Anatot: il volto abietto dell'occupazione di Yael Kenan

La maggior parte degli israeliani non leggerà mai quello che è successo ad Anatot, una colonia a nord di Gerusalemme. I redattori preferiscono non rovinare l’edizione festiva con articoli problematici, e se un articolo di tal genere riesce a farsi strada tra le notizie, si tratta della versione fornita dalla polizia e mai controllata e perciò, nel migliore dei casi deformata, mentre nel peggiore è una menzogna.
Ma ogni israeliano dovrebbe sapere quello che è avvenuto là venerdì notte, ogni israeliano cui importa qualcosa di questo paese, che vuole e crede in una vita qua – ha bisogno di sapere. Venerdì mattina, secondo giorno di Rosh HaShana, diversi attivisti per la pace sono giunti al villaggio arabo di Anata, sulle cui terre è stata edificata la colonia di Anatot, per incontrarsi con un palestinese, i cui terreni di proprietà privata erano minacciati da coloni. Verso la fine del incontro, numerosi coloni, armati di mazze e bastoni sono arrivati sulla scena e li hanno aggrediti. La polizia è rimasta a guardare senza fare nulla per impedire una tale violenza. Tre persone sono state portate via per essere medicate, compreso il palestinese proprietario del terreno il cui capo era stato sbattuto contro il suolo, e alcuni degli attivisti erano stati arrestati. Nessuno dei violenti aggressori è stato arrestato.Alcune ore dopo, alcuni attivisti di Gerusalemme dei gruppi di sinistra hanno deciso di recarsi nuovamente sul posto per protestare contro la violenza dei fatti verificatisi in precedenza. Siamo rimasti davanti al cancello non essendoci stato permesso di entrare. Pochi minuti dopo, dall’altra parte del cancello si è raccolto un numero sempre più consistente di residenti della colonia: alcuni dei quali avevano già preso parte ad aggressioni prima di quel giorno. Dopo qualche accesa discussione, hanno cominciato a uscire dal cancello e a spingerci per sgombrare la strada di accesso. “Ci state rovinando la festa,” ci hanno detto con innocenza simulata, mentre ci colpivano. Ragazzi ed adulti ci hanno preso a spintoni, agitando i pugni e colpendoci, mentre trascinavano altri sull’asfalto. Alcuni manifestanti si sono allontanati dalla strada di accesso per non farsi male, ma i coloni hanno rincorso e aggredito pure loro, nonostante se ne stessero tranquilli, buttandoli a terra e malmenandoli. Gli insulti e le oscenità che ci hanno lanciato non meritano di essere stampate. Erano veramente orripilanti: oscenità personali, razziste e sessiste. Per tutto quel tempo, la polizia e la guardia di confine che erano presenti se ne stavano là senza fare niente. A un certo punto è arrivata ancor più polizia che ha cominciato a spingerci via dalla colonia, mentre chiedeva ai nostri aggressori di tornarsene dentro. Ciononostante, i coloni non sono ritornati indietro e hanno continuato a inseguirci scandendo minacce e picchiandoci. Ho assistito ad almeno due casi in cui i coloni hanno raccolto sassi e li hanno scagliati contro di noi. Dopo che siamo fuggiti, siamo veramente corsi via , ci siamo resi conto che uno dei manifestanti era rimasto in dietro, accanto alle auto, e i coloni lo avevano assalito e ferito. Le vetture vicino alla recinzione rappresentavano un obiettivo comodo sulle quali scaricare la furia dei coloni : i finestrini sono stati fracassati, le ruote squarciate, e su almeno una vettura è stata incisa la stella di Davide. Tre manifestanti sono stati trasportati al pronto soccorso, mentre più di dieci all’incirca hanno avuto bisogno di essere medicati.
Ai miei occhi, quanto avvenuto ad Anatot è un simbolo dell’occupazione, un microcosmo di tutto ciò che avviene in questo posto. Ogni giorno si compiono misfatti e lontano dall’occhio della gente. La portata è piccola: la terra di un uomo, la terra di una famiglia, è minacciata. Chi cerca di mettere in guardia gli altri viene espulso brutalmente ed etichettato come traditore. La polizia non fa nulla e i mezzi di informazione non riferiscono né danno l’allarme. Questo è il classico sistema del ridurre al silenzio, un sistema efficiente e ben oliato che permette la continuazione dell’espropriazione e della pratica della violenza nei confronti dei palestinesi, l’iniziale e principale ingiustizia   che non deve essere dimenticata.I colono che si sono comportati in modo così violento nei confronti dei manifestanti di sinistra non sono gli unici colpevoli della