TERRY BOULATA: DONNE E POLITICA IN PALESTINA
DI IRENE PANIGHETTI, Gerusalemme, 7 Agosto 2010 Nena News (foto diwww.arabic.hour.org) – “Il movimento delle donne palestinesi oggi lavora principalmente su due fronti: sulla ricostituzione di una unità nazionale superando la frattura tra Hamas e Fatah, e sulla revisione del diritto di famiglia” garantisce Terry Boulata, storica femminista e residente a Gerusalemme Est, a Abu Dis e una delle principali attiviste contro il muro, che separa la sua casa dal posto in cui lavora e dalla famiglia del marito.
Boulata la settimana scorsa ha tenuto un seminario sul movimento delle donne palestinesi al Centre for Jerusalem Studies, nella parte vecchia di Gerusalemme, durante il quale ha ricostruito la storia del movimento, con qualche considerazione sull’attualità. “Negli anni Settanta e Ottanta le donne sono state presenti sulla scena politica, partecipando attivamente anche alla prima Intifada, ma non sono riuscite a conquistarsi posti di potere, né ad essere influenti a Madrid né a Oslo”, ha raccontato, “quindi nel 1994 fu organizzato un grande meeting, dove venne deciso di formare le donne alla politica e di sostenere il loro ingresso nei partiti e nelle istituzioni. Alle prime elezioni del 1996 diverse donne riuscirono ad entrare in Parlamento, dove cercarono di lottare per cambiare il diritto di famiglia, basato ancora su regole patriarcali: le donne per esempio non potevano avere la cittadinanza senza un protettore che garantiva per loro. Le questioni fondamentali per il movimento furono quelle legate ai documenti, all’affido dei figli in caso di divorzio, alla possibilità per una donna di aprire un conto in banca. Su quest’ultimo punto ci furono meno difficoltà” ha osservato con un amaro sorriso Boulata.
Un altro momento importante per il movimento delle donne palestinesi fu la preparazione delle elezioni municipali del 2006: grazie alle pressioni delle attiviste si ottenne la regola di avere almeno due donne in ogni lista, anche a Gaza, e dal punto di vista femminile queste elezioni diedero dei buoni risultati. Ma da queste elezioni, vinte da Hamas e non riconosciute dalla comunità internazionale, uscirono forti divisioni interne al popolo palestinese, alle quali il movimento delle donne non fu immune, così come soffrì della divisione tra Cisgiordania e Gaza ad oggi ancora vigente: “a Gaza le prime vittime furono le donne perché Hamas si mostrò molto rigido” ha osservato Boulata, “ma il movimento resiste anche lì e dobbiamo sostenerlo il più possibile, anche se l’assedio israeliano rende tutto ancor più complicato”. Eppure le contraddizioni in seno a Hamas sono notevoli, anche dal punto di vista di genere: sono molte le donne di Hamas attive nel sociale, e, come in altri paesi musulmani, sta prendendo sempre più corpo un femminismo islamico, che parte dalla rilettura del Corano da parte delle donne per mondarlo dalle interpretazioni patriarcali e per dividere i precetti religiosi dalle regole tribali o tradizionali.
