UNA PASQUA 'SOTTOTONO' PER DIVIETI "INACCETTABILI"



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È grande la frustrazione degli abitanti dei Territori Palestinesi Occupati, soprattutto cristiani, ma anche musulmani, sottoposti in questo periodo pasquale - come spesso accade durante le festività religiose - a rafforzate limitazioni di circolazione e a divieti d’ingresso verso i luoghi sacri di Terra Santa imposti da Israele. “Circa 15.000 cristiani vorrebbero venire in questi giorni a Gerusalemme dai Territori palestinesi, ma il governo israeliano ha concesso solo poche centinaia di permessi” riferisce alla MISNA Yusef Daher, direttore del ‘Jerusalem Inter-Church Center’, turbato dai nuovi provvedimenti limitativi imposti da Tel Aviv in questa settimana, che per motivi di calendario coincide quest’anno con la Pasqua ebraica. “Dal 15 Marzo fino a pochi giorni fa – precisa Daher, un laico della comunità greco-cattolica – i rappresentanti delle comunità ortodosse arabe e di altre comunità cristiane hanno negoziato con il governo israeliano, chiedendo la libertà di poter raggiungere i luoghi di culto, ma non è servito a nulla, non siamo stati ascoltati”. Per molti fedeli cristiani non sarà quindi possibile partecipare a momenti importanti di comunione, ma le restrizioni colpiscono anche la comunità musulmana, che nei territori israeliani deve recarsi per lavoro o altri motivi; è stato anche ridotto l’accesso alla Moschea di Al-Aqsa, luogo sacro per eccellenza della comunità islamica locale. “Anche i cittadini provvisti di regolari permessi avranno dei problemi” fa eco, da Ginevra, Michel Nseir, incaricato delle questione mediorientali per il Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec/Wcc), unendo la sua voce a chi chiede già la libera circolazione durante il periodo di Pasqua. Domenica scorsa (Domenica delle Palme), riferisce Nseir alla MISNA, l’organizzazione cattolica ‘Holy land Trust’ ha guidato un gruppo di dimostranti, cristiani e musulmani che, sfidando le forze di sicurezza israeliane, hanno superato per una breve distanza un check-point verso Gerusalemme, cogliendo alla sprovvista i soldati di Tel Aviv, troppo poco numerosi per fermare il gruppo composto da un centinaio di persone. I dimostranti si sono poi fermati, obbedendo alle ingiunzioni delle guardie che nei momenti successivi hanno chiuso totalmente il posto di blocco, procedendo inoltre al fermo di diverse persone. “I cristiani chiedono ai capi delle loro rispettive Chiese di non stare alle regole dei ‘permessi’ imposti dagli israeliani perché, dicono, viola il diritto internazionale” continua Nseir. Da Gerusalemme, Yusef Daher rivolge un messaggio ben più determinato: “Le condanne della comunità internazionale non bastano: servono fatti. Il mondo deve considerare il governo israeliano alla pari di qualsiasi altro governo, che può essere processato, sanzionato per le sue azioni” dice ancora alla MISNA. Dagli Stati Uniti, il Consiglio nazionale delle Chiese (Ncc) ha ufficialmente chiesto a Tel Aviv di “consentire l’accesso ai cristiani palestinesi” desiderosi di recarsi nei luoghi di culto durante la Settimana Santa. “Spero che il governo d’Israele riconoscerà che è inaccettabile per i cristiani vedersi negato il diritto di pregare a Gerusalemme, in particolare di quelli che hanno radici nella regione risalgono sin dai tempi di Cristo” ha scritto il reverendo Michael Kinnamon, segretario generale del Ncc, chiedendo l’immediata apertura dei passaggi dai territori palestinesi. Due capi religiosi ebraici, i rabbini Steve Gutow e David Saperstein, hanno fatto eco all’appello del Ncc.[CC]
http://www.misna.org/news.asp?a=1&IDLingua=2&id=269511

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