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Nonostante gli sforzi internazionali per costruire infrastrutture vitali, militari e coloni israeliani allontanano a forza i palestinesi da un villaggio della West Bank.

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Nonostante gli sforzi internazionali per costruire infrastrutture vitali, militari e coloni israeliani allontanano a forza i palestinesi da un villaggio della West Bank.   di Esther Kwan Il calore e la polvere del clima desertico grava su chi che se ne va a giro nei sobborghi di Akraba, una cittadina palestinese nel nord della West Bank. Pochi segni di vita possono individuarsi in mezzo al terreno roccioso. Mohammad – un abitante da lunga data del territorio e nostra guida locale – punta su di una macchia di verde nel paesaggio arido del deserto. Abbiamo proceduto attraverso la valle fino a che il pieno stupore di rigogliosi alberi di melograno e di limone ci invita ad Abo Dawa. Ci si sarebbe potuti non accorgere facilmente di questa oasi verde, se non fosse per i pannelli solari in evidenza che sono appollaiati con aria di sfida sul versante della valle. L’anacronismo non avrebbe potuto essere più netto: le celle voltaiche del 21° secolo che cercano di raccog

La crisi in Siria: nella sacra Maaloula, dove parlano la lingua di Cristo, la guerra spinge i vicini al tradimento

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  Di Robert Fisk 28 settembre 2013 La famiglia Diab non può più tornare a Maaloula. Non da quando i Cristiani di questa bella città sacra hanno visto i loro vicini musulmani  condurre  nelle loro case gli Islamisti armati  del  Fronte  armato Nusra. Georgios ricorda come aveva sbirciato dal suo balcone e aveva visto Mohame Diab e  Ossama Diab e Yasser Diab e Hossam Diab e Khaled Turkik Qutaiman – tutti di Maaloulaa – camminare per strada con uomini che diceva fossero vestiti con abiti afgano-pakistani. “Uno di loro aveva un fucile Kalashnikov in una mano e una spada in un’altra,” dice scuotendo la testa incredulo. Venti anni fa tragedie analoghe distruggevano i villaggi della Bosnia e ora vengono  ripetute  in Siria. “Conoscevamo da una vita i nostri vicini musulmani,” dice Georgios. E’ cattolico.”Sì, sapevamo che la famiglia Diab era molto estremista, ma pensavamo che non ci avrebbe mai tradito. Mangiavamo con loro. Siamo un solo popolo.” “Alcuni membri dell

Moni Ovadia: I posseduti di Berlusconi e la lingua dell’assurdo

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I posseduti di Berlusconi e la lingua dell’assurdo La democrazia, si sa, è in generale un sistema particolarmente fragile e decisamente precario. In passato, e non solo in passato, i suoi nemici si sono serviti delle sue prerogative per rovesciarla o comunque per cortocircuitarne il funzionamento. I pilastri edificati dalla Costituzione su cui si regge, le libere elezioni garanti della sovranità popolare, le caratteristiche del voto, libero, uguale e segreto, l’indipendenza e l’autonomia degli ordini, l’esistenza degli organi di controllo e tutta la serie di equilibri e contrappesi che gli americani definiscono checks and balances , configurano le condizioni necessarie per il funzionamento della democrazia, ma non quelle sufficienti. Requisito fondamentale per il livello minimo di corretto funzionamento di un regime democratico, può essere solo l’esistenza di una cultura e di una consapevolezza

Moni Ovadia : Rom e sinti, basta con le deportazioni

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    Rom e sinti, basta con le deportazioni 21 settembre 2013 I paesi che si definiscono democratici, ogni giorno della loro esistenza conoscono, tollerano, accettano e persino favoriscono violazioni delle leggi, abusi del diritto, attentati ai loro ai principi fondamentali sotto lo sguardo benevolo e spesso con la complicità delle loro istituzioni nazionali e locali. Molti cittadini non danno alcun peso a questo scempio soprattutto se le ingiustizie, anche se ignobili, non li riguardano direttamente. Costoro non pongono domande cogenti alle istituzioni per chiedere ragione delle patenti trasgressioni della legalità che umilia e offende il loro Paese. Anzi, talora, «bravi» cittadini chiedono che le istituzioni violino le leggi per servire loro interessi o privilegi particolari. Lo status di cittadino di una nazione democratica, c

