La shoah e i palestinesi:Insegnare Auschwitz in Cisgiordania e nel piccolo museo di Na'alin (foto)

 






 1     Aziz Abu Sarah : un palestinese ricorda l'Olocausto   
Come palestinese ho vissuto sempre in modo conflittuale il giorno della memoria. Quest'anno abbiamo deciso io e mia moglie di vedere il film "Schindler? s List. " Sentivo l'esigenza di andare oltre la mia sofferenza individualeDevo ammettere che lon sapevo molto sull'Olocausto. nella convinzione che la lobby israeliana utilizzasse la Shoah come arma contro il mio popolo . Per questo ho sempre risposto: "Non sono responsabile di quanto è accaduto , ho sofferto troppo" pensavo che simpatizzare per la sofferenza subita dagli ebrei significasse tradire il mio dolore e indebolire il mio diritto alla lotta. So che questo è una sciocchezza: si è forti quando l'umanità supera l'inimicizia Ho deciso che avrei iniziato il mio viaggio visitando lo Yad Vashem a Gerusalemme. Ho cominciato a guardare le foto e leggere le storie . Sempre di più, camminando per il Museo, mi riusciva difficile credere che gli uomini avessero commesso tali atrocità in nome della razza. Quando ho raccontato ai miei amici ebrei di questa esperienza, loro si sono meravigliati e mi hanno chiesto che cosa mi avesse spinto a iniziare questo "viaggio!. Io ho spiegato loro le mie ragioni Uno dei miei migliori amici, Rami, mi ha descritto gli orrori subiti dal padre in un campo di concentramento ad Auschwitz. Ancora una volta provai dolore e cordoglioVisitare il Museo dell'Olocausto è stato importante per rafforzare il rapporto con i miei amici ebrei: ho potuto capire da dove provengono, ho potuto comprendere la loro sensazione che il mondo sia contro . Così sono riuscito a comunicare meglio ed è questo il motivo che mi ha spinto a ricordare l'Olocausto Il film mi ha toccato in un modo che non so descrivere e mi ha commosso profondamente,universalizzando il dolore e aiutandomi a superare il confine del sesso ,della religione, della razzaIl messaggio:"Se si salva una vita si salva il mondo", tratta dal Talmud. è rivolto a tutti gli uomini e le donne che lottano per la pace e per risolvere il conflitto israeliano-palestinese, a tutti tutti coloro che si impegnano nelle piccole iniziative di base, nelle riunioni, nei piccoli gruppi di dialogo,nei progetti interconfessionali, a tutti coloro che protestano contro le uccisioni di arabi ed ebrei. Se si salva una vita, si salva il mondo La mia sfida è questa. Governi e gruppi religiosi donano miliardi di dollari per le armi,ma non per favorire la comprensione e la convicenza E 'di vitale importanza proteggere i nostri valori e la nostra umanità , indipendentemente dal costo che dobbiamo pagare. Oscar Schindler è stato in grado di salvare migliaia di vite umane, e ne è valsa la pena Quante vite si possono salvare? A Palestinian remembers the Holocaust  (sintesi personale)
Allegato:

2   Insegnare Auschwitz ai palestinesi   La storia di un arabo-israeliano che si è imposto il compito di insegnare ai palestinesi la storia dell’Olocausto ebraico. Le reazioni di israeliani e palestinesi di fronte a questo singolare personaggio, convinto del fatto che la verità porti alla non-violenza e che la reciproca conoscenza porti ad attenuare le radici dell’odio, vengono descritte in questo reportage del giornalista americano Tim McGirk


