Jalbun è un villaggio palestinese di circa 2500 abitanti, situato nel nord della Cisgiordania a non molta distanza da Jenin, e circondato da tre colonie israeliane (Ma’ale Gilboa, Mirav Kibbutz e Malkishua). Un articolo della Caritas di Gerusalemme ripercorre la storia recente di questo piccolo centro agricolo perché simbolica di quanto avviene in molti altri casi simili.
Le tre colonie israeliane - dice la Caritas - occupano le colline attorno Jalbun e le loro acque reflue si riversano a fondovalle rendendo di fatto inutilizzabili i campi o compromettendo i raccolti e la loro buona qualità.
Circondato per tre lati dal muro di separazione costruito da Israele, a causa di una rottura del sistema fognario le strade di Jalbun sono state invase di recente dalle acque reflue delle tre colonie. Ma il peggio avviene sottoterra: “Gli additivi chimici presenti nelle acque - dice il presidente del consiglio comunale di Jalbun, Samir Abu al-Roub - fanno ammalare le nostre piante e l’agricoltura sta diventato un’attività impossibile da praticare”. Inoltre, Israele impedisce ai palestinesi di scavare pozzi ma controlla nel frattempo il 90% delle risorse idriche dell’intera Cisgiordania e a Jalbun l’acqua arriva soltanto su autobotte che la maggior parte delle famiglie a stento può permettersi e che risultano comunque insufficienti. Jalbun è scollegata dal sistema idrico generale, ma anche in quel caso riceverebbe acqua non più di una volta a settimana dice Nader al-Khateeb, direttore generale dell’organizzazione non-governativa per lo sviluppo dell’acqua e dell’ambiente (Wedo). Secondo stime correnti, Israele oltre a controllare i principali bacini della regione, gestisce circa 50 pozzi da dove estrae 50 milioni di metri cubi d’acqua all’anno destinati ai suoi circa 300 mila coloni; ai palestinesi è invece rimasto il controllo di 200 pozzi di superficie da cui si possono estrarre poco più di cento milioni di metri cubi d’acqua all’anno destinati a due milioni e mezzo di palestinesi.[GB]da Misna
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