di Barak Ravid e Anshel Pfeffer“Israele cerca l’appoggio di Obama sull’indagine a Gaza.”
, Israele ha domandato a un certo numero di membri ad alto livello dell’amministrazione di Obama di appoggiarla nel limitare il grave danno internazionale prodotto dalla relazione della Commissione Goldstone rilasciata questa settimana, nella quale si accusa Israele di aver commesso crimini di guerra durante l’Operazione Piombo Fuso.Il Ministero degli Esteri, mercoledì, ha deciso di concentrare i suoi sforzi nel tentativo di combattere le accuse contenute nel rapporto rivolgendosi agli Stati Uniti, alla Russia e a pochi altri membri appartenenti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e al Consiglio per i Diritti Umani, che sono coinvolti nelle guerre in Iraq e in Afghanistan. Il messaggio israeliano sostiene che il rapporto Goldstone minaccia quei paesi, in quanto esso crea grosse difficoltà alla guerra al terrore, e ci si deve perciò impegnare per impedire che esso venga portato davanti alla Corte Criminale Internazionale dell’Aja (ICC). Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha sollevato la questione mercoledì con l’inviato speciale per il Medio Oriente, Gorge Mitchell, mentre il rappresentante del Ministero degli Esteri, Daniel Ayalon, ne ha discusso con l’ambasciatore statunitense alle Nazioni Unite, Susan Rice, e con altri funzionari di alto livello. La Commissione Internazionale, nominata dal Consiglio per i Diritti Umani e guidata dal giudice Richard Goldstone, accusa Israele di crimini di guerra e sta trasmettendo le sue raccomandazioni al ICC dell’Aja. Secondo il rapporto: “Alcune delle azioni del governo di Israele potrebbero giustificare una decisione della corte competente che accerti che sono stati commessi crimini contro l’umanità,” e “….la Missione rileva che c’è stato un certo numero di violazioni del Diritto Umanitario Internazionale e della legge per i Diritti Umani.” Il Ministero degli Esteri ha costituito un forum di esperti legali per seguire qualsiasi azione processuale che potrebbe essere intentata a seguito del rapporto e per essere pronti per una situazione nella quale una causa fosse stata portata di fronte al tribunale dell’Aja. Ayalon, che stava facendo una visita di lavoro negli Stati Uniti, ha cominciato giovedì a inviare messaggi a membri ad alto livello dell’amministrazione degli Stati Uniti e del Congresso per la necessità di presentare obiezioni nei confronti del rapporto. Egli ha rilevato che la stessa strategia che era occorsa in merito alla Risoluzione 3379 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che metteva in relazione il sionismo con il razzismo, deve essere messa in atto con la relazione Goldstone. Il Presidente Shimon Peres ha rilasciato una dichiarazione, mercoledì, nella quale si afferma che il rapporto Goldstone “ha fatto una parodia della storia.” Sempre mercoledì, l’ufficio del Primo Ministro ha deciso che Peres avrebbe dovuto trovarsi in prima linea nella campagna israeliana contro la relazione. Netanyahu e il Ministro degli Esteri Avigdor Lieberman non si sarebbero espressi pubblicamente sull’argomento, ma sarebbero impegnati in una diplomazia nascosta. Ufficiali superiori del Ministero degli Esteri, mercoledì, hanno dichiarato che la decisione israeliana di non collaborare con la Commissione Goldstone era stata giusta. Essi hanno insistito che questo era il caso, malgrado il fatto che tutti gli israeliani che hanno prestato liberamente testimonianza prima della Commissione Goldstone, come Noam Shalit, padre del soldato israeliano rapito Gilad Shalit, hanno inciso sulla relazione e sullo stesso Goldstone in modo affine a ciascun’altra testimonianza israeliana. Un funzionario superiore del Ministero degli Esteri ha affermato: “Noi sapevamo che la relazione sarebbe stata inclemente, ma Goldstone ci ha sorpreso sul come è stata