situazione. Sarebbe un errore pensarlo. Essi sono il prodotto di 44 anni di occupazione e di oppressione di un altro popolo. Sono il diretto risultato di una politica violenta e di governo, che li giustifica e da loro l’autorizzazione, ed etichetta tutti coloro che non sono d’accordo come “traditori”. Gli abitanti di Anatot che sono partiti da casa per venirci ad aggredire credono veramente che siamo dei traditori, e la Knesset giustifica le loro azioni quando promulga leggi razziste e organizza dei comitati antidemocratici. Per quel che riguarda gli abitanti di Anatot, noi siamo venuti per importunarli, e loro sono le vittime di tutta questa storia. Questa è la cosa più spaventosa. Il loro auto-convincimento è profondo e totalizzante. Esso li autorizza a stare dove sono e giustifica l’uso della violenza. Si considerano come i signori della terra, stabiliscono le regole in modo tale da poter fare ciò che vogliono. La polizia giustifica le loro azioni con il non intervenire nei loro confronti, e le politiche del governo danno loro totale sostegno. Noi siamo diventati un facile bersaglio, e ancor di più i palestinesi, che non sono neppure considerati come esseri umani. Il disprezzo e lo scherno con cui ci etichettano come “di sinistra”, “pacifisti”, e “nazisti” (e questi sono i termini più moderati con i quali siamo stati definiti) – come se queste parole fossero intercambiabili - mira a questo. Noi siamo i colpevoli e loro si stanno solo difendendo, così loro possono agitare i pugni, tirare i capelli e dare spinte nella strada. Allo stesso modo, possono sradicare alberi, impadronirsi delle terre senza avere nessuna considerazione anche degli altri. Gli altri sono solo un fattore temporaneo nell’equazione, un ostacolo da essere rimosso senz’alcun rimorso, come un albero sulla strada. Questo è il volto abietto dell’occupazione; questa è la società in cui viviamo.
Scrivo queste parole con grande angoscia, e una reale paura per questo posto. La paura di una fessura che non può essere riparabile, la paura della divisione tra “noi” e “loro”, paura dell’odio e della violenza. Uno dei coloni che era uscito dall’insediamento per picchiarci ha frequentato insieme a me la scuola elementare e quella superiore, eravamo nella stessa classe. Non penso mi abbia riconosciuto, ma di certo io ho riconosciuto lui. Voglio pensare davvero che stesse cercando di calmare le acque e non abbia preso in alcun modo parte alle violenze, ma probabilmente questa è un’ingenuità, un pensiero giovanile. Ho anche un’altra vana speranza: se solo potessi mettere uno schermo e su di esso mostrare loro quanto avvenuto quella sera, potrebbero vedere come si comportavano; se solo potessero vedere che cosa facevano, si sarebbero vergognati. Le donne che mi lanciavano oscenità si sarebbero vergognate, i ragazzi che scagliavano pietre si sarebbero vergognati e gli adulti che spingevano e imprecavano, avrebbero tutti provato vergogna alla vista di se stessi. Credo di sbagliarmi, e che loro siano ritornati a casa vittoriosamente, sentendosi orgogliosi di sé stessi, e che abbiano continuato a celebrare il pace la vacanza e lo Sabbah. Tuttavia, spero che alcuni di loro avranno il coraggio di guardarsi a occhi aperti e di sentirsi turbati per quello che hanno fatto e della violenza delle quale sono stati parte. Questi non sono state frange estremiste – questo è il risultato di una politica premeditata da lunga data, ed è il volto attuale della società israeliana. Quindi, anche se coloro che hanno preso parte ai terrificanti fatti di Anatot non apriranno gli occhi vedendo ciò che hanno fatto, abbiamo bisogno di capire dove viviamo e quali venti di violenza stanno soffiando in ogni angolo della società. Sono venti antidemocratici, razzisti, estremisti e violenti. Tutti coloro che desiderano vivere qui in una società giusta devono – devono! – aprire gli occhi e guardare la realtà per quella che è. Qui è dove ora viviamo e dobbiamo assumercene la responsabilità. Non si può parlare sul serio di una società giusta se non apriamo gli occhi e guardiamo ciò che sta succedendo qui, vicino a casa, nella casa dall’altra parte della strada, con il ragazzo che è andato a scuola con noi.
Anatot: il volto abietto dell'occupazione

(tradotto da mariano mingarelli)
Allegati

La colonia di Anatot: premesse all'aggressione di massa.

POGROM DI ANATOT: INCHIESTA DELLA POLIZIA


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