NABLUS, Cisgiordania – Mentre la strada che si inerpica per le colline di Hebron sembra incisa nel verde dei vigneti, la svolta per il villaggio di Edna è contrassegnata dalla torre di guardia, in cemento grigio, di un checkpoint israeliano. Ma tutto ciò non distoglie l’avvocato arabo-israeliano Khaled Kasab Mahameed dalla sua missione donchisciottesca: è venuto in Cisgiordania per istruire i palestinesi sull’Olocausto ebraico.
Molti palestinesi non hanno mai saputo che i nazisti hanno ucciso sei milioni di ebrei durante la seconda guerra mondiale – non se ne fa menzione nei loro libri scolastici. Altri palestinesi sposano la tesi del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, secondo cui l’Olocausto non sarebbe mai avvenuto. Secondo questa visione ristretta, gli ebrei sono i loro nemici nella battaglia per la Terra Santa, ed essi non possono permettersi di avere sentimenti di compassione o di comprensione per il loro nemico. Khaled Mahameed ritiene che questo modo di vedere sia tragicamente fuorviante. La chiave che permetterà ai palestinesi di raggiungere i loro obiettivi, secondo  lui, sta nel comprendere l’Olocausto, ed il posto che esso occupa nella psiche israeliana e nell’ossessione di Israele per la sicurezza.
Ma nel villaggio di Edna, Mahameed si trova di fronte a una folla coriacea: i muri sono tappezzati da poster di palestinesi uccisi negli scontri con gli israeliani, e almeno tre dei sette uomini di mezza età che stanno seduti vicino a me a bere tè con salvia hanno dovuto sopportare lunghi periodi di detenzione nelle carceri israeliane. Due volte negli ultimi anni, i bulldozer israeliani sono giunti dal vicino checkpoint per distruggere la casa e le vecchie viti del nostro ospite, il geologo Taleb al-Harithi. Munito di un’istanza del tribunale israeliano, egli è alla fine riuscito ad allontanare i bulldozer, ma teme che possano tornare in qualsiasi momento.
Mahameed fa circolare la foto di un campo di concentramento della seconda guerra mondiale, che mostra un internato ebreo in piedi, sul bordo di una fossa comune piena di cadaveri completamente nudi. La stanza affollata di palestinesi piomba nel silenzio. “Quell’uomo, quel sopravvissuto in quella fotografia, è venuto in Israele. Potete immaginare gli incubi, gli orrori che ha portato con sé? E’ una sofferenza che nessuno, neanche noi palestinesi, possiamo lontanamente iniziare ad immaginare”, ripete con una tranquilla ostinazione da avvocato. La foto circola per la stanza, più e più volte, in silenzio. Alla fine, un generale palestinese in pensione, Abdul Latah Solimia, che è stato una volta detenuto in una prigione militare israeliana in Libano, dice: “Come militante, conosco il prezzo della guerra e dell’odio. Per sessant’anni, abbiamo cercato di eliminarci l’un l’altro, e nessuno ha vinto. Noi, israeliani e palestinesi, dovremmo condividere questa terra”.
La presa di coscienza di Mahameed sull’Olocausto è avvenuta tre anni fa, quando egli portò i suoi due figli a vedere il muro di cemento alto più di sei metri che Israele ha eretto in alcune zone di Gerusalemme per tenere lontani i palestinesi. In certe parti è così alto che sembra tagliare in due il cielo. “Ho detto a mio figlio di prendere un pezzo del muro per tenerlo come ricordo. E’ stato molto difficile e, mentre ci provava mi sono chiesto, cosa può aver spinto gli israeliani a farci una cosa simile, a costruire una mostruosità come questo muro?”. Allora prese con sé suo figlio e sua figlia e li portò allo Yad Vashem, il museo sull’Olocausto. “E’ stato molto toccante. Non potevo respirare. Sei milioni di morti…è come una cosa di un altro pianeta”, ricorda.
Durante la visita al museo, a Mahameed è venuto da pensare che “noi palestinesi siamo le vittime delle cose terribili che hanno inflitto agli ebrei durante l’Olocausto”. Le immagini dei crimini perpetrati contro gli ebrei d’Europa gli hanno fatto anche comprendere le ragioni del supporto internazionale nei confronti di Israele. “Se un bambino israeliano muore a causa di un razzo di Gaza, gli israeliani possono portare in America una foto di quel bambino, e ricordare a Bush che un milione e mezzo di bambini ebrei sono morti nei campi di concentramento, e Bush darà agli israeliani denaro ed armi da usare contro di noi”, dice Mahameed. E gli israeliani vivono le immagini di un attacco di razzi provenienti da Gaza, nella cornice ‘di sterminio’ di Auschwitz, e non solo come il prodotto del conflitto israelo-palestinese per il possesso della terra.
Mahameed ha creato, nella sua casa di Nazareth, un piccolo museo – che chiama l’Istituto Arabo per la ricerca e l’educazione sull’Olocausto – utilizzando fotografie donate dallo Yad Vashem ed immagini della Nakba – la ‘Catastrofe’, il nome con cui i palestinesi si riferiscono agli eventi legati alla nascita dello stato di Israele, che lasciarono migliaia di palestinesi in esilio e nei campi profughi. Ogni settimana, egli si reca nelle città, nei villaggi e nei campi profughi in Cisgiordania cercando di spiegare queste cose ai suoi fratelli palestinesi. Dice Mahameed: “Anche tra i militanti, quando spiego loro che le brutali politiche di Israele nei territori palestinesi derivano dall’Olocausto, mi rispondono: tu ci stai portando qualcosa di esplosivo. Dovremo riflettere su queste cose”.
A volte, il messaggio che egli porta viene accolto con ostilità – anche nella sua stessa famiglia. Mahameed è stato ostracizzato dai suoi fratelli, che dicono che la sua ossessione per l’Olocausto equivale a simpatizzare per Israele. La settimana scorsa, una delle sue conferenze in un campo profughi è stata cancellata perché un gruppo militante aveva diffuso false notizie che affermavano che egli era segretamente sul libro paga degli israeliani. C’è incomprensione anche sul lato israeliano. Soltanto lo scorso gennaio lo Yad Vashem ha creato un sito internet in lingua araba sull’Olocausto, ed alla domanda su cosa pensasse delle attività di Mahameed, un membro dello staff ha risposto diffidente: “Abbiamo dubbi sulle sue reali motivazioni”. Mahameed ribatte: “Non vogliono che noi palestinesi proviamo compassione per loro. Vogliono solo farci vedere quanto sono potenti”.
Mahameed crede fermamente nel detto del Mahatma Gandhi secondo cui la verità porta alla non-violenza, e ritiene di praticare una sorta di ju-jitsu (arte marziale giapponese basata sul principio per cui ‘il morbido vince sul duro’ (N.d.T.) ), utilizzando la superiorità morale di Israele sull’Olocausto come un modo per far provare vergogna agli occupanti israeliani in Cisgiordania, spingendoli a trattare i palestinesi in maniera più umana. “Se gli israeliani credono che l’Olocausto giustifichi questo tipo di discriminazione brutale, allora si sbagliano”. Egli viaggia tra i posti di blocco dell’esercito israeliano mostrando la sua carta di identità e una fotografia di Auschwitz. All’inizio viene trattato con sospetto. “Dico ai soldati che questa potrebbe essere una foto di un loro nonno, e che capisco che loro, in quanto ebrei, sono vittime come nessun altro. Ma il paradosso è che anche noi palestinesi portiamo il peso dell’Olocausto sulle nostre spalle”.
Tim McGirk è direttore degli uffici di Gerusalemme del TIME Magazine; in precedenza è stato corrispondente dall’Iraq, dall’Afghanistan e dal Pakistan  
Titolo originale:

