Per Israele nessuno deve vedere. Ancora una volta l'IDF si trasforma in una potente macchina di distruzione. Beit Jala 3.3.2010
n auto sulla Route 60, abbiamo subito visto le ruspe guidare allineate su un lato della strada, preparandosi per quella che sarebbe stata un’altra giornata di ‘costruzione di fatti sul terreno’ per riprendere una definizione dei leder israeliani.
Una volta arrivati a Beit Jala, abbiamo assistito ad una scena straziante: mucchi enormi di ulivi e limoni segati sparsi nel cortile di una casa, accanto a quello che sarà il percorso del muro. Un luogo che non può più essere definito un cortile: terreno ed erba ribaltati dalle ruspe, due altalene per bambini sradicate e accantonate in un angolo. L’unica cosa rimasta in piedi era un forno a legna circondato da cumuli di terra e fango.Dieci alberi di ulivo erano già stati tagliati ieri.
Una x rossa tracciata sul pavimento di fronte all’entrata della casa stava a significare che il percorso del muro passerà di qui confiscando l’intera area del cortile della casa e chiudendo il solo accesso alla strada principale.E’ difficile immaginarsi come sarà la vita delle persone che abitano in questo luogo tra una settimana o due.Eravamo 45 manifestanti, 25 Palestinesi, 15 internazionali e 5 israelianiamo scesi fino ai lavori in corso tentando di fermare le ruspe. Siamo stati fermati da una ventina di soldati che hanno cominciato a spingerci su per la collina senza mostrarci alcun ordine militare come dovrebbero invece fare. Mentre gli artigli dei bulldozer sradicavano un albero dopo l’altro, abbiamo cercato di spiegare agli ufficiali israeliani come le loro azioni stavano violando numerose norme internazionali, così come non avevano il diritto di allontanarci senza mostrarci un ordine militare che ne attestava l’ esigenza.
Siamo stati spinti su per la collina finché ci siamo seduti decidendo di disobbedire alle provocazioni dei militari, chiedendo che ci fosse mostrato l’ ordine militare se intendevano allontanarci ulteriormente.
Alle 8 e 53 hanno portato una carta con l’ordine, dichiarando che in 7 minuti la zona sarebbe divenuta ‘area militare chiusa’.Uno di loro ci mostrava, con un ghigno sul volto, due granate sonore che reggeva in mano.Abbiamo ricordato loro nuovamente che la costruzione del muro sui Territori Palestinesi rappresenta un crimine in quanto viola il diritto internazionale, così come la costruzione di strade apartheid, (per il solo utilizzo dei coloni) che il progetto del muro avvalla e protegge. Abbiamo detto loro che avrebbero ancora potuto deporre le armi ed unirsi a noi. Un capitano barbuto dell’esercito ci ha risposto che l’unica legge che segue è quella della Bibbia.Il rabbino Arik Ascherman gli ha consigliato di andare aAlle 9.00 i militari hanno cominciato a spingerci con forza trascinandoci su per la collina. Due israeliani e un’attivista internazionale sono stati arrestati e rilasciati pochi minuti dopo.Due reporter TV arabi riprendevano le scene dall’alto della strada sopra la collina. Tra i manifestanti vi erano anche due coraggiosissime donne di Beit Jala. Quando uno degli agenti ha detto ad una di loro: ‘Min fadlak, ruh min hon’ (per favore, andatevene da qui) , la donna gli ha risposto saggiamente: ‘Min fadlak, ruch la Israeil’ (per favore, ritornatevene in Israele) puntando il dito verso nord-ovest.
Quando ce ne siamo andati, le ruspe stavano ancora lavorando con tutte le loro forze.
Una volta arrivati a Beit Jala, abbiamo assistito ad una scena straziante: mucchi enormi di ulivi e limoni segati sparsi nel cortile di una casa, accanto a quello che sarà il percorso del muro. Un luogo che non può più essere definito un cortile: terreno ed erba ribaltati dalle ruspe, due altalene per bambini sradicate e accantonate in un angolo. L’unica cosa rimasta in piedi era un forno a legna circondato da cumuli di terra e fango.Dieci alberi di ulivo erano già stati tagliati ieri.
Una x rossa tracciata sul pavimento di fronte all’entrata della casa stava a significare che il percorso del muro passerà di qui confiscando l’intera area del cortile della casa e chiudendo il solo accesso alla strada principale.E’ difficile immaginarsi come sarà la vita delle persone che abitano in questo luogo tra una settimana o due.Eravamo 45 manifestanti, 25 Palestinesi, 15 internazionali e 5 israelianiamo scesi fino ai lavori in corso tentando di fermare le ruspe. Siamo stati fermati da una ventina di soldati che hanno cominciato a spingerci su per la collina senza mostrarci alcun ordine militare come dovrebbero invece fare. Mentre gli artigli dei bulldozer sradicavano un albero dopo l’altro, abbiamo cercato di spiegare agli ufficiali israeliani come le loro azioni stavano violando numerose norme internazionali, così come non avevano il diritto di allontanarci senza mostrarci un ordine militare che ne attestava l’ esigenza.
Siamo stati spinti su per la collina finché ci siamo seduti decidendo di disobbedire alle provocazioni dei militari, chiedendo che ci fosse mostrato l’ ordine militare se intendevano allontanarci ulteriormente.
Alle 8 e 53 hanno portato una carta con l’ordine, dichiarando che in 7 minuti la zona sarebbe divenuta ‘area militare chiusa’.Uno di loro ci mostrava, con un ghigno sul volto, due granate sonore che reggeva in mano.Abbiamo ricordato loro nuovamente che la costruzione del muro sui Territori Palestinesi rappresenta un crimine in quanto viola il diritto internazionale, così come la costruzione di strade apartheid, (per il solo utilizzo dei coloni) che il progetto del muro avvalla e protegge. Abbiamo detto loro che avrebbero ancora potuto deporre le armi ed unirsi a noi. Un capitano barbuto dell’esercito ci ha risposto che l’unica legge che segue è quella della Bibbia.Il rabbino Arik Ascherman gli ha consigliato di andare aAlle 9.00 i militari hanno cominciato a spingerci con forza trascinandoci su per la collina. Due israeliani e un’attivista internazionale sono stati arrestati e rilasciati pochi minuti dopo.Due reporter TV arabi riprendevano le scene dall’alto della strada sopra la collina. Tra i manifestanti vi erano anche due coraggiosissime donne di Beit Jala. Quando uno degli agenti ha detto ad una di loro: ‘Min fadlak, ruh min hon’ (per favore, andatevene da qui) , la donna gli ha risposto saggiamente: ‘Min fadlak, ruch la Israeil’ (per favore, ritornatevene in Israele) puntando il dito verso nord-ovest.
Quando ce ne siamo andati, le ruspe stavano ancora lavorando con tutte le loro forze.
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