Kairos Palestina : i cristiani palestinesi







(Roma) - 1  Il documentoKairos Palestina non è che «un messaggio di speranza in un momento nel quale tutte le porte per la pace appaiono chiuse», e un appello all’opinione pubblica internazionale perché si riprendano «sul serio» i negoziati, a partire dall’opzione della «resistenza non violenta» di fronte all’occupazione. Il teologo e parroco di Bir Zeit padre Rafiq Khoury, uno degli autori del documento Kairos Palestina pubblicato nel dicembre 2009, parla così del manifesto dei cristiani palestinesi.Padre Khoury, a chi è indirizzato questo documento?

In primo luogo ai cristiani palestinesi e alla società civile israeliana e palestinese, perché riflettano su di esso. Ma è anche un appello ai capi delle religioni e alle Chiese del mondo, e naturalmente alla comunità internazionale, perché chiunque ha a cuore il processo di pace faccia quanto è in suo potere per farlo ripartire. Perché, come scriviamo, la tragedia del popolo palestinese è che i nostri leader si stanno limitando a gestire il conflitto anziché a lavorare per la sua soluzione.
Che cosa vi proponete con questo scritto?Vogliamo lanciare innanzitutto un messaggio di speranza in un momento nel quale tutte le porte per la pace appaiono chiuse: un gruppo di cristiani ha voluto riunirsi per dire che non è detta l'ultima parola, vogliamo incoraggiare chi ha responsabilità politiche a mettersi al lavoro in modo serio per raggiungere un accordo, perché finora la ricerca della pace non è stata seria: i negoziati sembrano fatti per se stessi.
L'impegno di Obama le sembra formale?
Per noi questi passi non significano nulla, perchè sono 17 anni che ogni due anni vengono organizzate conferenze che non portano da nessuna parte. Noi diciamo: è giunto il momento di lavorare per un obiettivo, basta perdere tempo mentre gli israeliani fanno di tutto per creare sul campo dei fatti compiuti che allontanano le prospettive di pace, sia a Gerusalemme che con gli insediamenti.Perché chiedete il disinvestimento e il boicottaggio economico?
Questo documento parte dall'assunto che il mondo tace di fronte a quello che Israele sta facendo nei Territori e a Gerusalemme, e si rivolge all'opinione pubblica internazionale per dire che è venuto il momento di dire «no» a Israele con fatti concreti: il boicottaggio è davvero il minimo che si poteva asuspicare, è un modo per chiedere alla comunità internazionale di intraprendere dei passi concreti perché Israele si impegni nel negoziato.
Tra gli osservatori sembra essersi fatta strada de facto la soluzione dei due popoli per un solo Stato. Qual è la vostra proposta?Noi siamo per la soluzione che è sempre stata avallata dalla comunità internazionale: due popoli per due Stati. Israele che già esiste, la Palestina che si sta costruendo.
Cosa replica a chi sostiene che la frattura politica e territoriale del fronte palestinese impedisce di trovare un interlocutore per la pace?La frattura risale a due anni fa, ed è un pretesto per non fare la pace. La leadership palestinese ha fatto di tutto per trovare un accordo. Parliamoci chiaro: chi è il più forte fra i due? I palestinesi non hanno potere economico, né militare, né mediatico. Hanno cercato di aprire un cammino e hanno continuato a partecipare ai negoziati, ma non sono mai stati appoggiati.
Non crede che ci siano anche responsabilità politiche palestinesi per questa situazione?Bisogna ricordare che l'estremismo palestinese è la conseguenza diretta del fallimento del processo di pace: dopo gli Accordi di Osloel 1993 Hamas e gli altri estremisti erano al 10 per cento, tutti i palestinesi aspettavano con ansia di poter accogliere la pace. E guardiamo dove ci troviamo oggi: l'estremismo è la conseguenza del fallimento del processo di pace. Perciò dico: andiamo alle radici del problema.

