LE FREDDE NOTTI DI GAZA, TRA BOMBARDAMENTI E FINESTRE ROTTE

“È stata una notte terribile, nel vero senso della parola. Dalle 21 di ieri sera alle 4 del mattino di oggi le forze israeliane hanno proceduto a un bombardamento continuo e costante. Le esplosioni erano così tante e così forti, che abbiamo passato la notte svegli. Gli aerei israeliani hanno distrutto ogni cosa che si muoveva. Hanno colpito case e tutti gli edifici più alti, incluse alcune torri qui vicino a casa nostra. Vi assicuro che il rumore era insopportabile”: a parlare con la MISNA, in quello che ormai è diventato un appuntamento quotidiano, è padre Manuel Musallam, parroco della chiesa della Santa Famiglia di Gaza City, contattato telefonicamente nella sua abitazione, dove si trova rinchiuso da sabato, quando sono iniziati i bombardamenti israeliani. “Oggi ho chiamato le famiglie che conosco e che vivono nelle zone maggiormente colpite dai bombardamenti. Erano tutti devastati da una notte insonne e dal terrore dei bambini. I bambini sono quelli che stanno soffrendo maggiormente per questa incursione; sono evidentemente traumatizzati, non fanno che piangere e non si vogliono staccare neanche per un attimo dai genitori” aggiunge il religioso, che racconta anche di come due insegnanti che lavorano nella scuola annessa alla Parrocchia e gestita insieme alle suore sono usciti miracolosamente illesi dalla distruzione delle proprie abitazioni dopo che razzi israeliani le hanno centrate nelle ultime ore. “Ricorderemo questi bombardamenti anche per il freddo. Qui è inverno adesso e il fatto di dover tenere le finestre aperte giorno e notte, per evitare che lo spostamento d’aria delle esplosioni faccia saltare tutti i vetri e le distrugga, rende tutto ancora più difficile, visto che non c’è elettricità, ma scarseggia anche il combustibile per scaldarsi un po’, per non parlare poi di acqua e cibo” dice ancora padre Musallam. Il sacerdote racconta poi come nella vita quotidiana degli abitanti di Gaza in questi ultimi giorni sia entrata di prepotenza una nuova abitudine. “Dopo ogni ondata di bombardamenti, esponenti delle varie famiglie fanno il giro di ospedali e obitori per rintracciare i membri della propria famiglia che non risultano raggiungibili al telefono. Oggi un mio amico medico mi ha raccontato che lui e alcuni suoi cugini sono rimasti per oltre un’ora a fianco di un ragazzo privo di coscienza che si trovava ricoverato all’ospedale con il viso deturpato dalle schegge di vetro e una gamba mozzata da un’esplosione. Erano convinti si trattasse di un loro nipote di cui non riuscivano ad avere notizie e che non avevano trovato tra i cadaveri dell’obitorio. A un certo punto però è arrivata la ‘vera’ famiglia del ferito e così hanno capito che il loro parente era con grande probabilità morto. Sono comunque rimasti a fianco di quel ragazzo e ai suoi familiari ancora un’ora, prima di fare ritorno a casa” racconta Musallam. Mentre prosegue la conversazione telefonica con padre Musallam le televisioni internazionali mostrano le immagini di decine di carri armati israeliani ammassati lungo il confine con Gaza. “Credo – dice il sacerdote interrogato sui possibili sviluppi di un’azione di terra – che se gli israeliani decideranno davvero di condurre anche un’offensiva di terra a Gaza ci sarà solo un grande massacro. Ci saranno molti più morti e molta più distruzione e alla fine Hamas uscirà da tutta questa storia più forte di prima. Quello che sta avvenendo in questi giorni avrà solo una conseguenza: allontanare sempre di più la speranza di arrivare alla pace. Un intervento di terra sarebbe solo un altro calcio alla parola pace”. “Vedete, ultimamente pronunciare la parola pace o riconciliazione è quasi diventato un tabù. Da entrambe le parti chi pronuncia queste parole viene guardato come un traditore. Tutta questa violenza non farà che rendere più difficile pronunciare la parola pace e dare forza, invece, ai falchi che cercano solo la guerra” dice alla MISNA padre Musallam, prima di chiudere la conversazione. [MZ]

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