Infine la storica attivista si è soffermata sulle relazioni tra il movimento delle donne palestinese e quello israeliano, ricordando che le Donne in Nero furono le prime ad agire nel senso del dialogo, e che furono in grado di costruire profonde e significative reti di relazione tra donne, da cui nacquero il Jerusalem Link, da parte palestinese, e Bat Shalom, da parte israeliana. Durante il periodo degli attentati suicidi in Israele ci furono momenti di stallo e di crisi, superati con grandi sforzi. Con l’attacco dell’esercito di Tel Aviv contro Gaza nel dicembre 2008-gennaio 2009, denominato operazione Piombo Fuso, i rapporti tra donne palestinesi e israeliane sono tornati difficili e ancor oggi la riconciliazione appare assai impegnativa. “Tuttavia in questo momento” ha concluso Boulata “solo le donne possono proporre delle alternative per superare lo stallo del processo di pace, oltre che per ricomporre la frattura interna al popolo palestinese”.(Nena News) Articolo
DI IRENE PANIGHETTI, Gerusalemme, 7 Agosto 2010 Nena News (foto diwww.arabic.hour.org) – “Il movimento delle donne palestinesi oggi lavora principalmente su due fronti: sulla ricostituzione di una unità nazionale superando la frattura tra Hamas e Fatah, e sulla revisione del diritto di famiglia” garantisce Terry Boulata, storica femminista e residente a Gerusalemme Est, a Abu Dis e una delle principali attiviste contro il muro, che separa la sua casa dal posto in cui lavora e dalla famiglia del marito.Boulata la settimana scorsa ha tenuto un seminario sul movimento delle donne palestinesi al Centre for Jerusalem Studies, nella parte vecchia di Gerusalemme, durante il quale ha ricostruito la storia del movimento, con qualche considerazione sull’attualità. “Negli anni Settanta e Ottanta le donne sono state presenti sulla scena politica, partecipando attivamente anche alla prima Intifada, ma non sono riuscite a conquistarsi posti di potere, né ad essere influenti a Madrid né a Oslo”, ha raccontato, “quindi nel 1994 fu organizzato un grande meeting, dove venne deciso di formare le donne alla politica e di sostenere il loro ingresso nei partiti e nelle istituzioni. Alle prime elezioni del 1996 diverse donne riuscirono ad entrare in Parlamento, dove cercarono di lottare per cambiare il diritto di famiglia, basato ancora su regole patriarcali: le donne per esempio non potevano avere la cittadinanza senza un protettore che garantiva per loro. Le questioni fondamentali per il movimento furono quelle legate ai documenti, all’affido dei figli in caso di divorzio, alla possibilità per una donna di aprire un conto in banca. Su quest’ultimo punto ci furono meno difficoltà” ha osservato con un amaro sorriso Boulata.Un altro momento importante per il movimento delle donne palestinesi fu la preparazione delle elezioni municipali del 2006: grazie alle pressioni delle attiviste si ottenne la regola di avere almeno due donne in ogni lista, anche a Gaza, e dal punto di vista femminile queste elezioni diedero dei buoni risultati. Ma da queste elezioni, vinte da Hamas e non riconosciute dalla comunità internazionale, uscirono forti divisioni interne al popolo palestinese, alle quali il movimento delle donne non fu immune, così come soffrì della divisione tra Cisgiordania e Gaza ad oggi ancora vigente: “a Gaza le prime vittime furono le donne perché Hamas si mostrò molto rigido” ha osservato Boulata, “ma il movimento resiste anche lì e dobbiamo sostenerlo il più possibile, anche se l’assedio israeliano rende tutto ancor più complicato”. Eppure le contraddizioni in seno a Hamas sono notevoli, anche dal punto di vista di genere: sono molte le donne di Hamas attive nel sociale, e, come in altri paesi musulmani, sta prendendo sempre più corpo un femminismo islamico, che parte dalla rilettura del Corano da parte delle donne per mondarlo dalle interpretazioni patriarcali e per dividere i precetti religiosi dalle regole tribali o tradizionali.Infine la storica attivista si è soffermata sulle relazioni tra il movimento delle donne palestinese e quello israeliano, ricordando che le Donne in Nero furono le prime ad agire nel senso del dialogo, e che furono in grado di costruire profonde e significative reti di relazione tra donne, da cui nacquero il Jerusalem Link, da parte palestinese, e Bat Shalom, da parte israeliana. Durante il periodo degli attentati suicidi in Israele ci furono momenti di stallo e di crisi, superati con grandi sforzi. Con l’attacco dell’esercito di Tel Aviv contro Gaza nel dicembre 2008-gennaio 2009, denominato operazione Piombo Fuso, i rapporti tra donne palestinesi e israeliane sono tornati difficili e ancor oggi la riconciliazione appare assai impegnativa. “Tuttavia in questo momento” ha concluso Boulata “solo le donne possono proporre delle alternative per superare lo stallo del processo di pace, oltre che per ricomporre la frattura interna al popolo palestinese”.(Nena News) Articolo
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