di MAREK HALTER Un rabbino a Gaza"Cercando pace tra gli ulivi"


Un rabbino a Gaza è decisamente insolito. L'ultima volta che accadde, da quanto mi risulta, fu nel XVI secolo: si chiamava Nathan di Gaza e aspettava il Messia. Al posto di frontiera improvvisato, sul versante palestinese, l'uomo con la kippà fa un certo effetto. I poliziotti di Hamas - cinque uomini accalcati in una garitta di lamiera ondulata - sono sconcertati. Chiamano al telefono il loro superiore. Arriva un'ora dopo: quattro automobili strapiene di uomini armati si fermano con un gran baccano di clacson e sgommando sulla ghiaia. Il capo della sicurezza di Hamas, Abou Khaled, non è da meno dei suoi uomini in quanto a perplessità. Afferma di essere arrivato per assicurare protezione al rabbino e a noi, per difenderci dalla collera popolare. I primi bombardamenti su Gaza risalgono a pochi mesi fa.
Un “Convoglio per la pace” per portare conforto, solidarietà, e per potenziare l’assistenza umanitaria nella Striscia di Gaza. E’ l’iniziativa lanciata nei giorni scorsi dal movimento interreligioso “Hommes De Parole”, con sede a Ginevra e diffuso in molti Stati del mondo, una delegazione del quale composta da rabbini ebrei, preti cattolici e imam musulmani, è da poco rientrata dalla Striscia. All’iniziativa ha partecipato anche la Caritas di Gerusalemme, già impegnata nell’assistenza umanitaria a Gaza, che ha colto l’occasione per compiere un ulteriore monitoraggio della situazione a Gaza e per consegnare a oltre 2.100 famiglie un “kit igienico” contenente saponi, detergenti, biancheria e oggetti vari per l’igiene personale e dei luoghi. Secondo quanto riferisce l’agenzia internazionale Fides, la delegazione ha preso nota delle difficili condizioni di vita di migliaia di famiglie nella Striscia, dove gli sfollati interni sono circa 16mila. Intanto la Santa Sede ha disposto che le offerte raccolte durante la Messa “in Coena Domini”, di Giovedì Santo, siano devolute interamente alla popolazione della Striscia.

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