3    Mujahid Sarsur ,palestinese, accompagna 22 studenti a visitare lo Yad Vashem  Sintesi personale
Cresciuto in Cisgiordania, Mujahid Sarsur non sapeva quasi nulla della Shoah e non vedeva il motivo di simpatizzare con un popolo che considerava occupante .Ma grazie ad un compagno israeliano all'estero apprese la tragedia della shoah sviluppando una nuova comprensione dei suoi vicini israeliani.Mercoledì Sarsur ha accompagnato 22 palestinesi allo Yad Vashem. Gli studenti, hanno ascoltato con attenzione le spiegazioni della loro guida in lingua araba, inorridendo per le immagini raccapriccianti dei campi di sterminio."L'Olocausto fa parte della società israeliana. Se cambiamo il nostro modo di pensare l'Olocausto, siamo in grado di creare ponti".
Noor Amer, un palestinese di 15 anni che frequenta il liceo in Giordania, ha dichiarato che paragona sofferenza degli ebrei alla sofferenza palestinese in Cisgiordania ea Gaza.".Se diciamo che l'Olocausto è accaduto, se lo si accetta, allora si accetta che gli israeliani siano esseri umani come noi ,ma noi non vogliamo considerare gli ebrei come esseri umani a causa di tutte le sofferenze da noi subite, non possiamo credere che gli esseri umani possano fare una cosa simile. "I palestinesi sostengono che gli israeliani in generale non sono riusciti a fare i conti con la loro responsabilità ,anche se una nuova generazione di storici israeliani ha messo in discussione l'"innocenza" israeliana del 1948

