«Nomadi». Il diritto ad avere diritti «Noi profughi» è il titolo di un breve saggio pubblicato da Hannah Arendt nel 1943. La descrizione dei profughi ebrei, che erano riusciti a varcare le frontiere dell’Europa di Hitler, prefigura le pagine che in Origini del totalitarismo vengono dedicate alla vicenda degli apolidi, ai senza-stato, alle non-persone. Arendt affronta la complessa questione della «cittadinanza». L’umanità si è organizzata in stati-nazione. Ma che ne è di chi si trova tra un confine nazionale e l’altro? Di chi è senza patria, senza stato, o senza nazione? Come gli zingari: «nomadi» perché trasversali? Diventa «irregolare» o almeno «indesiderato» - si potrebbe rispondere con termini ormai usuali. Nel sistema degli stati-nazione, chi non ha stato, chi non ha una appartenenza nazionale, perde automaticamente i diritti umani, finisce, nel mondo globalizzato, per trovarsi fuori dall’umanità. Perché ha diritto ad essere umano solo chi è cittadino. «Ci siamo accorti - a