Zeev Sternhell Come sono diventato un bersaglio per i "terroristi ebrei" d'Israele


Zeev Sternhell fa attenzione alla scelta di parole quando descrive senza esitazione l’esplosione la scorsa settimana di una bomba artigianale di fronte al suo portone di casa come un "atto di terrorismo ebraico". Come superstite dell’Olocausto, orfano all’età di sette anni e veterano delle guerre d’Israele, il professor Sternhell, 73 anni, è stato fortunato nell’essere rimasto ferito solo ad una gamba dalle schegge provenienti dalla bomba. Si dice "inorridito" non per lui ma perché poteva colpire sua moglie, la figlia, i pronipoti, i loro ospiti o anche i vicini. "È stato un atto terroristico perché non potevano sapere chi sarebbe stato colpito."
Dice con ironia che siccome non ha nemici noti nella "criminalità organizzata" le ragioni per cui la polizia crede che si sia trattato di un tentato omicidio non sono difficili da trovare. Come veterano nel movimento Peace Now e noto oppositore dell’occupazione sin dalla fine degli anni settanta, lo studioso dell’Università ebraica, vincitore dell’Israel Prize e internazionalmente rispettato come autorità sulle radici del fascismo, è apparentemente stato individuato dalle frange dell’estremismo ebraico di destra come bersaglio per il primo attentato d’alto profilo all’interno d’Israele dall’omicidio di Yizhak Rabin nel 1995.Se gli attentatori miravano a far tacere un principale intellettuale d’Israele, in questo hanno fallito. Tanto per cominciare lui non esclude una connessione tra l’attacco e il recente incremento di violenza da parte dei coloni contro i residenti palestinesi in Cisgiordania. Nelle scorse settimane i coloni estremisti hanno creato disordini e rivolte, bloccato strade, dato fuoco ai frutteti di appartenenza palestinese e in almeno un caso, attaccato con le armi un villaggio in Cisgiordania. Lamentando che sia l’esercito che la polizia mostra "riluttanza, incapacità o entrambe le cose" nel far rispettare la legge che vieta gli attacchi contro i palestinesi in Cisgiordania, dove i coloni godono di una specie di "autogoverno", dice che gli estremisti sostengono "che persone come me siano un pericolo per il sionismo ed il futuro dello Stato israeliano, e che dovrebbero essere neutralizzate e punite… Quindi credo ci sia un legame tra la brutalità e la violenza che sono una realtà odierna della vita in Cisgiordania e questo ultimo attacco contro di me".Dei 250mila coloni presenti in Cisgiordania lui stima che solo tra i 40mila e i 50mila sono realmente ideologici e che tra loro "solo qualche migliaia sono pronti ad usare la forza". Indica con esattezza la nuova generazione di "giovani di montagna" che, nel seguire un modello familiare dei "movimenti rivoluzionari", descrivono le loro leadership invecchiate come "traditori", anche solo per la loro volontà di discutere con il governo sulla possibilità d’evacuazioni volontarie dagli insediamenti. Sono attivisti "profondamente convinti che il futuro degli ebrei dipenda da loro", e per ciò considerano la violenza come arma legittima credendo che "Dio è con loro e che Dio li aiuterà nel disfarsi dei palestinesi. Questa è più o meno la loro filosofia."Per il professor Sternhell la risposta sta nell’evacuazione tempestiva da "almeno il 95 per cento della Cisgiordania" e per le autorità di prepararsi a spostare i coloni all’interno dei confini del 1967 e quindi dentro lo stato d’Israele. Qui però si propone un paradosso. Da un lato, crede che la violenza nasce da "un senso d’urgenza" da parte dell’estrema destra perché "sono giunti alla conclusione che l’elite politica d’Israele si trova ora molto più vicina alle mie idee che a quelle in cui credono loro".Questa conclusione è stata rafforzata dal primo ministro uscente Ehud Olmert che questa settimana ha finalmente riconosciuto quello che il professor Sternhell sostiene da più di trenta anni – per arrivare alla pace sarà necessario restituire tutto il territorio cisgiordano. Ideologicamente crede che la sinistra abbia vinto una "battaglia" - ma non la "guerra" - ma è anche ben cosciente che, dopo più di quaranta anni d’incessante espansione degli insediamenti, riportare a "casa" i coloni sarà un "lavoro molto duro"; si domanda inoltre se l’establishment israeliana abbia la "forza morale e la capacità a livello di leadership" per compiere tale incarico."L’elite politica israeliana è molto debole..il fatto è che le persone al potere non sono pronte a confrontarsi con i coloni… non posso dirmi ottimista. Non vedo nessuno che nei prossimi anni possa affrontare il problema con serietà."Questo è perché sostiene che l’unica speranza sarebbe un "forte intervento da parte della comunità internazionale – Stati Uniti e Unione Europea. Aggiungendo, "credo che gli inglesi, i francesi e i tedeschi dovrebbero seriamente iniziare a pensare di muovere il culo per fare qualcosa in più di ciò che ha fatto e sta facendo Tony Blair."Nonostante il professor Sternhell forse esageri un po’ nel descrivere il mandato di Tony Blair come un incarico "a capo dei negoziati", mostra incredibile serietà mentre dice, "che personalmente sono arrivato alla conclusione che non possiamo farcela da soli, e questo si deve sia alla debolezza della democrazia israeliana che a quella dell’Autorità Palestinese."