Che cosa possono fare i leader religiosi e politici ai quali vi rivolgete?Noi non chiediamo altro che la pace sia presa sul serio, e sappiamo che questo sta a cuore a tutti perchè l'instabilità che si sprigiona dal cuore del Medio Oriente influisce negativamente sulla stabilità del mondo intero. Noi vogliamo che l'opinione pubblica internazionale si renda conto di quanto sta avvenendo in Terra Santa, e pensiamo che questo documento sia uno strumento per far arrivare anche la voce palestinese.
Il conflitto è stato evocato anche in numerosi interventi durante il Sinodo…
Certo, perché è il cuore del problema del Medio Oriente e la questione principale delle relazioni internazionali: tutto ha un rapporto diretto con la questione palestinese, sia nel mondo islamico che in Occidente. Perciò pensiamo che la pace nel mondo passi anche da qua: non ci sarà mai stabilità se non si risolve questo problema.
Come rappresentanti del clero palestinese, che cosa chiederete al Sinodo?Innanzitutto di informarsi su quello che realmente avvenendo in Palestina, di non accontentarsi della propaganda che viene fatta. Noi speriamo che questa voce popolare, che viene dalla società civile, possa farsi strada.
State facendo circolare il «documento Kairos» fra i padri sinodali?
Assolutamente no. Il Sinodo è il Sinodo. E noi non vogliamo fare propaganda, non è questa la sede per far girare questo documento. Chi vuole può scaricarlo da Internet.
Che cosa farete delle firme raccolte sul sito?
Intendiamo far conoscere e creare consenso intorno a questa presa di posizione. Poiché i leader politici si sono dimostrati incapaci, chiediamo all'opinione pubblica di rendere questo documento un mezzo per favorire i negoziati, con un’opzione politica che parte dalla non violenza. In Sudafrica la lotta all'apartheid è iniziata con un analogo documento Kairos: la comunità internazionale ha appoggiato quello che era un movimento popolare. Da questa stessa promozione dei diritti umani vogliamo partire anche noi per raggiungere lo Stato palestinese.
I Cristiani in Israele , Palestina, Gaza e mondo arabo
2 Misna :‘KAIRÓS PALESTINA’, FORTI PRESSIONI ISRAELIANE SU SANTA SEDE  Ritorsioni e, in particolare, riduzione dei visti di ingresso per il clero in Israele e nei Territori palestinesi occupati: così si sta muovendo la diplomazia israeliana contro ‘Kairós Palestina’, documento realizzato dai cristiani della Terra Santa che sottolinea gli effetti dell’occupazione nei Territori palestinesi e che invita alla resistenza pacifica. Sebbene sia trascorso un anno dalla diffusione di ‘Kairós Palestina’, a dare fastidio al governo di Tel Aviv è stata la riproposizione del documento in formato libro per i tipi della Edizioni Messaggero Padova e della Edizioni Terra Santa. La notizia è stata riferita alla MISNA da fonti ben informate che hanno chiesto di restare anonime: in base a queste informazioni, diplomatici israeliani hanno presentato le loro lamentele direttamente alla Segreteria di Stato vaticana esercitando particolari pressioni sulla Custodia di Terra Santa accusata di aver sottoscritto il documento. Movimenti diplomatici sono ancora in corso, non è chiaro quali siano gli obiettivi finali degli israeliani né se tali proteste assumeranno rilievo ufficiale. Di ‘Kairós Palestina’ si è parlato ieri, a margine dell’Assemblea speciale per il Medioriente del Sinodo dei vescovi (10-24 ottobre), nel corso di una delle iniziative di 'Sguardi sui cristiani del Medio oriente'. A presentare il documento sono stati il Patriarca emerito di Gerusalemme dei latini, Michel Sabbah, e don Nandino Capovilla, coordinatore nazionale di Pax Christi Italia. Il Patriarca ha sottolineato le sofferenze cui sono costretti palestinesi, cristiani e musulmani, e ipotizzato che forse la parte del documento che più dà fastidio è quella in cui si invita alla resistenza pacifica e al boicottaggio contro l’occupazione. Nel documento si parla infatti di disobbedienza civile, si invitano i paesi stranieri a disinvestire e la società civile internazionale a boicottare tutto ciò che viene prodotto dall’occupazione. “L’ingiustizia contro il popolo palestinese, cioè l’occupazione israeliana, è un male che deve essere combattuto” scrivono i firmatari di ‘Kairós Palestina’ che poi aggiungono: “E’ un male e un peccato che deve essere contrastato e rimosso. La primaria responsabilità di questo è degli stessi palestinesi che subiscono l’occupazione. L’amore cristiano ci invita alla resistenza”. Con così tante pubblicazioni sul Medio Oriente in circolazione, perché ‘Kairós Palestina’ dà così fastidio? “E’ facile stampare pubblicazioni, parlare sempre e non turbare nessuno – ha detto ieri don Nandino – perché si cerca di far finta di non vedere la realtà e soprattutto di non udire il grido disperato dei palestinesi. ‘Kairós Palestina’ dà fastidio perché ha costituito un momento di verità. Perché quando questa parola, la parola ‘verità’, viene usata per indicare la realtà dell’occupazione militare israeliana che dura da 60 anni, allora essa immediatamente non si può usare”.[GB]  http://www.misna.org/news.asp?a=1&IDLingua=2&id=282389


