I recenti sviluppi nel processo di pace in Afghanistan, in particolare l’annuncio di colloqui tra il Governo e i Talebani, sono stati ben accolti in questo violento conflitto di lunga durata.
Il Governo afgano e la comunità internazionale sono entrambi desiderosi di cambiare l’attuale situazione e avviare colloqui che portino a dei risultati concreti con i Talebani. Tuttavia, se si vuole raggiungere e mantenere la pace, vanno affrontate le preoccupazioni riguardanti la parità dei diritti delle donne e il rafforzamento del loro ruolo nella società afgana. L’inclusione delle donne nei negoziati di pace è uno
dei dibattiti chiave degli ultimi anni. Nell’ultimo decennio sono stati
compiuti progressi significativi, sia per quanto riguarda la posizione
delle donne all’interno della società, ma anche in modo più specifico
sul ruolo che hanno svolto nel processo di pace. Nonostante questi
progressi, c’è ancora molta strada da fare. Come sottolinea un articolo pubblicato recentemente da Conciliation Resources sulle possibilità di pace in Afghanistan, ci sono sia opportunità che sfide per includere le donne in questo processo.
L’emergere di nuovi attori regionali nei colloqui di
pace, così come le diverse discussioni sui negoziati che si svolgono in
più sedi con una scarsa connessione tra loro, stanno portando a confusione. Questa complicazione rende difficile per le donne inserirsi nel processo
e occupare uno spazio influente al tavolo. Ma affinché la pace stessa
possa essere raggiunta, qualsiasi negoziato di pace deve porre le donne
al centro.
Sediqa
Balkhi, membro dell’Alto Consiglio di pace afgano,
parla durante una
Conferenza per la pace a Jalalabad, provincia di Nangarhar
Nel frattempo, coloro che sono alla guida di questo processo, hanno chiaramente riconosciuto l’importanza della partecipazione delle donne. Il presidente Ashraf Ghani ha recentemente nominato un team composto da tre donne e nove uomini
per condurre i colloqui con i Talebani. La presenza femminile in questa
squadra di negoziatori è un segnale molto positivo. Inoltre, una
dichiarazione del presidente, secondo cui “i diritti e i doveri costituzionali di tutti i cittadini, soprattutto delle donne, dovrebbero essere garantiti“, fornisce ulteriori rassicurazioni. Tuttavia, questo ottimismo deve essere attenuato dalla necessità di garantire che le donne non siano solo presenti, ma che svolgano un ruolo significativo nel processo. Non è sufficiente avere una rappresentanza femminile simbolica nei negoziati.
Al contrario, attraverso una posizione e una strategia trasparenti nei
negoziati, dobbiamo assicurarci che le discussioni in atto riconoscano
formalmente le donne come parti ugualidel processo. Inoltre, nella futura società afgana, non deve esserci spazio per un compromesso sugli interessi e i diritti delle cittadine.
La capacità e l’esperienza del team che si occupa dei negoziati è generalmente oggetto di critiche da parte degli esperti. La maggior parte della squadra, compresi i rappresentanti donne, detiene già posizioni chiave nel Governo e quindi ha una capacità limitata di concentrarsi sui negoziati
e sulla creazione di strategie per raggiungere la pace a lungo termine
nel Paese. La necessità di una squadra impegnata ed esperta, che detenga
le risorse, le competenze e l’autorità per prendere decisioni, rimane
se la pace deve essere una priorità. Un quadro chiaro
L’assenza di una struttura o strategia chiara dei negoziati è uno dei principali fattori che hanno impedito alle donne di inserirsi efficacemente nel processo. Questa mancanza di struttura solleva ulteriori domande senza risposta
riguardo ai termini dei negoziati e ai risultati attesi, lasciando poco
chiaro il ruolo e l’influenza delle rappresentanti femminili.
Durante i miei scambi con loro, molte leader hanno espresso preoccupazione.
Senza un quadro chiaro, è difficile per le donne orientarsi attraverso
le strutture e i processi complessi e quindi garantire loro che siano in
grado di partecipare in modo significativo ed esercitare una qualche
influenza.
Nel garantire che le donne siano incluse in modo sostenibile ed efficace nel processo di pace, la partecipazione ai negoziati formali è essenziale. Tuttavia, riconoscere e prestare attenzione al ruolo che svolgono negli sforzi informali e semi-formali di mediazione, è forse ancora più importante.
Negli ultimi 17 anni le donne in Afghanistan sono state parte
integrante di più ampi sforzi di pace, contribuendo in modo
significativo alla costruzione di stabilità all’interno della società.
Vi sono numerosi esempi di casi in cui hanno preso parte alla mediazione a livello di comunità, o di casi in cui hanno avuto un posto formale nei pericolosi processi di negoziazione
con gruppi armati e altri. Hanno anche contribuito a mediare tra le
varie parti che avevano interesse nel conflitto per raggiungere un
consenso verso la pace. Nonostante questi sforzi e risultati, il loro ruolo cruciale spesso non è stato riconosciuto e finora non sono state di fatto incluse nei negoziati formali.
Parte del problema deriva dal fatto che lo stesso Governo non viene riconosciuto dai Talebani come parte diretta nei negoziati. A metà dicembre, l’incontro “a quattro”
(come definito dallo stesso Governo) tra Talebani, Governo afgano, USA e
Arabia Saudita, in cui i Talebani hanno rifiutato ogni impegno diretto
con i rappresentanti afghani, evidenzia le sfide più ampie che l’esecutivo deve affrontare.
