Guerra di Gaza, gli interrogativi di sette ong israeliane

Il rapporto, sottoscritto da sette organizzazioni, è stato consegnato lunedì 29 giugno alla Commissione Goldstone, un gruppo di indagine che sta investigando sulle accuse di crimini di guerra eventualmente compiuti dalle parti coinvolte nell'Operazione Piombo fuso a Gaza. La commissione ha iniziato i lavori in giugno, sotto la presidenza del giudice Richard Goldstone, un rispettato magistrato sudafricano, esperto di crimini di guerra e di origini ebraiche. Gli autori del rapporto - l'Associazione per i diritti civili in Israele, Gisha, il Comitato pubblico contro la tortura in Israele, il Centro per la difesa dell'individuo (HaMoked), Yesh Din, il Centro legale per i diritti della minoranza araba in Israele (Adalah) e la sezione israeliana di Medici per i diritti umani - ritengono che la missione di ricercare la verità, affidata alla Commissione Goldstone, sia «di fondamentale importanza, in particolare considerato il rifiuto del procuratore generale di Israele di aderire alla richiesta presentata dalle organizzazioni che chiedevano di ordinare un'indagine indipendente, nazionale e imparziale sugli eventi di Gaza».

Il documento delle sette organizzazioni elenca le varie fasi dell'offensiva militare israeliana durante la quali, a parere degli autori, «non si è riusciti a discriminare tra combattenti e civili; si sono danneggiati edifici governativi ad uso civile per raggiungere obiettivi politici; sono stati condotti attacchi alle squadre sanitarie di soccorso; si sono recati danni alle infrastrutture pubbliche; sono state detenute persone in condizioni che violano la legislazione israeliana e internazionale; si è fatto ricorso a punizioni collettive». Gli autori sottolineano che, nella loro veste organizzazioni umanitarie basate in Israele, hanno il compito di riferire su questioni che cadono sotto il controllo e la responsabilità di Israele. Chiedono anche, però, che «venga fatta luce sui sospetti di violazione del diritto bellico da parte di Hamas». Nell'introduzione al rapporto, le organizzazioni umanitarie dichiarano che indagini affidabili, accurate e imparziali sono uno strumento essenziale per la protezione dei diritti umani e per garantire la massima protezione possibile alla popolazione civile in tempo di guerra. Pertanto chiedono al governo di Israele di collaborare con la commissione d'inchiesta. Gli organismi firmatari del rapporto segnalano che gli eventi legati all'Operazione Piombo fuso non possono essere presi in considerazione prescindendo dal blocco, tuttora vigente, imposto alla Striscia di Gaza già due anni prima dell'attacco sferrato a fine dicembre. Esse chiedono quindi alla Commissione Onu di esaminare la politica della chiusura dei valichi di frontiera con la Striscia prima, durante e dopo l'operazione militare. I punti principali del documento sostengono che ancor prima che l'operazione militare iniziasse, la chiusura prolungata imposta da Israele sulla Striscia aveva determinato «una grave crisi umanitaria». Il rapporto soggiunge che le dichiarazioni pubbliche fatte dalla dirigenza militare e politica israeliana e il modo in cui l'offensiva è stata condotta «fanno insorgere il sospetto che Israele abbia adottato una sproporzionata strategia militare d'attacco che mirava essenzialmente a colpire i civili e a causare deliberatamente la distruzione di obiettivi civili con scopi di deterrenza e di punizione collettiva, e non per colpire specifici bersagli militari». Se è questo il caso, aggiunge il rapporto, «una nube pesante di sospetto si addensa sopra la legalità dell'intera operazione». Le organizzazioni aggiungono il fatto che «molte vittime dell'offensiva di Gaza hanno riportato amputazioni e mutilazioni (per un 12-15 per cento del numero totale dei feriti), alcune delle quali provocate da armi di tipo finora sconosciuto». Riportano inoltre che Israele «ha sistematicamente e metodicamente attaccato istituzioni civili, deviando dal principio che proibisce attacchi agli obiettivi civili nel perseguimento di scopi politici: 68 edifici governativi sono stati abbattuti, più di 4 mila le abitazioni totalmente demolite, mentre altre 17 mila circa sono andate parzialmente distrutte, lasciando decine di migliaia di senzatetto. Il rapporto continua osservando che il sistema sanitario di Gaza «è quasi
collassato» e che i palestinesi catturati nella Striscia e incarcerati in Israele sono stati tenuti «in condizioni crudeli, inumane e degradanti, e che i soldati israeliani e il personale incaricato degli interrogatori in alcuni casi hanno fatto ricorso alla violenza». Gli autori segnalano anche che «l'assoluto controllo israeliano sui valichi di Gaza prima e durante l'operazione resta tuttora in vigore e tale chiusura impedisce alla popolazione palestinese del territorio di esercitare il diritto alla libertà di movimento e di importare molti prodotti e materie prime». Concludono infine: «Fino a quando Israele impedirà l'importazione di calcestruzzo, cemento e altri materiali essenziali alla ricostruzione nella Striscia di Gaza, resterà impossibile fare uso dei miliardi di dollari promessi dalla comunità internazionale a tale scopo». Il calendario dei lavori della Commissione Goldstone, che agisce su mandato del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, prevede l'audizione dei testimoni entro fine giugno onde procedere poi con la stesura del rapporto finale in agosto. Gli esiti dell'inchiesta saranno resi pubblici in settembre Frati Cappuccini - Visualizza notizia

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