L'esercito israeliano ha chiuso una stazione radio
palestinese a Dura, sud di Hebron in Cisgiordania, arrestando 5 persone
tra cui il direttore dell’emittente. L’esercito, che ha compiuto
l’azione la notte scorsa, ha anche confiscato equipaggiamenti tecnici e
trasmettitori. Le autorità israeliane hanno anche emesso un ordine di
chiusura di tre mesi. L’operazione, ha spiegato un portavoce
dell’esercito, è stata motivata dalle dalle attività di “incitamento
alla violenza” da parte dell’emittente. Il fatto - ha sottolineato l'agenzia palestinese Maan - è avvenuto a
pochi giorni dalla denuncia dell'ong palestinese sulla libertà di
stampa, Mada, secondo cui le violazioni israeliane contro i media nei
"Territori Occupati palestinesi sono aumentate del 17% nel corso della
prima parte del 2016". I casi totali sono scesi del 12%, da 224 casi nei
primi sei mesi del 2015 a 198 nei primi sei mesi del 2016, ma è
aumentato il tasso di violazioni compiute dalle autorità israeliane, 133
in tutto. Secondo testimoni, i soldati hanno distrutto l’interno degli uffici e
portato via l’equipaggiamento per le trasmissioni. Tra i detenuti c’è
il direttore della stazione radio, Ahmad al-Darawish e quattro impiegati
(Mohammed al-Sus, Nidal Amro, Muntaser Nassar e Hamed al-Nammura):
prima di essere condotti in carcere, i soldati hanno perquisito le loro
case.
Un caso che si aggiunge alle numerose violazioni nei confronti della
stampa palestinese. A marzo lo Shin Bet, i servizi segreti interni
israeliani, avevano chiuso la stazione tv della Jihad Islamica in
Cisgiordania, Falastin al-Youm, con l’accusa di “fare appello” a
attacchi terroristici contro Israele e i suoi cittadini”. Inoltre sono
23 i giornalisti arrestati nel corso del 2016: tra loro anche Omar
Nazzal, reporter di Falastin al-Youm condannato all’inizio di maggio a
quattro mesi di detenzione amministrativa che avrebbe dovuto essere
rilasciato il 22 agosto, una settimana fa, ma poco prima la corte
militare ha prolungato l’ordine di detenzione amministrativa di altri
tre mesi.
In aumento da parte delle autorità israeliane anche i casi di arresti
di utenti palestinesi per l’utilizzo dei social network, con una
generica accusa che è quella di istigazione alla violenza: molti giovani
palestinesi sono stati fermati e detenuti per aver pubblicato post,
video o foto online.
Haggai Matar, 1 Settembre 2016 L’esercito israeliano spegne la stazione “A-Sanabel”
installata a Dura, sostenendo, senza nemmeno fornire alcuna prova, che
incita contro gli israeliani. Così è la vita sotto un regime militare.
L’esercito israeliano, nelle prime ore di Mercoledì mattina, ha
chiuso la stazione radio palestinese A-Sanabel arrestando cinque dei
dipendenti e confiscando le attrezzature. Secondo il portavoce
dell’IDF, la stazione è stata chiusa “a causa di trasmissioni che
incitano.” Tuttavia, il portavoce IDF non è stato in grado di fornire
esempi o statistiche su quali incitamenti.
Secondo il sito di notizie israeliano Ynet, A-Sanabel ha apertamente
supportato “danneggiare gli israeliani”, ha elogiato gli attacchi
violenti, sostenute le campagne per la ricostruzione delle case demolite
di aggressori palestinesi e “promosso la partecipazione a marce di
resistenza”.
Cioè, le ragioni fornite da “fonti militari “- senza entrare nei
dettagli – includono uno strano mix di incitamento alla violenza e
appelli ad azioni del tutto legittime.
Non avevo mai sentito parlare di A-Sanabel prima. Non ho idea di che
tipo di contenuti trasmettessero. Avrebbero potuto benissimo fare
appelli per l’uccisione di ebrei. Forse. Ma è anche possibile che
mandassero in onda notizie e mostrassero la quotidianità, che
impiegassero giornalisti per riferire su casi di corruzione locale o
per promuovere azioni positive nonviolente, come
contestare l’occupazione o riparare il danno provocato dalle punizioni
collettive dell’esercito.
Il punto è che non possiamo avere informazioni, dal momento che
l’esercito non sente il dovere di fornire dettagli al di là di una
dichiarazione generica sulle “trasmissioni che incitano.” L’esercito non
sente la necessità di dare spiegazioni delle sue azioni inerenti
la stazione radio, i giornalisti che hanno perso il posto di lavoro, o
gli ascoltatori.
