Halper«Vogliono la guerra, per eliminare Hamas»
“Uno scontro che, alimentando il fanatismo, accentuerà la tensione tra Occidente e mondo islamico, e potrà portare a compimento lo stato di apartheid che la leadership israeliana vuole realizzare per i palestinesi”. Jeff Halper guarda con estrema preoccupazione al braccio di ferro in atto a Gaza tra Israele e Hamas e si chiede come sia possibile che l'Unione Europea non cerchi una mediazione. Analista politico e storico pacifista israeliano, Halper ha risposto alle domande del Manifesto al telefono da GerusalemmeCome sono percepiti dall'opinione pubblica israeliana i bombardamenti su Gaza e i massacri di civili palestinesi?
Dal loro punto di vista tutto ciò è giustificato, perché rientra nella “guerra al terrorismo”. Non hanno alcun contatto col contesto politico, non vedono che l'obiettivo d'Israele è la distruzione della leadership politica di Hamas. Non vedono nemmeno l'occupazione. Questa parola negli ultimi tempi non viene più utilizzata nonostante Israele - dopo il ritiro delle truppe e dei coloni nel 2005 - occupi ancora Gaza, perché ne controlla completamente il territorio e le frontiere. In questo contesto i razzi “Qassam” contro Sderot sembrano missili sparati senza motivo da terroristi contro la popolazione civile. La gente non vede che Hamas è un attore politico che da tempo offre una tregua in cambio della fine dell'assedio alla StrisciaE i “Qassam” contro Sderot? Cosa sta facendo il governo israeliano per proteggere gli abitanti della cittadina?La gente di Sderot è ostaggio di politici irresponsabili che adottano un approccio solo militare. Il lancio di “Qassam” potrebbe finire domani, se si fosse d'accordo nel raggiungere una tregua con Hamas. Ma l'esecutivo presieduto da Olmert sta lavorando in direzione opposta, per distruggere il regime di Hamas. La leadership politico-militare sta insomma utilizzando il panico di Sderot per attaccare Gaza.Quali conseguenze umanitarie dovremmo aspettarci, se si verificasse una massiccia invasione di Gaza da parte dell'esercito?Con la “gaffe” fatta l'altro ieri dal viceministro della difesa Vilnay sulla Shoah contro Gaza, l'ha chiarito lo stesso governo: potranno essere uccisi centinaia, migliaia di civili innocenti. Israele non fa più distinzione tra civili e combattenti. Nei mesi scorsi il governo ha inventato per Gaza l'appellativo di “entità nemica”, categoria che non esiste nel diritto internazionale, proprio per giustificare l'uccisione di centinaia di civili. Olmert da giorni ripete che al sud c'è “una guerra”, ma non dice che si tratta di un conflitto anche contro la popolazione civile palestinese.
Cosa teme Israele da un punto di vista militare, dopo la sconfitta nella guerra dei 34 giorni contro Hezbollah dell'estate 2006?Israele non fa distinzione tra Hamas, al Qaeda, Hezbollah. Da un punto di vista della propaganda questo funziona: diranno che attaccano Gaza, perché lì c'è al Qaeda. Ma Israele deve ristabilire il potere di deterrenza perso dopo l'ultima guerra in Libano. Per questo motivo deve vincere militarmente. È per questo che ritengo inevitabile l'invasione. Se non la mette in atto, la sua immagine subirà un crollo agli occhi sia degli Stati Uniti sia del mondo islamico. L'attacco dovrà concludersi con l'eliminazione dell'intera leadership di Hamas e la consegna del potere nelle mani dell'Anp di Abu Mazen o - ipotesi molto meno probabile - una rioccupazione della Striscia.
Quali le conseguenze sulla politica di entrambi i campi?La cosa incredibile è, anzitutto, che né l'Europa né gli Stati Uniti stanno muovendo un dito di fronte a questo dramma. Israele può fare quindi qualsiasi cosa. Le conseguenze per Israele potranno essere solo positive: il premier Olmert diventerà popolare, perché potrà riuscire a fermare il lancio di “Qassam” contro Sderot. E i palestinesi resteranno prigionieri di uno stato di apartheid. Una volta che Hamas sarà distrutta, la Comunità internazionale, con l'aiuto di Abu Mazen che di fatto sta collaborando con Israele, sarà in grado d'imporre ai palestinesi uno stato “bantustan” composto da Gaza e tre, quattro cantoni in Cisgiordania, senza continuità territoriale.
Quali le conseguenze sulla politica di entrambi i campi?La cosa incredibile è, anzitutto, che né l'Europa né gli Stati Uniti stanno muovendo un dito di fronte a questo dramma. Israele può fare quindi qualsiasi cosa. Le conseguenze per Israele potranno essere solo positive: il premier Olmert diventerà popolare, perché potrà riuscire a fermare il lancio di “Qassam” contro Sderot. E i palestinesi resteranno prigionieri di uno stato di apartheid. Una volta che Hamas sarà distrutta, la Comunità internazionale, con l'aiuto di Abu Mazen che di fatto sta collaborando con Israele, sarà in grado d'imporre ai palestinesi uno stato “bantustan” composto da Gaza e tre, quattro cantoni in Cisgiordania, senza continuità territoriale.
Ma Hamas ufficialmente offre una tregua, mentre Israele teme la perdita di molti soldati a Gaza. Perché non si fermano?Lo spazio di manovra politica per fermarli c'è. Il problema è che la Comunità internazionale sta dando a Israele mano libera. L'Europa non obietta nulla agli Usa, è passiva. Il conflitto può ancora essere risolto, perché finora viene inteso ancora come uno scontro politico, ma se Israele invaderà Gaza e ucciderà la leadership di Hamas e centinaia di persone, la guerra verrà spostata su un piano teologico, tra occidente e islam, che potrà destabilizzare l'intero Medio Oriente. Di fronte a questa orribile prospettiva che stanno facendo l'Europa e la Comunità internazionale?
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