Gideon Levy :La farsa di uno stato ebraico laico e democratico

 Il dibattito del disegno di legge sulla conversione è ingannevole. Viene svolto in posti bui e remoti, si discute di cose banali, sembra influenzare il destino di pochi e pare interessare ancor meno persone. Ma ciò che sta realmente accadendo dovrebbe interessare ogni israeliano, perché tocca le questioni fondamentali che definiscono la nostra società e il nostro Stato.La questione se sono i rabbini militari o civili a decidere chi è Ebreo è marginale. Rafi Peretz o Shlomo Amar, a chi importa? Dieci volte più significativa è la questione se ci capita di vivere nel solo paese al mondo dove i religiosi determinano il diritto di cittadinanza. Non meno importante è come possiamo continuare a osare ingannare noi stessi dicendoci che questo è uno stato laico e democratico? 
I rabbini di Israele sono dei portinai. Ciò che la maggior parte di loro crede è diventato dolorosamente evidente quando, di recente, hanno pubblicato una sentenza che vieta di affittare gli appartamenti per gli arabi e stranieri. Un rabbino "moderato" ha proposto un "compromesso": quello di affittare gli appartamenti solo ad "Arabi buoni". Un altro rabbino moderato ha detto che "non c'è saggezza" nella lettera dei rabbini ', ma non una parola sulla moralità e sulla giustizia. La maggior parte di loro sono di mentalità spaventosamente ristretta, ossessionati dalla paura e disposti a incitare l'odio verso stranieri che non hanno mai incontrato. Che cosa sanno del mondo? O dei diritti umani? Convinti e tesi a convincere gli altri che gli ebrei sono un popolo eletto, il cui accesso è vietato, come pure il contatto con le persone ritenute inferiori, vivono nel loro stretto confine delle colonie, per lo più beceri e nella completa ignoranza di tutto ciò che accade fuori. Sono i nostri portinai, e determinano l’immagine reale di noi. Come il gorilla che arriva a selezionare le persone all'ingresso delle discoteche, i rabbini determinano il carattere di tutto un partito, che diviene un arretrato partito religioso. Il dibattito sulla conversione solleva un'altra e più profonda questione: secondo il disegno di legge, l'ebraismo è una religione, solo una religione e non una nazionalità o un popolo. Questo per quanto riguarda "il popolo ebraico" e "il popolo di Israele". Se rabbini sono i portieri, allora si tratta di aderire ad una religione e a un rituale, non a un popolo e uno stato. Nel cosiddetto Stato laico di Israele, poi, non è possibile mettere insieme il popolo ebraico e il restare laico. Come possiamo affermare che l'ebraismo è tanto una fede e nazionalità, se l’adesione ad essa si basa unicamente sulla legge ebraica e le sentenze dei rabbini? Che dire di coloro che vogliono far parte del "popolo di Israele", ma non credono in Dio? Perché la parola ateo è ancora una bestemmia in Israele, da non potersi menzionare? Accesso solo per persone religiose? Solo in uno Stato governato da una legislazione religiosa.E' ora di ammettere che questo approccio non può che essere chiamato razzista. Sì, proprio quel termine trito. Questo è ciò che succede quando è il sangue che scorre nelle vene a determinare il proprio stato. Se il nipote di una donna la cui ebraicità è dubbia ha il diritto di cittadinanza automatica quando arriva qui dalle estremità della terra, e un soldato non-ebrei che ha scelto di combattere e vivere qui si imbatte negli ostacoli frapposti dai rabbini, allora questo non è tanto un giudizio emesso da una legge religiosa, quanto la sentenza di una legge razzista. Se il nativo arabo è un emarginato, mentre un membro della "tribù di Menasseh" della Birmania è accolto con pieno diritto, semplicemente perché un rabbino ha detto che si tratta di ebreo, allora questa è una teocrazia arretrata. Sessantadue anni dopo la fondazione dello stato, è giunto il momento di fare appello al coraggio per cambiare questa realtà. In quanto cosa ormai abbastanza radicata, Israele deve continuare a essere una casa e un rifugio per ogni Ebreo, ma non solo per loro. È giunto il momento della normalità, per far parte di un mondo di larghe vedute, in cui le leggi sull'immigrazione sono determinate unicamente da criteri di civiltà. Non accesso per tutti - non c'è nulla di simile in tutto il mondo - ma sulla base di criteri fissati da uno stato e da una società, non da Dio e da una legge religiosa. Per la maggior parte degli israeliani, che sono cresciuti in questa realtà distorta, tutto questo sembra normale. È normale vivere in uno stato dove non c'è trasporto pubblico di sabato, dove su quasi ogni stipite della porta c'è una mezuzah, dove non c'è la possibilità di un matrimonio civile, ove lo stato delibera leggi spudoratamente religiose e i rabbini sono gli unici arbitri di coloro che possono far parte del popolo. In pratica non c’è alcuna protesta contro tutto ciò. Anche il dibattito pubblico, nella misura in cui esso esiste, è limitato a questioni marginali: il rabbinato militare o civile? E dopo tutto questo, osiamo chiamare il nostro uno Stato liberale e moderno.Notizie da Israele: La farsa di uno stato ebraico laico e democratico
(tradotto da barbara gagliardi)

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