrazione di oltre 11.700 persone dirette in Israele con i racconti dei migranti sfuggiti alla detenzione.“Khalid e Abdullah mi liberavano la notte e mi portavano in un capanno vicino al bagno, dove mi violentavano uno dopo l’altro e questo succedeva quotidianamente. – racconta A.I.S una ragazza eritrea di 21 anni – Ci hanno messo delle catene di ferro alle caviglie in modo che non potessimo scappare. Ci bruciavano mani e piedi con un bastone che aveva alla base del ferro rovente. Porto ancora le ferite e le cicatrici delle botte e delle bruciature”.  A.I.S. racconta ancora: “ero vergine quando arrivai nel deserto. Le prime volte quando venivo stuprata piangevo e resistevo, poi smisi di oppormi”. Solo quando uno zio dall’Arabia Saudita pagò un riscatto di 2.800 dollari, lei venne rilasciata. Ma qualcuno venne ucciso ed altri furono sottoposti al traffico di organi.Il report, ‘The dead of the wilderness’, dimostra che migliaia di persone sono finite sistematicamente nella rete di contrabbandieri beduini del Sinai (di origini sudanesi) che le hanno torturate e schiavizzate fino ad ottenere il pagamento di ingenti riscatti.“Mi dissero che quelle donne non erano mie sorelle e nessuna di loro era mia moglie, dunque non erano affar mio. Ma le donne, per tutto il tempo piangevano talmente tanto da tenermi sveglio durante la notte…Cercai di impedire che fossero violentate”, racconta M.N. un sudanese di 35 anni prigioniero nel deserto per 6 mesi.T.M.A. eritrea cristiana nata in Sudan, racconta che arrivò in Israele il 14 dicembre del 2010 ma solo dopo esser passata per l’inferno del Sinai: “raggiunsi un accordo con un agente in Sudan per fornirgli una somma di 2.500 dollari grazie ai quali avrei raggiunto Israele. Quando arrivai nel Sinai i trafficanti di uomini – Abu Abdullah e Abu Moussa – me ne chiesero 2.850. Poi ulteriori 7.000 dollari. Per costringermi a pagare la differenza m’incatenarono per le gambe ad altre cinque donne. Chiamavano la mia famiglia mentre mi colpivano braccia e gambe in modo che i miei parenti mi sentissero piangere e si decidessero a pagare il riscatto”. Ma l’inferno purtroppo non finisce con la prigionia nei campi dei beduini, prosegue in Israele. Le zone di confine tra Egitto e Israele sono zone franche, dove le autorità non intervengono. I migranti poi, una volta passato il confine, vengono condotti nei campi israeliani, come la prigione di Saharonim. Israele non ha una chiara politica per far fronte all’immigrazione. Il Primo Ministro israeliano Netanyahu ha più volte definito i migranti “una minaccia al carattere del paese e al futuro di Israele”.Come  ricorda S.T. un eritreo di 36 anni, una volta al confine con Israele “aspettammo i soldati israeliani e quando arrivarono ci chiesero di spogliarci per verificare che non avessimo armi con noi. Ci chiesero in inglese i nostri nomi e ci domandarono chi ci avesse condotto in Israele. Ma non perché andavamo in Israele. Dopo una notte ci trasferirono nella prigione di Saharonim. Io fui rilasciato dopo un mese a condizioni restrittive e senza un permesso di soggiorno”. Una volta giunti in Israele i richiedenti asilo sono uomini senza diritti e senza identità.  A malapena tollerati dalle autorità israeliane, faticano a trovare un lavoro e spesso sono costretti a rimpatriare. Nena NewsTESTIMONIANZE DAL SINAI, TORTURE E VIOLENZE


5    Sinai :Schiavisti: nomi, cognomi e numeri di telefono


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