Aluf Benn : una situazione schizofrenica
Il muro di separazione edificato in Cisgiordania divide la società israeliana in due mondi radicalmente diversi relativamente alla percezione della realtà e dei problemi da affrontare. Da una parte ci sono coloro che provano disagio di fronte alla crisi di Wall Street, alla mancanza di leadership ed alla minaccia iraniana. Pochi di essi si preoccupano per quel che sta succedendo in Cisgiordania, e di sicuro nessuno si reca da quelle parti. I palestinesi sono dimenticati, quando non si verificano attacchi suicidi; i coloni sono visti come una società bizzarra; e le trattative di pace portate avanti da Ehud Olmert appaiono come un’iniziativa del tutto secondaria.
Dall’altra parte del muro, nel Paese dei Coloni, le cose vengono viste molto diversamente. Là nessuno si preoccupa per la crisi finanziaria o per Ahmadinejad, ma piuttosto per la sopravvivenza. I coloni sono furiosi con lo Stato che ha smantellato gli insediamenti di Gush Katif nella Striscia di Gaza, con l’esercito, la Corte Suprema, e la stampa di sinistra. Essi prendono sul serio le dichiarazioni di Olmert a favore di un ritiro da quasi tutta la Cisgiordania, si preparano al ritiro imminente e compiono pellegrinaggi agli insediamenti abbandonati, come per esempio Homesh.
Questa schizofrenia, comoda per entrambe le parti, è stata alimentata dal governo Olmert. Malgrado il suo annunciato sostegno all’evacuazione degli insediamenti che si trovano al di là del muro, il primo ministro ha dato ai coloni una grande libertà d’azione, dopo la distruzione dell’insediamento di Amona.
Il ministro della difesa Ehud Barak si è rifiutato di scontrarsi con i coloni a nome del governo e ha costantemente cercato delle modalità per negoziare con loro, sostenendo che non è disposto a risolvere da solo i problemi creati dai suoi predecessori nell’arco di più di quarant’anni. Barak è stato aiutato, inoltre, dalla scarsa volontà dell’esercito e della polizia di dispiegare le loro forze per procedere allo sgombero delle colonie non autorizzate.
E così si è creata una situazione di stallo. Il governo si è rassegnato all’esistenza degli insediamenti e ha chiuso un occhio di fronte all’espansione edilizia negli insediamenti al di là del muro. A loro volta, i coloni hanno cercato di evitare le provocazioni, le proteste e i conflitti nella vita quotidiana da questa parte della barriera. Si sono ritrovati incapaci di attirare nuovi adepti per prendere possesso delle colline e delle cime delle montagne, e di conseguenza hanno concentrato la loro retorica sulla coesione interna piuttosto che sul reclutamento di sostenitori al di fuori del loro campo.
Olmert e Barak hanno autorizzato un massiccio programma edilizio nei blocchi di insediamenti, ma soltanto a ovest del muro, in zone destinate ad essere annesse ad Israele. Anche lì, le nuove dimore sono state destinate essenzialmente a famiglie povere ultra-ortodosse.
Tuttavia, il silenzio che dominava era fragile, illusorio. Il movimento dei coloni era spezzato dall’interno dopo il ritiro da Gaza. La vecchia guardia del movimento si è ritenuta un’estensione dello Stato, portatrice di una missione nazionale che godeva di sostegno politico e finanziario. Coloro che fanno parte del movimento sperano ancora che cambi il vento, che un nuovo governo porti centinaia di migliaia di israeliani a Ofra, Beit El e Elon Moreh (Ofra e Beit El si trovano nel distretto di Ramallah, Elon Moreh è nel distretto di Nablus (N.d.T.) ).
Il fallimento della leadership dei coloni nel tentativo di salvare Gush Katif, e il tradimento da parte di Ariel Sharon della causa che un tempo abbracciava, hanno cementato una nuova generazione di coloni che si ribellano contro l’autorità dello Stato e che cercano di boicottarlo. La loro arma segreta è la minaccia del rifiuto collettivo di ufficiali e soldati di orientamento religioso – che rappresentano una componente chiave delle unità di combattimento dell’esercito israeliano – di obbedire agli ordini di evacuare gli avamposti e gli insediamenti.
I colloqui fra Barak e i suoi collaboratori riguardo allo sgombero di Migron, il più grande insediamento costruito in terra palestinese, hanno evidenziato il fatto che la leadership dei coloni ha perso rilevanza. L’accordo proposto da Barak era scandaloso – egli offriva agli occupanti abusivi un pezzo di terra alternativo, in un avamposto autorizzato, ma i coloni hanno rifiutato immediatamente. Il governo è stato costretto a ricorrere nuovamente ai tribunali ed a spiegare che non era stato capace di sgomberare l’insediamento illegale. Nella battaglia per Migron i coloni l’hanno avuta vinta.
Negli ultimi mesi le tensioni nei territori occupati sono aumentate, come si evince dai sempre più numerosi incidenti registratisi fra i coloni e i loro vicini palestinesi, nonché fra gli stessi coloni e i soldati dell’esercito israeliano. Olmert e Barak hanno criticato gli assalitori nelle riunioni di governo, ma all’atto pratico non hanno mosso un dito. L’establishment militare ha raccomandato che la polizia ed i pubblici ministeri (cioè qualcun altro) devolvano maggiori risorse per combattere le violazioni perpetrate dai coloni, e per rafforzare l’applicazione della legge nei confronti delle opere edilizie illegali, al fine di ridurre gli episodi di violenza.
Il ministero presieduto da Barak ha formulato, inoltre, delle raccomandazioni circa i provvedimenti di detenzione e l’emissione di ordinanze restrittive per coloro che infrangono la legge. Come sempre, ha accusato i tribunali di non essere abbastanza intransigenti nelle loro sentenze. Ma queste sono solo scuse burocratiche per l’immobilismo del governo, il quale teme di entrare in conflitto con il potere esercitato dai coloni. Per imporre il rispetto della legge in Cisgiordania è necessario il coinvolgimento di tutto l’apparato governativo, a partire dal primo ministro.
Mentre la violenza continuava al di là del muro, al di qua della barriera di separazione questi episodi hanno suscitato scarso interesse. Poi è giunta l’aggressione al Prof. Zeev Sternhell (storico israeliano, noto per le sue posizioni pacifiste e per la sua opposizione all’occupazione israeliana dei territori palestinesi; il 25 settembre scorso è stato leggermente ferito da un ordigno rudimentale posto vicino alla sua casa; la polizia israeliana sospetta che i responsabili siano estremisti della destra ultra-ortodossa (N.d.T.) ) a sottolineare il fatto che la battaglia ideologica non conosce confini o barriere. Le rimostranze di Olmert e compagni sono un po’ aumentate, ma il governo ha mantenuto un basso profilo, sperando che tornasse la quiete, oppure che una vera catastrofe lo costringesse all’azione.
In assenza di una tale catastrofe, i successori di Olmert si comporteranno probabilmente come lui, prendendo le distanze dagli eventi che hanno luogo nei territori occupati, e alimentando la schizofrenia nazionale su entrambi i lati del muro.
Aluf Benn è corrispondente diplomatico del quotidiano israeliano ‘Haaretz’; segue la politica estera israeliana ed il processo di pace israelo-palestinese dal 1993Medarabnews » Blog Archive » Uno Stato schizofrenico
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