Aumamah Sarsur, 22, un arabo israeliano e cugino di Mujahid Sarsur, ha spiegato "Io non sto dando loro la legittimità di venire qui e fondare il proprio paese, ma comincio a conoscere il loro punto di vista," Il Dorit Novak, direttore della scuola internazionale di Yad Vashem per gli studi sull'Olocausto, ha definito questa visita una "iniziativa benedetta " ed ha auspicato il proseguimento del dialogo per abbattere gli stereotipi da entrambe le parti ."Apprezzo il loro coraggio, la loro curiosità e la loro disponibilità a venire, ascoltare e imparare,"





















4     
olocaust museum opens in Palestinian village


Holocaust museum opens in Palestinian village - Israel ...



A museum commemorating the Holocaust was inaugurated on Tuesday in the Palestinian village of Na'alin, which has become a symbol for the struggle against the separation fence.   At noon the residents, led by Mayor Ayman Nafaa, were scheduled to hold their own "march of the living" to mark Holocaust Remembrance Day and protest the fence.
"If leaders on both sides know and remember what Hitler did, maybe we'll have peace," Ibrahim Amira, a Na'alin resident and one of the leaders of the fight against the fence told Ynet.
Last year 11-year old Ahmed Moussa and Yousef Amira were killed by IDF gunfire during an anti-fence demonstration in the village. Lawyer Khaled Mehamid from Umm al-Fahm, who four years ago established a Holocaust museum in his hometown, came to console the families. 
"I met the mayor, who is a Hamas member, and in the midst of all this great grief over the two deaths I told him about the Holocaust. I explained to him that the Jews have their own unique pain.
"He didn't know how many people were murdered in the Holocaust and then the idea came up to open a museum there," he related.
'We don't know about the Holocaust'The museum was set up in an apartment located very close to where Amira had been killed. Mehamid approached the Yad Vashem Holocaust Memorial Museum, which provided the place with pictures and materials in Arabic, and directors plan to start holding education tours for students at the museum.
"The whole world knows what we don't know because there's no material in Arabic that explains about the Holocaust," said Mehamid. "I believe that only by learning about the Holocaust and understanding the magnitude of the tragedy can there be peace and security."
Mehamid added that it was hugely important that such a museum was erected in the village. "Israel doesn't need to use bullets and tear gas in order to clarify to the Palestinians why the Jews are here. One picture from the Holocaust has a unique power that's worth all of the IDF's might," added Mehamid, who sponsored the project out of his own pocket.Tuesday's march was supposed to include farmers from the village, the village's mayor and members of the anti-fence committee. According to Amira, "If everyone goes against Hitler's policy, you and we can leave in peace on our land.
"On Holocaust memorial day it is important for us to protest against the olive trees that are being uprooted and our sons who are being killed, and still remember the crimes that were committed against the Jewish people. If we understand this we'll be able to live in peace." 

5    Shoah Museum of Na'alin   A quite remarkable story about the establishment of a holocaust museum in the Palestinian village of Na'alin. Na'alin has been the centre of the struggle against the Apartheid Wall. But then it has always been the case that it is the oppressed who are able to reach out and understand and the oppressor who can only resent such an intrusion on 'his' symbol of legitimacy and grief. 

It is somewhat ironic given that Na'alin has a Hamas mayor, an organisation usually described as anti-Semitic, that a holocaust museum has been established in this village.
The following 2 articles are from YNet, Yediot Aharanot on-line, and TIME Magazine.

Tony Greenstein

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