Una bambina ebrea nella Trieste fascista



RICEVO DA ISRAELE E VOLENTIERI PUBBLICO

Essendo la mia famiglia atea, fino alla promulgazione delle leggi razziali non ero conscia del mio ebraismo.Ricordo l'entusiasmo di noi piccoli alunni delle elementari quando il "duce" visito' Trieste e tutti eravamo sulle rive a festeggiarlo.Pur essendo mio padre fervente anti-fascista non lasciava trapelare le sue idee davanti ai bambini perche' era pericoloso.A scuola ci imbottivano il cervello con slogan fascisti e l'idealizzazione di Mussolini, e si sa che a quell'eta' si fa presto ad essere influenzati.Ed e' questo entusiasmo che contribui' a rendere piu' che mai dolorosa la botta delle leggi razziali.La signora maestra mi chiamo' alla cattedra per dimostrare alla classe le caratteristiche della mia fisionomia semitica.Tutto cambio' con le leggi razziali: i compagni ed amici ci voltarono le spalle, e fui costretta a cambiare scuola, fare nuove amicizie, e soprattutto ad adattarmi alla nuova identita' di una razza inferiore.La scuola ebraica di via del Monte divenne il mio nuovo rifugio, una famiglia dalla quale sparivano giornalmente gli alunni fortunati che erano riusciti ad ottenere un certificato per l'America o la Palestina.I professori erano eccellenti, ma le classi erano ridotte al punto che i programmi di studio si adeguavano alla maggioranza. Io per esempio fui costretta a frequentare la classe scientifica per la quale non avevo alcuna vocazione. Gli esami li facemmo come esterni.Ma il tempo stringeva e facemmo ogni sforzo per ottenere al piu' presto un certificato, ancora prima della catastrofe che si prospettava.Possiedo tuttora il mio diploma di maturita' sul quale stampato in caratteri rossi: "DI RAZZA EBRAICA".Le leggi razziali mi hanno privata dell'appartenenza al mio paese.A questo si aggiunsero l'ansia e l'insicurezza che raggiunsero la crisi con l'occupazione tedesca, la fuga dalla mia casa e dalla mia citta' , ed il vagare da un posto all'altro per aver salva la vita.La mia aliah nell'allora Palestina fu motivata esclusivamente dalla delusione e ricerca di una nuova patria.Sulla nave che ci portava in Palestina occupata da profughi ebrei come me, c'era un giovane arabo di Gerusalemme, studente che la guerra aveva bloccato in Italia. Aveva piu' o meno la nostra eta' e si stava volentieri insieme. Senza alcun segno di odio ci predisse allora che giunti in Palestina ci avrebbero ammazzati tutti.
Non credo d'aver compreso il significato di quelle parole, eppure e' un fatto che le ricordo tuttora.
PS: lettera













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