Zvi Bar’el Diamoci una calmata su Siria e Hezbollah

Mahmoud Ahmadinejad è stato in Siria quattro volte, due durante lo scorso anno. Bashar Assad è stato a Teheran quattro volte da quando Ahmadinejad è salito al potere nel 2005. Se le visite reciproche dei presidenti di Iran e Siria sono causa di panico, diamoci una calmata: l’equilibrio tra i due è stato mantenuto. Anche il leader di Hamas, Khaled Meshaal, è stato a Teheran diverse volte, la più recente a dicembre; dunque il suo incontro della scorsa settimana con Ahmadinejad non è poi così inusuale. Se Siria, Iran, Hezbollah e Hamas stanno pianificando una guerra contro Israele, non hanno bisogno di mettere in mostra i loro incontri. Ma perché non andare nel panico, se possiamo farlo? Perché non vedere ogni incontro come una minaccia? “Venti di guerra” era il titolo che i giornali israeliani hanno usato per descrivere questi incontri, anche se le valutazioni di intelligence delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) indicano che non vi sono in alcun modo preparativi di guerra. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno, per avere questa piacevole “sensazione di guerra”, è che arrivi nella regione il capo degli Stati Maggiori Congiunti dell’esercito USA, o che Hassan Nasrallah tenga uno dei suoi discorsi su Tel Aviv, o che un politico cristiano libanese accusi, per la centesima volta, il tentativo di Hezbollah di trascinare il Libano in guerra, o che Ahmadinejad ritorni a Damasco dichiarando, per l’ennesima volta, che l’entità sionista scomparirà. Potrebbe esistere una prova più chiara di queste riguardo al fatto che ci stanno spingendo alla guerra, o che almeno “qualcosa sta succedendo”?In apparenza, ciascuno dei leader che si sono incontrati a Damasco la scorsa settimana ha il suo buon motivo per combattere Israele. Anche Israele, però, ha le sue ragioni per scendere in guerra con ciascuno di loro, sia considerati nel loro insieme che singolarmente. Ma una ragione per andare in guerra non è sufficiente per farla realmente. Il fatto è che Israele non scenderà in guerra contro Hezbollah, e la Siria non sta spostando i suoi carri armati sulle alture del Golan. Gruppi armati come Hamas e Hezbollah considerano la minaccia che essi rappresentano come un vantaggio strategico – non solo contro Israele.Hezbollah sta costruendo il suo controllo sul Libano in base a questa minaccia, ma si rende conto che la guerra può distruggere la sua legittimità politica. Hamas, isolato dall’Egitto e dalla Cisgiordania, non può permettersi di subire una nuova operazione “Piombo fuso” mentre sta ancora cercando di riprendersi dalle conseguenze dell’operazione precedente. La Siria può attaccare Israele, ma il prezzo che dovrebbe pagare è probabilmente più alto di quello che ricadrebbe sulle spalle di Hamas o di Hezbollah.Per di più, l’Iran non sembra molto entusiasta all’idea che i suoi alleati subiscano un serio colpo le cui implicazioni politiche avrebbero una palese eco a Teheran. Per quanto riguarda l’Iran, la minaccia della guerra è preferibile ad una guerra vera. L’equilibrio del terrore è il freno più efficace contro un attacco israeliano – un punto di vista condiviso da Iran, Siria, Hezbollah e Hamas. Questo equilibrio può essere rovesciato solo da un accordo di pace tra Siria e Israele. Esso non impedirebbe all’Iran di ottenere il nucleare, e non troncherebbe i rapporti della Siria con l’Iran o con Hezbollah. Ma rimuoverebbe un elemento essenziale da questa minaccia quadripartita. Tuttavia, sembra che ce la caviamo molto meglio con le minacce che non con le guerre o con le “operazioni” reali. Siamo elettrizzati quando Assad mette in ridicolo la richiesta del Segretario di Stato americano, Hillary Clinton, di prendere le distanze dall’Iran; ciò prova che l’asse del male esiste e che la minaccia è viva e vegeta. Ma quando Assad chiede ripetutamente la ripresa di negoziati indiretti con Israele, la lista delle nostre precondizioni è pronta: le alture del Golan non saranno restituite, non accetteremo la mediazione turca, e chiediamo lo smantellamento dell’alleanza tra Siria ed Iran.Quando gli Stati Uniti provano a convincerci che i colloqui con i palestinesi potrebbero indebolire l’influenza iraniana nella regione – senza tener conto se questa valutazione sia valida – creiamo nuove aree di attrito con i palestinesi. È rimasto ben poco del congelamento della costruzione di nuovi insediamenti, e la dichiarazione che la Tomba dei Patriarchi e la Tomba di Rachele fanno parte del patrimonio nazionale israeliano potrebbe condurre ad una terza intifada. Il fatto che Hamas non abbia lanciato razzi Qassam per più di un anno viene percepito come ovvio, ma l’assedio della Striscia di Gaza prosegue da più di tre anni e mezzo. Agli occhi di Israele questo è qualcosa di naturale, che non dovrebbe avere alcun effetto sulle posizioni palestinesi.Israele non può parlare onestamente di minacce esterne quando non pone alternative all’opinione pubblica. Il presidente Shimon Peres può tendere la mano in segno di pace alla Siria, ma il governo israeliano risponde tendendo il dito in un gesto osceno.

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