Le sfide dei blogger di Gaza


La guerra di Gaza non ha rappresentato un periodo particolarmente significativo per studiare i blogger palestinesi; data la situazione di paura e di incertezza, scrivere online della propria esperienza - ammesso che si sia fisicamente in grado di farlo - può non essere il tuo primo istinto.
Molti dei blogger da Gaza durante la guerra erano stranieri - o attivisti "internazionali", come gli stessi attivisti in Palestina si definiscono - che erano sbarcati con le navi del
Free Gaza Movement prima della guerra, o gli attivisti dell’International Solidarity Movement.
Due esempi di questo tipo di blog sono
In Gaza dell’attivista canadese Eva Bartlett, e Tales to Tell dell'attivista australiana activist Sharyn Lock. Durante il conflitto entrambi fornivano frequenti e dettagliati aggiornamenti della situazione a Gaza City. U
Un blog collettivo dal nome
Moments in Gaza (scritto in inglese) era stato creato da attivisti stranieri - soprattutto grazie all'impegno della libanese Natalie Abu Shakra – insieme a palestinesi come Abdulwahed Said, professore di letteratura inglese. Il blog era in realtà gestito da un collega di Natalie in Libano (e da allora è diventato il blog personale di Natalie, Ghazzawiyya).
Sebbene meno regolari, erano tuttavia pubblicati aggiornamenti anche dai blogger residenti a Gaza, come ad esempio
Mutasharrid(traducibile come "persona senza tetto" o "vagabondo") e Abu El Sharif del blog Shajar El Ba6a6a (entrambi in arabo). Il giovane giornalista freelance Sameh Habeeb aveva scritto frequenti aggiornamenti sul suo blog, Gaza Strip: The Untold Story, in inglese. Diversi blogger avevano scritto sulle difficoltà di ordine pratico che avevano dovuto affrontare in quel periodo. Sameh Habeeb così scriveva: Cari redattori, giornalisti e amici, Alcuni di voi si chiedono come possa inviare notizie in tali condizioni. Ho davvero faticato molto per inviarvi questo aggiornamento a causa della mancanza di corrente elettrica. Per caricare la batteria del portatile e inviare questo lavoro devo percorrere 4 chilometri al giorno in questa guerra crudele! E’ molto rischioso perché piovono bombe e i droni volano sopra la mia testa! Terrò duro. Su Moments in Gaza, il professor Said Abdulwahed scriveva: In un primo periodo sono rimasto per 15 giorni senza elettricità e con poca acqua potabile. I telefoni cellulari non funzionavano tranne che, a fatica, per l'invio di SMS. Le linee telefoniche sono rimaste attive per tutto il tempo ma a volte attraverso linee ad hoc. In quei giorni ho usato un piccolo generatore per alimentare il mio computer portatile. Tre giorni fa, l’azienda di elettricità ha mantenuto alcuni trasformatori e cavi in modo che abbiamo potuto di nuovo disporre di elettricità. [...] Tuttavia, di tanto in tanto avvengono ancora delle cadute di corrente, alcune volte riceviamo elettricità per 2-3 ore, in altri momenti la corrente elettrica continua per 10 ore o più. [...] Anche se è tutto insolito, la mia priorità è cogliere qualsiasi possibilità per restare in contatto con il resto del mondo.La guerra ha spinto una blogger a riprendere il suo blog; immediatamente dopo la conclusione del conflitto, Lina Al Sharif ha scritto:Non ho scritto niente di nuovo da quasi un anno e mezzo. Eppure non ho motivi per aver smesso. La guerra che è stata lanciata su Gaza mi ha cambiata. Ora so quanto io ami Gaza, tuttavia ho affermato cose che non avrei dovuto dire. Ma posso essere biasimata?! Dopo la fine della guerra, mi sono ritrovata attiva; voglio dire, ho registrato video e provato a pubblicarli. Un gruppo di veri amici dal Regno Unito mi ha incoraggiato a parlare. Da allora, Lina ha pubblicato regolarmente su Live From Gaza: 360 km2 of Chaos, e postato i video che riprende sulla vita di tutti i giorni a Gaza. Di recente mi ha detto, in risposta a una domanda sulle sfide che si trova ad affrontare come blogger, "Ci sono molte storie che sento raccontare e su cui vorrei scrivere, ma non ci riesco, perché accadono lontano da dove vivo e on sono in grado di arrivarci da sola." Ha anche spiegato: "Alla mia famiglia va bene quello che faccio, e mi darebbe ancora più libertà di andare e venire ... ma la società non accetta ancora l'idea che una ragazza possa essere attiva come blogger. La parola ‘blogger' è ancora poco familiare e di conseguenza non viena presa sul serio." Lina ha continuato: "Voglio che siamo 'noi', palestinesi che vivono qui a Gaza, ad essere coloro che raccontano questa storia. Penso che dopo un’adeguata formazione dei giovani potremmo essere capaci di rappresentare Gaza. Mi piacerebbe far parte di tutto questo ... e ci sto lavorando ... Ci sono molte persone di talento qui a Gaza. Abbiamo solo bisogno di formazione per far sì che la nostra voce venga ascoltata. " Un blog collettivo in inglese chiamato Beyond our Borders è stato fondato recentemente da alcuni giovani abitanti di Gaza. Un post di Jehan Al Farra ne descrive le motivazioni: Come gruppo di giovani palestinesi, noi membri di "Beyond our Borders" ci sentiamo in dovere di rappresentare la realtà palestinese politicamente, storicamente e culturalmente descrivendone le sue tragedie ma anche le sue luci. E, considerata la crescente instabilità del nostro Paese, è diventata una responsabilità obbligatoria mettere in parole e riflettere, attraverso i più variegati canali di media e comunicando online con il mondo, la realtà delle nostre vite quotidiane così come la complessa e vera storia del conflitto, dato il fallimento dei media occidentali in questo senso. La nostra appartenenza e il nostro attaccamento alla Palestina, la nostra passione nel tentare di preservare la nostra identità palestinese, e il nostro impegno nei confronti del mondo esterno si pongono per noi come motivazione di fondo nella creazione di questo blog. Tratto dal blog :le coordinate galattiche

Commenti

Post popolari in questo blog

Hilo Glazer : Nelle Prealpi italiane, gli israeliani stanno creando una comunità di espatriati. Iniziative simili non sono così rare

Venti di guerra tra Israele e Iran. Ecco la nuova politica militare di Ahmadinejad

Né Ashkenaziti né Sefarditi: gli Ebrei italiani sono un mistero - JoiMag

AMIRA HASS - UNA FONTE D'ACQUA, DUE MILIONI DI PERSONE: GAZA DEVE ESSERE LIBERATA DALLA SUA COSTRIZIONE