dura. Ciò sta proprio a dimostrare quanto eravamo dalla parte della ragione nel non collaborare. Se l’avessi fatto, avremmo legittimato questo scandalo.” La relazione di 575 pagine descrive 36 casi specifici nel quali l’IDF ha violato in modo evidente le leggi internazionali. Un gran numero di casi sono già stati presi in esame dall’IDF a seguito dell’operazione, all’interno delle unità che avevano preso parte ai combattimenti e da cinque comitati istituiti con ordinanza del capo di stato maggiore Gabi Ashkenazi. Nella maggior parte dei casi, le indagini hanno stabilito che i soldati hanno operato secondo gli ordini, nonché nel rispetto del diritto internazionale. Tuttavia, non è stato deciso ancora se fare uso del materiale raccolto da parte dell’IDF per confutare le conclusioni del gruppo di Goldstone o di lasciarlo come prova nel caso in cui all’estero vengano formulate delle accuse contro specifici ufficiali delle Forze Israeliane di Difesa. L’IDF e il Ministero della Giustizia sono preoccupati in quanto il rapporto potrà rendere difficoltosi i viaggi all’estero per ufficiali israeliani. Un gruppo congiunto del Ministero della Giustizia, dell’IDF e del Ministero degli Esteri ha già una squadra di esperti legali, che avvertono gli ufficiali di non lasciare il paese e in alcuni casi ha impedito loro di visitare specifici paesi. Viene richiesto che ogni soldato e ufficiale si sottoponga ad un incontro informativo di sicurezza prima di intraprendere un viaggio all’estero; lo scorso anno, venne richiesto ad alcuni ufficiali che avevano preso parte ai combattimenti a Gaza, in particolar modo se i loro nomi erano comparsi nei media, di sottoporsi ad un incontro informativo speciale. Fonti legali hanno affermato che sono stati coinvolti per trattare la questione principalmente esperti civili, piuttosto che l’ufficio dell’Avvocatura Militare Generale. Diversamente da quanto comporta la sua partecipazione al gruppo congiunto, l’IDF si è rifiutato ufficialmente di confutare le affermazioni contenute nel rapporto Goldstone. L’esercito ha deciso di fornire al Ministero degli Esteri le risposte alle critiche all’estero riguardanti le proprie attività. Haaretz ha rivelato una direttiva dell’IDF, che fa seguito all’Operazione Piombo Fuso, la quale proibisce di pubblicare i nomi e le foto dei comandanti di battaglione che hanno partecipato all’operazione per il timore di rappresaglie legali nei loro confronti. Pochi mesi dopo, l’IDF ha fatto marcia indietro sulla questione. Israele è preoccupato in quanto gli ufficiali, e perfino gli alti funzionari governativi ed i ministri che sono coinvolti nell’approvazione dell’operazione, potrebbero rischiare di essere arrestati in un paese che sia firmatario del trattato che riconosce la Corte Criminale Internazionale dell’Aja (ICC) e che è obbligato, di conseguenza, a rispettare i suoi mandati di cattura. Le autorità sono preoccupate, in modo particolare, per gli ufficiali che sono in visita in paesi che permettono ai loro sistemi legali che prevedono la “giurisdizione universale” di processare – a seguito delle denuncie presentate da privati cittadini o delle iniziative di giudici inquirenti – una persona sospettata di aver commesso crimini di guerra in un altro paese. Sono inclusi tra questi paesi la Gran Bretagna, il Belgio, la Spagna e la Norvegia. Fino ad oggi, c’è stato solo un caso di un ufficiale che ha corso il rischio di venire arrestato in un paese straniero – il maggiore generale Doron Almong, ex-comandante della regione occupata meridionale (GOC) – che è dovuto restare a bordo dell’aereo con il quale era andato a Londra e ritornare in Israele per la paura di essere arrestato, dopo che un gruppo palestinese aveva intentato un’azione legale contro di lui per crimini di guerra. Notizie da Israele - Israele cerca l'appoggio di Obama
Commenti
Posta un commento