Dicendo che l’approccio "passo dopo passo" dell’accordo di Oslo era stato "un totale errore", insiste che "tutte le questioni vanno affrontate insieme e che tutti coloro che hanno un interesse nel Medio Oriente devono partecipare, non vedo altro modo per proseguire."Quando gli viene chiesto come si sente, da ebreo di classica biografia israeliana, ad avere la sua casa attaccata da altri ebrei, il professor Sternhell medita sul fatto che "tutti sono capaci di tutto. Essere ebreo o non esserlo non ti rende immune da tutto il male che deriva dalla storia e dalla politica."Proprio come quando si descrive "molto, molto infelice" nel vedere rifugiati sudanesi che arrivano in Israele per essere trattati non poco differentemente da come venivano trattati gli "ebrei in Europa settanta anni fa", si sente anche mortificato nel vedere "ebrei come occupanti in Cisgiordania" – o il trattamento dei palestinesi da parte dei militari israeliani - non perché lo vogliano i soldati ma perché e tutto dovuto a questo situazione "orribile"."Quello che voglio - dice - è cambiare questa situazione"


.2  La violenza dei coloni è fuori controllo





3    Zev Sternhell di Claudio Vercelli    È sorprendente la scarsa considerazione con la quale è stato accolto e raccontato, fuori d’Israele, l’attentato nel quale il 25 settembre è rimasto ferito Zeev Sternhell, studioso di scienze sociali che alla storia di quel paese - che è anche la sua patria d’acquisizione, essendo nato nel 1935 in Polonia – non meno che alle sue culture politiche, ha dedicato alcune tra le migliori riflessioni esistenti sul mercato degli studi universitari. Non a caso proprio nel 2008 è stato insignito dell’ambito e prestigioso "premio Israele", assegnatogli dalle pubbliche istituzioni per i suoi lavori di scienza politica. Pur appartenendo di diritto a quella vulgata che, a torto o a ragione, viene definita "revisionista" (meglio sarebbe dire dei "nuovi storici"), ovvero ispirata ad una rilettura critica del passato recente della storia d’Israele e del sionismo, Sternhell è infatti un autore poliedrico, che si è sempre contraddistinto per l’originalità dei suoi approcci ai fenomeni politici e culturali del Novecento. Non meno che ad Israele, infatti, egli ha dedicato pagine sagaci allo studio del fascismo, in particolare di quello francese. La drammatica vicenda del suo ferimento, riscontravamo, pare essere stata frettolosamente consegnata, fin da subito, all’archivio della memoria, invero assai claudicante. In Italia, a parte qualche rimando di cronaca e un affettuoso richiamo, a mo’ di elzeviro, comparso su l’Europa, a firma di Janiki Cingoli, ben poco d’altro è passato. Diciamo allora che la questione ci riguarda poiché non è una vicenda privata bensì uno degli indici della crisi della politica, in terra d’Israele come in altri paesi. Quando si tocca il grado zero del confronto si passa alle vie di fatto, colpendo quello che si reputa essere, nel medesimo tempo, l’anello più fragile (poiché indifeso) e più forte (poiché in possesso di argomentazioni robuste, irritanti per chi non ha nulla da controbattervi). Sternhell, infatti, è tutto fuorché un accademico geloso delle sue prerogative. Del pari a molti suoi colleghi, ha sempre pensato che all’impegno intellettuale dovesse accompagnarsi quello politico e, se così la si vuol chiamare, la testimonianza morale. Quest’ultima è essenzialmente lo sforzo per raccontare e comprendere quello che per i tedeschi è Zeitgeist, lo spirito del tempo corrente. Lo storico di professione fa questo, in fondo. Il punto di congiunzione tra le diverse anime del suo lavoro è la pubblicistica che, in Israele più ancora che in altri paesi, implica il prendere costantemente posizione attraverso la stampa periodica e i quotidiani. Sternhell, tra i fondatori del movimento Shalom Achshav, è conosciuto dal grande pubblico israeliano come notista per il quotidianoHa’aretz. Ci permettiamo di chiosare sul fatto che solo uno sguardo pregiudizialmente disattento può indurre nell’osservatore quella miopia di giudizio per la quale non si coglie quanto sia ampia in Israele la discussione su di sé e sugli altri, ovvero sulla propria identità (la cui natura artificiale, ancorché non artificiosa, ovvero il suo essere un costrutto eminentemente storico, è acclarata) come su quella degli interlocutori e degli antagonisti.
Non è un caso, quindi, se proprio lui – o per meglio dire la sua figura di intellettuale – sia stato fatto oggetto della violenza terroristica. Il fatto che non ne sia perito non attenua la gravità del gesto, ricordando, infatti, quello ancora più clamoroso che nel novembre del 1995 comportò la morte dell’allora Primo ministro Rabin. Zeev Sternhell si è ripetutamente pronunciato contro la politica di costruzione degli insediamenti ebraici nei Territori palestinesi, così come non ha mai lesinato sulle ipotesi di un accordo quadro con la controparte palestinese in Cisgiordania e a Gaza. Anche in ragione di ciò la polizia israeliana ha da subito accreditato la pista di un’azione terroristica da parte di elementi di quel piccolo ma pericoloso milieu di razzisti e ultranazionalisti che alligna in alcune "colonie". Già da tempo, infatti, alcuni di loro avevano emesso una taglia contro i militanti di Pace adesso, promettendo come premio un milione di shekalim a chi avesse ucciso un esponente di rilievo del movimento pacifista.
Il silenzio con il quale è stata accolta la violenza da lui subita fa il pari con la cacofonica campagna, più volte ripresa anche nei mesi scorsi, per il boicottaggio delle università israeliane. Ci si rende conto che se tale scempiaggine fosse passata ora, a essere posti nella condizione di non potere comunicare al di fuori della cerchia scientifica, intellettuale e politica del proprio paese ci sarebbero proprio uomini come Sternhell?



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