Misna: fatti non parole per raccontare:palestinesi usati come scudi umani dall'esercito israeliano

FATTI E NON PAROLE PER RACCONTARE UNA GUERRA
“L’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza ha colpito principalmente le infrastrutture e le basi industriali più che le basi dei terroristi” ha affermato oggi il direttore dell’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa) a Gaza, John Ging, sottolineando “l’urgenza con cui si dovranno ristabilire condizioni di una vita dignitosa” per la popolazione della Striscia. “Mi sono spesso riferito ai medici internazionali negli ospedali della Striscia di Gaza e ripetutamente ho chiesto se i dati che venivano riferiti corrispondessero alla loro esperienza. Ci sono nomi dietro questi numeri. Sono sempre più convinto che il dato di oltre 1300 decessi sia accurato” ha aggiunto, durante un collegamento telefonico con la stampa internazionale,. precisando che “anche la percentuale di bambini uccisi appare corretta. Corrisponde a quanto ho potuto vedere nelle mie visite e in base alla nostra esperienza sul terreno”. Le dichiarazioni del responsabile dell’Unrwa suonano quasi come una risposta indiretta ai dati contenuti nell’articolo pubblicato ieri da un quotidiano italiano che contesta – sulla base di informazioni esclusive – i bilanci di oltre 1300 vittime palestinesi, tra cui numerosi civili, causati dall’offensiva israeliana ‘Piombo fuso’ accreditati da medici, operatori umanitari, organizzazioni delle Nazioni unite e attivisti per i diritti umani. In particolare, l’articolo, rilanciato dalla quasi totalità della stampa israeliana, secondo cui le vittime palestinesi dell’offensiva sarebbero tra le 500 e le 600, è stato “ridicolizzato”, scrive il quotidiano israeliano ‘Jerusalem Post’ da Jaber Wishah, vice-direttore del ‘Palestinian center for human rights’ (Pchr) secondo cui “le cifre fornite sono totalmente sbagliate”. In una lunga intervista pubblicata dal quotidiano, Wishah racconta che la sua organizzazione avrebbe inviato circa 50 operatori nei principali ospedali e obitori del paese per tenere un conto aggiornato delle vittime dell’offensiva. “In totale abbiamo calcolato 1285 morti, di cui 1062 civili, e 4536 feriti” afferma Wishah, precisando che i dati “sono stati verificati più e più volte”. In assenza di bilanci ufficiali da parte israeliana, prosegue il ‘Jerusalem Post’, “ufficiali militari hanno parlato di circa 1300 palestinesi uccisi, la maggior parte dei quali affiliati di Hamas”. Nel tentativo di fare chiarezza sulla questione, la MISNA ha parlato con una responsabile di ‘Amnesty International’ e con alcune delle fonti contattate negli ospedali di Gaza durante i giorni dell’offensiva israeliana. “Abbiamo le prove che molti civili sono stati usati come ‘scudi umani’, in tutti i casi era l’esercito israeliano a farlo” ha dichiarato Donatella Rovera, ricercatrice del Segretariato internazionale di Amnesty per il Medio Oriente, a Gaza da alcuni giorni per raccogliere testimonianze su possibili violazioni del diritto umanitario e internazionale. “Ho parlato con tantissime persone che non hanno collegamenti con Hamas – ha detto alla MISNA la Rovera – e abbiamo raccolto prove sulle modalità operative dell’esercito israeliano; i soldati entravano nelle abitazioni, chiudevano le famiglie all’interno di una camera dopo aver sequestrato loro i telefoni cellulari, quindi restavano lì per ore o giorni sparando dalle finestre; si tratta in maniera evidente di impiego di civili come ‘scudi umani’ contro ogni convenzione e regola del diritto internazionale”. In attesa che le inchieste internazionali, invocate a gran voce dagli attivisti per i diritti umani, stabiliscano se e chi ha commesso violazioni, le voci dei medici palestinesi offrono un’immagine diversa e complessa del dramma quotidiano vissuto dalla popolazione civile. “Nei giorni più duri dell’offensiva, l’ospedale è stato messo a dura prova: qui ci sono 530 posti letto, ma a causa dei bombardamenti e le esplosioni, intere palazzine sono inagibili; abbiamo avuto pazienti allettati sulle portantine e verso la fine abbiamo operato due pazienti alla volta nella stessa sala operatoria perché non avevamo elettricità e spazio sufficiente per tutti” ha raccontato alla MISNA Huseyn Ashur, direttore del pronto soccorso dell’ospedale al Shifa, il più grande della Striscia, precisando che i medici sono stati costretti a usare le sale operatorie come locali per la terapia intensiva. A proposito delle accuse contenute nell’articolo, secondo cui nei sotterranei dell’ospedale si sarebbero trovati uomini di Hamas, il responsabile è sicuro: “Lo escludo categoricamente, perché all’ingresso abbiamo guardiani che controllano giorno e notte; sono fantasie, nella migliore delle ipotesi, o altrimenti calunnie propagandistiche volte a giustificare il bombardamento di strutture sanitarie in cui i medici palestinesi si sono ammazzati di lavoro, per interi giorni di fila, a ricucire donne, vecchi e bambini”. Certo, aggiunge, “alla domanda se abbiamo accolto e curato anche uomini di Hamas, feriti da ordigni e bombe al fosforo non potrei risponderle di no. Non siamo stati lì a chiedere informazioni a chi arrivava sanguinante o con arti mutilati”. Racconti, quelli di Ashur, ripetuti dalla stragrande maggioranza dei medici – palestinesi e stranieri - presenti nei numerosi ospedali contattati a Gaza, dando voce alle drammatiche immagini trasmesse durante l’offensiva dalle televisioni arabe e internazionali: “I giornali, specie quelli israeliani, scriveranno quello che gli pare – dice infine Khalil Abu Foul, dell’ospedale Al Quds – e senza rendersi conto che 500, mille o 1500 non fanno alcuna differenza; crederanno di limitare agli occhi del mondo l’enormità di quanto hanno fatto, dopo un anno e mezzo di embargo, contro una popolazione di civili ridotta alla fame”. (Di Alessia de Luca Tupputi, con un contributo di Gianfranco Belgrano)

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