Moni Ovadia : La civiltà del confronto

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La civiltà del confronto 28 settembre 2013 Il 12 giugno del 2011, ebbi il grande piacere di recensire su «Il Sole 24 Ore», il libro del Professor Piergiorgio Odifreddi Caro Papa, ti scrivo . Queste, fra le altre, erano alcune frasi della mia riflessione: «Ho avuto il piacere di presentarlo ai lettori di Milano e ho accettato con entusiasmo di scriverne, anche se sono sprovvisto di competenze tecniche, al fine di dare il mio piccolo contributo nel contrastare i pregiudizi e i luoghi comuni con cui si cerca di liquidare il professor Odifreddi che è invece personalità di grande rilievo – portatore di una Weltanschauung atea di cui il nostro sinistrato Paese ha grande bisogno per confrontarsi con le proprie mediocri routine – soprattutto, in una scialba epoca come questa, di opinionisti, tuttologi, sproloquiatori, chierici d’assalto e mutanti bicefali come gli atei devoti, che sembrano usciti da qualche b

Il disgelo tra Washington e Teheran avvicina Israele e gli Stati del Golfo

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 Sintesi personale Il  Segretario di Stato John Kerry si è incontrato  all'ONU  con il suo omologo iraniano Javad Zarif  e un diplomatico saudita si è rivolto  al suo omologo israeliano  chiedendo :  " Che cosa sta succedendo qui ?  " Che cosa ne pensa di tutto questo? " Durante la scorsa settimana  conversazioni simili hanno avuto luogo tra importanti  diplomatici e funzionari degli Emirati Arabi  , dell'Arabia Saudita , della  Giordania e di  altri stati sunniti  del Golfo  . Un funzionario israeliano ,che ha chiesto l'anonimato, ha riferito che c'era un messaggio comune e un comune senso di ansia: " Tutti i governi degli  stati sunniti moderati , soprattutto nel Golfo , sono molto preoccupati per il disgelo nelle relazioni tra gli Stati Uniti e l'Iran . Hanno paura che l'accordo americano - iraniano arriverà a loro spese." Questi Stati hanno un interesse comune con Israele: fermare il nucleare iraniano . L'ambascia

Israele -Palestina : una settimana in foto - 20-27 settembre

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  Un poliziotto  sotto copertura  e un altro  arrestano un giovane palestinese durante gli scontri a Gerusalemme Est  il 27 settembre. Gli scontri sono scoppiati in diverse località dopo che la polizia israeliana ha limitato  gli accessi alla preghiera del Venerdì nella moschea di Al Aqsa. (Foto: Oren Ziv / Activestills.org)   Giovani palestinesi lanciano  pietre durante gli scontri in vicinanza di Gerusalemme Est   del 27 settembre. (Foto: Oren Ziv / Activestills.org)   Palestinesi pregano fuori della Lions Gate della Città Vecchia di Gerusalemme, il 27 settembre 2013. La polizia israeliana ha impedito ai fedeli  palestinesi  al di sotto dei  50 anni l'ingresso al  Al-Aqsa così palestinesi hanno pregato in luoghi diversi. (Foto: Oren Ziv / Activestills.org)   Poliziotti israeliani arrestano un palestinese dopo che  gli hanno sparato con una pistola Taser in vicinanza di Gerusalemme est  Gli scontri sono scoppiati a Porta di Damasco  dopo

Usa-Iran, prove di distensione di Fulvio Scaglione (video)

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Non  si  prevede alcuna sanzione automatica in caso di non osservanza, da parte del regime di Assad, della richiesta di consegnare tutte le armi chimiche. Se Assad farà il furbo, la "pratica" tornerà al Consiglio di Sicurezza che dovrà decidere che fare, con la possibilità di arrivare anche all'intervento armato. Nulla quindi è garantito, tutto è ancora da fare. Ma l'accordo sulla Siria raggiunto dai 15 Paesi del Consiglio di Sicurezza dell'Onu (tra cui i 5 membri permanenti, cioè Usa, Russia, Gran Bretagna, Cina e Francia) è di gran lunga l'atto migliore e più importante siglato dalla diplomazia internazionale in due anni e mezzo di massacro in Siria. Questo da un lato dimostra in quali condizioni sia la diplomazia internazionale, e quanto profonde siano le divisioni all'interno del Consiglio. Dall'altro, però, rivela a quale velocità stiano cambiando, pare in meglio, i rapporti tra gli Usa e l'Iran.