Parroco di Gaza: la guerra non è finita

"La guerra non è finita, continua con bombardamenti concreti e quotidiani, con i confini che restano chiusi, con i volti dei bambini segnati dalla violenza, con le nostre vite regolate dalle decisioni e dai capricci israeliani": raggiunto dalla MISNA a Gaza, padre Manuel Musallam – unico sacerdote cattolico della Striscia, parroco della chiesa della 'Sacra Famiglia' – parla a un mese esatto dalla fine dell'operazione militare israeliana 'Piombo fuso' che dal 27 dicembre al 17 gennaio ha causato la morte di oltre 1300 persone e il ferimento di altre 5400, in gran parte civili, per almeno un te

rzo donne e bambini. "Gaza è un tappeto di macerie e di tende – dice padre Musallam che nei giorni dell'offensiva fu tra le voci più nitide che riuscirono a spezzare il silenzio su ciò che stava avvenendo – i più fortunati hanno ancora le loro case, altri hanno ricevuto un alloggio provvisorio o hanno trovato ospitalità presso parenti, i meno fortunati vivono in tende spesso accanto alle macerie delle loro abitazioni". La preoccupazione maggiore per padre Musallam è rappresentata però dai bambini: "Le scuole hanno riaperto – aggiunge– ma qualcosa è cambiato; le violenze che hanno visto e subito avranno conseguenze; adesso, come non succedeva prima, vedo sempre più bambini che giocano a farsi guerra, vedo desideri di vendetta, vedo che la violenza potrebbe generare altra violenza". Sulla gravità dell'impatto sociale del conflitto ha parlato anche Samir Skaik, direttore del Pronto soccorso dell'Ospedale Shifa, la maggiore struttura sanitaria di Gaza: "Qui sono ancora ricoverate persone colpite durante i bombardamenti di gennaio anche se la maggior parte dei feriti gravi si trova in centri specializzati all'estero o in altre strutture di Gaza – dice alla MISNA Skaik che durante i giorni di 'Piombo fuso' lavorava 24 ore su 24 insieme ai colleghi per far fronte senza mezzi adeguati alle conseguenze della guerra – ma è l'impatto sociale della guerra di cui riusciamo a valutare la gravità che ci preoccupa. Solo l'ospedale di Shifa ha trattato un centinaio di casi di amputazione e doppia amputazione (dovuti in particolare all'uso di armi non convenzionali chiamati 'Dime', ndr): se aggiungiamo i feriti gravi degli altri ospedali significa che molte famiglie di Gaza, per lo più povere, avranno una persona di cui occuparsi senza averne i mezzi e significa anche reperire sufficienti protesi; significa cure riabilitative e protesi di ricambio perché molti amputati sono bambini; bambini che avrebbero bisogno di sostegno psicologico che nessuno potrà loro fornire e di infrastrutture adeguate che nessuno potrà costruire". E' un quadro a tinte molto fosche quello prospettato dal medico che sottolinea come soltanto dalla prossima settimana il suo ospedale potrà finalmente tornare a funzionare a pieno regime: "Per mancanza di attrezzature e forniture non abbiamo potuto compiere ogni tipo di intervento, ma – si chiede – chi ci garantisce che d'ora in avanti andrà tutto meglio?". Più tardi il ministro della Sanità di Hamas - il movimento che da giugno 2007 governa Gaza dopo che in precedenza aveva vinto le elezioni – diffonderà un appello rivolto ai cittadini della Striscia perché donino sangue di tipo 0, A e B negativo. Più tardi, alcune organizzazioni internazionali forniranno nuove stime sul numero degli sfollati: almeno 100.000 persone senza una casa, 56.000 dei quali minori; molti ospiti da parenti, molti costretti al freddo in tende.[GB]
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