Israele privatizza i checkpoint nel West Bank


3 aprile 2008
Israele privatizza i checkpoint nel West Bank e i palestinesi si mettono a fare chilometri per poter passare per i checkpoint ancora sotto controllo dei soldati israeliani. Così nel sito di Haaretz, quotidiano israeliano, viene sintetizzata la paradossale situazione che si sta venendo a creare in alcune aree del West Bank. Questa settimana intanto altri cinque checkpoint hanno abbandonato il vecchio filo spinato per abbracciare il nuovo sistema di controllo che pare assomigliare
più a un terminal aeroportuale. La sicurezza sta passando dal Ministero della Difesa ad alcune ditte private.
Secondo il governo la scelta è orientata a una maggiore efficienza e al risparmio, ma il fatto che i palestinesi sentano la mancanza dell’esercito dà da pensare.
Haaretz si era già occupato dell’outsourcing dei checkpoint lo scorso ottobre in un articolo in cui raccontava l’evoluzione del checkpoint Reihan, a soli cinque chilometri dalla Linea Verde, vicino a Jenin.
Da qualche mese il checkpoint è stato “civilizzato” e privatizzato. La ditta di sicurezza privata che ha avuto l’appalto si chiama “Shin-Bet” (acronimo per Shmira Uvitahon, Controllo e Sicurezza). In sostanza resta un soldato all’entrata, ma all’interno le guardie sono dei civili senza uniforme. Da un veloce sondaggio condotto sui palestinesi in attesa al tornello metallico è risultato che, senza alcuna eccezione, uomini e donne, giovani e vecchi, rimpiangono i soldati.
E tuttavia pare che i palestinesi se ne debbano fare una ragione. E’ questo il futuro.
Al Ministero della Pubblica Sicurezza spiegano che non si tratta solo di avere un sistema più efficiente, ma anche di migliorare “la qualità del servizio ai cittadini palestinesi”, per citare Rosenbaum, il direttore generale. Ci sarebbe un altro fattore, di cui si parla meno, la sostituzione di un soldato con un contractor non solo fa risparmiare soldi, ma di fatto assolve il governo da qualsiasi responsabilità.
I palestinesi, che in un primo tempo si erano illusi che la privatizzazione potesse rappresentare un miglioramento, oggi sono a dir poco demoralizzati: le attese sono diventate più lunghe (mentre prima i soldati fermavano una persona ogni tanto, i dipendenti di queste ditte private trattengono il 90% delle persone), addirittura il personale è più freddo e indifferente nell’approccio. Per non parlare delle umiliazioni.
Le accuse più pesanti riguardano la cosiddetta “Stanza 3”, dove in base ad alcune testimonianze, alcuni palestinesi sarebbero stati costretti a denudarsi completamente. Il personale Shin-Bet finora ha smentito.
Ma il trattamento delle donne comincia a essere un punto critico. Machsom Watch ha già denunciato il caso di due donne portate nella “Stanza 3” che rifiutatesi di spogliarsi, si sono viste negare il permesso di oltrepassare il checkpoint.
(www.haaretz.com)
Checkpoint privati?

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