Lo scorso novembre, quando lo Shin Bet e la polizia chiusero due
giornali appartenenti al Movimento Islamico in Israele (le redazioni non
sono mai state accusate di partecipare in incitamento, basta chiedere
al capo dell’Ufficio Stampa del Governo Nitzan Chen), l’Unione dei
giornalisti israeliana inviò un suo portavoce dal Primo
Ministro Benjamin Netanyahu e dal ministro delle comunicazioni,
denunciando la chiusura. Secondo il sindacato, anche se le redazioni del
movimento islamico avessero fatto pubblicare un certo testo con incluso
l’incitamento, “il modo di affrontare il problema deve
essere attraverso un procedimento penale nei confronti degli istigatori –
non attraverso la chiusura di un mezzo di informazione
licenziando molti giornalisti che non hanno fatto nulla di male,
mettendo a tacere una voce della società.”
Lo stesso vale per i giornalisti a Dura. Non è ragionevole che
l’esercito può semplicemente chiudere una stazione radio senza spiegare
perché. È illogico che se due, tre o cinque giornalisti incitato, tutti
i lavoratori devono pagarne il prezzo. Non si può accettare il fatto
che le parole “le trasmissioni incitano” sostituiscano i procedimenti
giudiziari, durante i quali l’emittente ha l’opportunità di
difendersi prima che siano prese decisioni così drastiche.
Ma questa è la vita sotto un regime militare.
Omar
Nazzal, un giornalista indipendente con sede a Ramallah e membro del
consiglio di amministrazione del Sindacato dei giornalisti palestinesi, è
stato arrestato prima di attraversare Ponte di Allenby in Giordania.
Ricordiamo che nel corso dell’ultimo anno, l’IDF nello stesso modo ha
chiuso diverse stazioni radio e televisive in Cisgiordania, e che
cinque giornalisti palestinesi sono attualmente in detenzione
amministrativa, tra cui Omar Nazzal, che è stato arrestato mentre si
recava a una conferenza internazionale di giornalismo nel mese di
aprile.
L’Alta Corte israeliana ha recentemente accolto la richiesta del
esercito di estendere la detenzione di Nazzal di ulteriori tre mesi.
trad. Invictapalestina.org
fonte: http://972mag.com/idf-shuts-down-palestinian-radio-station-but-wont-explain-why/121678/
Haggai Matar è un giornalista israeliano e attivista politico. Ha scritto per Ha’aretz e Ma’ariv.
CORRIERE della SERA di oggi, 04/01/2011, a pag. 34 Da qualche tempo Israele accoglie a braccia aperte alcuni personaggi piuttosto strani. Il populista olandese Geert Wilders è un assiduo frequentatore, sempre pronto ad annunciare a platee entusiaste che Israele è in prima linea nella lotta dell’Occidente contro l’Islam. A dicembre una delegazione di politici europei di estrema destra ha visitato gli insediamenti ebraici nei territori occupati della Cisgiordania, e la loro dichiarazione che queste zone sono anch’esse «terra di Israele» ha riscosso unanime compiacimento. Alcuni tra questi «amici di Israele» rappresentano partiti politici, la cui base popolare — per dirla con una certa diplomazia — non è tradizionalmente nota per i sentimenti di fratellanza verso gli ebrei. Heinz-Christian Strache, per esempio, è a capo del Partito della libertà, in Austria, che fece il suo esordio, sotto la guida del defunto Jörg Haider, cercando attivamente consensi p...
S By Nir Hasson | Feb. 21, 2014 | 2:10 AM | 27 Somewhat more than 1,000 people are friends on the Hebrew-language Facebook page Nikmat Hayeudim (“Revenge of the Jews”). They receive daily photo updates on attacks against Palestinian property and people and on leftists. “What a picture, a real pleasure,” one of them wrote under a photo showing a person severely beaten around the head, blood running down his face, lying on a hospital bed. “That’s what should be done to all the Arabs,” another post added, ****continuing with a coarse stream of invective including cursing Mohammad**** Another Facebook page, called “We’re all for death to terrorists,” has more than 60,000 followers. Next to a photo at a demonstration at the West Bank village of Nabi Saleh is the capt...
Moni Ovadia (Pagina Ufficiale) 52 min · La mia partecipazione alla trasmissione "L'erba dei vicini", ha attirato molte critiche feroci e insulti spietati da parte di chi, credendo di possedere la verità, ha deciso che io non sono degno di essere ebreo poiché non condivido la politica governativa di Israele nei confronti dei palestinesi. Non è questa la sede per esprimere le mie posizioni - peraltro note- ma per esprimere una riflessione sì: ciò che mi addolora e sconcerta quando mi lanciano maledizioni e minacce, mi augurano la morte, o si rammaricano che i miei genitori non siano morti nei Campi così non sarei nato, è che se un ebreo vuole che un altro ebreo, solo perché non la pensa come lui venga sterminato, allora la Shoah trova un osceno senso finale e i nazisti la loro piena legittimazione Commento personale : breeve riflessione Quando Moni Ovadia parla di " apartheid ", si riferisce specificamente a quelle aree cisgiordane, sotto...
C’era una volta una città polacca di nome Bialystok , in cui vivevano centomila persone, di cui sessantamila ebrei. La vita ebraica fioriva ed essi erano orgogliosi di appartenervi.continua qui Memoria 13 - Quelle parole che tornano in vita
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