di Akiva Eldar Israele e la logica del protettorato


Esattamente una settimana fa, mi chiesi dalle pagine di questo giornale quanti palestinesi ed israeliani dovranno morire prima che entrambe le parti cessino il fuoco e venga firmata una nuova tregua. Sembra che la risposta sia giunta sabato, poche ore prima che le Forze di Difesa Israeliane (IDF) cominciassero ad imperversare sulla Striscia di Gaza. Il capo dell’ufficio politico di Hamas, Khaled Meshaal, aveva annunciato dal sito web delle brigate Ezzeddin Al-Qassam di essere pronto non solo ad una “cessazione dell’aggressione” – egli aveva proposto di ritornare al compromesso relativo al valico di Rafah, così come era in vigore nel 2005, prima che Hamas vincesse le elezioni e successivamente prendesse il controllo di Gaza. In base all’accordo, il valico doveva essere gestito in maniera congiunta dall’Egitto, dall’Unione Europea, dalla presidenza dell’ANP e da Hamas.Sembra che il primo ministro Ehud Olmert non abbia ascoltato queste notizie, o non abbia voluto ascoltarle. Ancora una volta egli ha “guardato le madri negli occhi”, promettendo che avrebbe inviato i loro ragazzi sul campo di battaglia solo dopo che il governo avesse tentato ogni altra strada per ottenere la tranquillità per i bambini di Sderot. Nel migliore dei casi, Olmert non ha detto tutta la verità. Una forza imponente è stata mandata a Gaza non solo – e addirittura non essenzialmente – per colpire le infrastrutture militari di Hamas. L’obiettivo principale che il governo ha imposto alle IDF era di smantellare le infrastrutture civili dell’unica organizzazione che rappresenta una sfida al potere di Mahmoud Abbas. Non per niente Ehud Barak ha definito la campagna una “guerra totale”.Infliggere un colpo mortale a Hamas e metterlo in ginocchio sarebbe stato un imperativo se avesse portato ad un accordo diplomatico con la fazione pragmatica e laica nei territori occupati. Tuttavia, anche se Meshaal firmasse gli Accordi di Oslo e restituisse il controllo di Gaza alla Muqata di Abbas, la realtà politica non cambierebbe. Il governo israeliano – come tutti i suoi predecessori e, bisogna ritenere, come tutti i suoi successori – non cederà Ariel e Givat Ze’ev (due fra i principali insediamenti israeliani in Cisgiordania (N.d.T.) ), per non parlare della Città Vecchia di Gerusalemme. E certamente, a nessuno dei profughi palestinesi sarà permesso di visitare la propria patria.Non è una coincidenza che Barak, che allo stesso tempo ha la pretesa di portare avanti l’eredità di pace di Yitzhak Rabin, non dica che l’operazione “Piombo Fuso” è intesa ad aggiungere contenuti al processo di pace. Ad un incontro tenutosi alcuni mesi fa nel suo ufficio con un gruppo di esperti di questioni mediorientali, Barak disse di dubitare grandemente del paradigma della soluzione a due stati. La realtà nei territori occupati successivamente alla geniale invenzione dell’ “Autorità Nazionale Palestinese” è estremamente conveniente per lui. Menachem Klein, uno dei fondatori dell’Iniziativa di pace di Ginevra, era solito chiamarla amaramente un “protettorato israeliano”. Il compito sarà portato a termine dopo che Barak avrà fatto al governo Hamas a Gaza quello che uno dei suoi predecessori nel ruolo di ministro della difesa, Benjamin Ben-Eliezer, fece al governo di Fatah in Cisgiordania con l’operazione “Scudo Difensivo” nell’aprile del 2002.La “nuova realtà di sicurezza” che il governo dice di voler ottenere non è che un sofisticato travestimento linguistico della vecchia realtà colonialista. La distruzione e l’odio che Israele sta seminando nei territori sta trasformando questi ultimi in una realtà somala – una calamita per milizie estreme come al-Qaeda ed altri gruppi analoghi presenti nella regione. Non è affatto certo che Fatah cada in questa trappola evidente e accetti di ritornare ai compiti di governo a Gazapassando sui cadaveri di donne e bambini, ed in mezzo alle storie delle gesta dei loro eroici fratelli palestinesi. Dopo la guerra contro Hezbollah, ci si poteva aspettare che il governo israeliano, così appassionato di “deterrenza”, avrebbe capito che in guerre come questa una forza di guerriglia considera un rapporto di vittime di 1 a 10 in favore del nemico come una gloriosa vittoria. Dopo la contabilità del sangue verrà poi la contabilità in termini finanziari; prima o poi, gli europei e le organizzazioni non governative si stancheranno di porre rimedio al caos che Israele impone nei territori.La domanda che ci si deve porre, dunque, è quanti palestinesi ed israeliani dovranno morire prima che l’opinione pubblica israeliana si risvegli dalla sua vecchia/nuova illusione che i carri armati ed i bombardieri possano perpetuare l’occupazione. La risposta: fino a quando gli israeliani si aspetteranno che i palestinesi alzino bandiera bianca, una bandiera nera sventolerà sulle loro stesse teste.Bandiera bianca, bandiera nera – Israele e la logica del protettorato

2  Akiva Eldar: l'unico modo per smantellare Hamas: una lunga tregua  Akiva Eldar: Hamas laughing at Israeli declarations of restored deterrence  Nonostante i lunghi anni di conflitti, guerre infinite e operazioni militari, non abbiamo imparato che il nostro standard di "vittoria" non corrisponde a quello del nostro avversario. Proprio a causa dei molti bambini uccisi a Gaza, Cast Piombo ha un posto d'onore nella ethos della lotta palestinese Per lo stesso motivo, a livello internazionale, regionale , il carceriere di 1,5 milioni di Gazans non ha alcuna possibilità di decidere la battaglia con mezzi militari. Hamas sicuramente ride quando ascolta i leader israeliani parlare di deterrenza raggiunta e non solo per i razzi che continuano ad essere lanciati sul Negev : ogni razzo è un voto a destra per noi, i bambini morti a Gaza sono un voto per Hamas e un dono per l'Iran. L'assedio fortifica l'organizzazione islamica. Un occupante che impedisce ai malati di curarsi in ospedale e agli studenti universitari di spostarsi, non dovrebbe meravigliarsi che i Gazesi non considerano Hamas l'occupante. E' inutile sottolineare che siamo di fronte ad un conflitto politico, Hamas non è un'organizzazione terroristica, ma un movimento che ha vinto elezioni volute dalla Comunità internazionale e autorizzate da Israele. Quando l'avversario è un movimento politico, anche se violento, l'affermazione di Livni "Operazione Cast dovrebbe essere considerata come una operazione militare con obiettivi militari" risulta contraddittoria: la guerra di Gaza aveva obiettivi politici   Solo un lungo periodo di cessate il fuoco, accompagnato da un reale contesto diplomatico , può indebolire il sostegno popolare di hamas, ripristinando la sua naturale posizione

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