Sebbene le donne si siano organizzate contribuendo in molti diversi modi, la mancanza di un quadro preciso, efficiente e inclusivo per il dialogo con i Talebani
presenta sfide continue. Un quadro chiaro, influenzato dagli sforzi e
dai processi che si svolgono a tutti i livelli per rafforzare la
posizione delle donne, consentirebbe a coloro che lavorano per il
cambiamento di contribuire a negoziare condizioni e influenzare il
processo. Ciò garantirebbe un’inclusione adeguata delle donne e di altri gruppi esclusi o vulnerabili.
HERAT,
6 agosto 2016. Attivisti per la pace mobilitano centinaia di donne per
parlare del loro fondamentale ruolo nella costruzione della pace. Foto UNAMA / Fraidoon PoyaSupporto per una pace duratura
Il Governo afgano e la comunità internazionale hanno la responsabilità di continuare a dimostrare il loro interesse nel garantire che le donne siano incluse nel processo di pace.
È necessario impegnarsi a fornire supporto tecnico, politico e
finanziario, nonché i collegamenti tra le donne che operano a diversi
livelli, in modo da poter organizzare ulteriormente i loro sforzi per
esercitare un impatto e un’influenza maggiori.
Oltre a un’opportunità per la pace, questa è un’occasione per dimostrare che le donne verranno trattate come uguali in qualsiasi futura società afgana emergerà.
Il Governo ha l’opportunità di utilizzare il sostegno pubblico verso la
pace e l’inclusione come forza in questa nuova ondata di sforzi di
pace. Senza questo, e senza l’inclusione significativa e concreta delle
donne e di altri gruppi esclusi – sia nel raggiungere un accordo di pace
che nella sua successiva attuazione – potremmo assistere ad un compromesso sui diritti delle donne e della società afgana in generale. In sostanza, annullare i progressi compiuti nell’ambito dei diritti conquistati dalle donne potrebbe rappresentare uno dei maggiori ostacoli al raggiungimento di una pace duratura in Afghanistan e nella regione.
Gideon Levy https://archive.is/wNlLd Quanti ebrei ci sono nel mondo? Chi li conta e come? Perché è così importante? Il giornalista Or Kashti in un articolo su Haaretz del 25 gennaio ha riferito che Israele inizierà a fare i propri calcoli sul numero di ebrei nel mondo dopo anni di affidamento sulle valutazioni del professor Sergio Della Pergola. L'ossessione ebraica di Israele colpisce ancora: Un censimento per gli ebrei, il cui significato nascosto è: Chi è con noi? Gli ebrei ci appartengono. Ora non resta che decidere chi sia "abbastanza ebreo" e cosa sia il "giudaismo allargato". Israele è convinto di dover sapere quante persone nel mondo sono ebrei. La logica sionista dice che questa è la riserva di una possibile immigrazione in Israele e il potenziale per un cieco sostegno allo "Stato Ebraico". Più ebrei ci sono, meglio è per Israele. Più nuovi immigrati ci sono in Israele, e meglio è per Israele. Ma è ora di farla finita con questi luoghi comuni....
CORRIERE della SERA di oggi, 04/01/2011, a pag. 34 Da qualche tempo Israele accoglie a braccia aperte alcuni personaggi piuttosto strani. Il populista olandese Geert Wilders è un assiduo frequentatore, sempre pronto ad annunciare a platee entusiaste che Israele è in prima linea nella lotta dell’Occidente contro l’Islam. A dicembre una delegazione di politici europei di estrema destra ha visitato gli insediamenti ebraici nei territori occupati della Cisgiordania, e la loro dichiarazione che queste zone sono anch’esse «terra di Israele» ha riscosso unanime compiacimento. Alcuni tra questi «amici di Israele» rappresentano partiti politici, la cui base popolare — per dirla con una certa diplomazia — non è tradizionalmente nota per i sentimenti di fratellanza verso gli ebrei. Heinz-Christian Strache, per esempio, è a capo del Partito della libertà, in Austria, che fece il suo esordio, sotto la guida del defunto Jörg Haider, cercando attivamente consensi p...
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SINTESI(punti essenziali) Il 29 ottobre 1956, dopo le 5 P.M., parecchi residenti di Kafr Qasim stavano tornando a casa dal lavoro, ignari che fosse stato decretato il coprifuoco per l'inizio della guerra del Sinai . I soldati li fecero allineare e cominciarono a sparare : 47 (compresi donne e bambini) arabi israeliani furono uccisi.Un piano ,in realtà, "di emergenza "per espellere gli arabi in Giordania. La risonanza in Israele di questa tragedia determinò la consapevolezza che fosse lecito rifiutare disobbedire agli ordini di un superiore ,se questo presupponeva l'uccisione di civili ,Tuttavia l' IDF non sta facendo abbastanza per consolidare nei militari l'obbligo di rifiutare ordini illegali : migliaia di palestinesi innocenti sono stati uccisi a Gaza e in Cisgiordania ,così come alcuni dimostranti arabi , cittadini di Israele che, ancora oggi non godono gli stessi diritti dei cittadini ebrei, anzi Israele insiste nella formula "stato ebraico e ...
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