3   Kairos : il documento dei cristiani palestinesi   Dopo un percorso di «confronto, preghiera e riflessione» un gruppo di personalità cristiane palestinesi l'11 dicembre scorso ha reso pubblico a Betlemme il Documento Kairos Palestina, un articolato testo in dieci punti che ha come sottotitolo: Un momento di verità: una parola di fede, speranza e amore dal cuore della sofferenza palestineseAl momento del lancio i firmatari, laici e religiosi, erano un centinaio. Oggi, anche grazie ad Internet, i firmatari palestinesi sono saliti a 1.310, mentre sono 857 i non palestinesi che appoggiano il documento. Vi aderiscono varie ong e ed esponenti del laicato cristiano, ma ne restano fuori le istituzioni ufficiali in quanto tali (come ad esempio i patriarcati, le diocesi, la Custodia di Terra Santa). L'iniziativa ha trovato echi anche a Ginevra, presso il quartier generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, che attraverso i propri canali informativi ha diffuso Kairos Palestina in tutto il mondo.Il testo, elaborato da intellettuali e teologi, esprime il sentire proprio dell'animo palestinese cercando di leggere la situazione attuale alla luce della fede, della speranza e dell'amore. I toni, però, restano franchi e non edulcorati principali destinatari di Kairos Palestina sono gli israeliani, le Chiese di tutto il mondo, la società palestinese e la comunità internazionale.Gli estensori del manifesto spiegano di essersi decisi a pubblicarlo in questo preciso momento storico perché «abbiamo raggiunto un punto morto nella tragedia del popolo palestinese. Chi prende le decisioni si accontenta di gestire la crisi anziché dedicarsi al difficile compito di trovare vie d'uscita».
Il testo elenca le cause della sofferenza attuale: un processo di pace che è solo parole senza fatti; il muro di separazione; gli insediamenti; le umiliazioni ai check-point; la separazione forzata tra i membri di molte famiglie; le restrizioni alla libertà religiosa; la condizione dei profughi e delle migliaia di detenuti nelle carceri israeliane; Gerusalemme che viene svuotata dalla sua popolazione araba; il disprezzo di Israele per la legislazione internazionale; l'emigrazione; il blocco di Gaza, l'occupazione militare dei Territori, a cui si risponde con la resistenza; le discriminazioni patite dagli arabi israelianiNella parte propositiva, gli autori del documento propongono una serie di cambiamenti di rotta ai loro interlocutori. Ne citiamo solo alcuni: la promessa biblica della terra promessa non sia interpretata come un programma politico; si cerchi di amare ogni uomo e donna, incluso il nemico, resistendo però al male - come l'occupazione israeliana dei Territori - con i mezzi della giustizia; si rinunci al fanatismo o all'idea di costituire uno Stato confessionale (ebraico o musulmano che sia); si deponga ogni razzismo; si ponga fine alla divisioni politiche fra palestinesi; si riconosca lo speciale ruolo di Gerusalemme e si pongano i negoziati sulla città in cima alla lista delle questioni da risolvere e non in codall'interno della comunità cristiana palestinese Kairos Palestina non ha riscontrato unanimi consensi. Molti si interrogano sull'opportunità di un simile testo e soprattutto di alcuni suoi passaggi. Tra i più discussi - e non solo in Palestina - c'è l'adesione alla campagna di boicottaggio economico di Israele, intesa come modalità di resistenza e lotta non violenta contro l'occupazione dei Territori. Recita un passaggio del documento: «Varie organizzazioni civili palestinesi, organizzazioni internazionali, ong e talune istituzioni religiose chiamano gli individui, le società e gli Stati a impegnarsi nel disinvestire e in un boicottaggio economico e commerciale di ogni bene prodotto dall'occupazione. (...) Queste campagne di sensibilizzazione devono essere portate avanti con coraggio, proclamando apertamente e sinceramente che il loro obiettivo non è la vendetta, ma piuttosto il mettere fine al male esistente, liberando tanto gli autori quanto le vittime dell'ingiustizia. Lo scopo è liberare entrambi i popoli dalle posizioni estremiste dei diversi governi israeliani, portando giustizia e riconciliazione. In questo spirito e con questa dedizione raggiungeremo finalmente la sospirata risoluzione ai nostri problemi, come é successo in Sud Africa e con molti altri movimenti di liberazione nel mondo». (n. 4.2.6Rifat Kassis, coordinatore dell'iniziativa che ha portato alla nascita del Documento, spiega questo approccio in un articolo apparso il 4 marzo scorso sulla testata digitale The Electronic IntifadaGli autori di Kairos Palestina, riconosce Kassis, si sono sentiti domandare più volte cosa implichi il termine «boicottaggio» e fino a che punto ci si spinga. Si auspica, spiega il Nostro, non solo il boicottaggio dei prodotti e delle organizzazioni che hanno a che fare con gli insediamenti in Cisgiordania, ma di ogni prodotto e organismo israeliano. In sintesi, dice Kassis, non possiamo permetterci di essere selettivi, dal momento che neppure l'occupazione è selettiva. «Il boicottaggio - spiega l'autore - è anche la manifestazione del nostro diritto, come palestinesi, di decidere i termini della nostra lotta e della nostra libertà. Ciò non significa che non diamo valore ai contributi dei nostri sostenitori, sia in Israele che altrove. Ma come palestinesi, alla fine, abbiamo il diritto di scegliere i nostri metodi di resistenza»Nel suo articolo, Kassis ribatte a tutta una serie di obiezioni provenienti dai sostenitori della causa palestinese in Israele e nel mondo e con molta determinazione conclude: «Come Chiese non dobbiamo semplicemente essere "strategiche": dobbiamo essere profetiche. Dobbiamo alzare le nostre voci. Il boicottaggio darà alle nostre parole il vigore dei fatti»Il testo integrale di Kairos Palestina è disponibile in varie lingue (compresa una poco felice versione italiana) nel sito Internet appositamente creato. È anche possibile seguire gli echi del Documento attraverso le pagine di Facebook. Per la versione integrale dell'editoriale di Rifat Kassis cliccaqui.

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