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il Kippah delle donne palestinesi

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Da circa 40 anni donne palestinesi producono kippah per gli ebrei israeliani Palestinian women knit Jewish skullcaps Jewish skullcaps - 'Made in Palestine' - Haaretz - Israel News REPUBBLICA di oggi, 28/08/2009, a pag. 49, l'articolo di Fabio Scuto dal titolo " Il copricapo degli ebrei made in Palestina ". " Le donne di Deir Abu Meshal non provano nessun imbarazzo a produrre dei copricapo destinati a coloro che occupano la Cisgiordania o ai settler estremisti delle vicine colonie. «Gli affari sono affari, Mister», dice secca la signora Barghouti. «Senza questo business, la gente qui sarebbe davvero povera» ". Il buon senso delle sarte arabe supera per intelligenza la stupidità della domanda dell'intervistatore.Il capo d´abbigliamento più diffuso tra gli ebrei in tutto il mondo è la kippah. Un copricapo a forma di papalina che gli uomini ebrei indossano nelle occasioni pubbliche e rituali e obbligatoriamente nella sinagoga: è il modo con cui

Giorgio Cevoli, il finanziere coraggioso che combatteva con il cuore

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Ricorre oggi il novantesimo anniversario della nascita di Giorgio Cevoli, nato a Napoli il 18 agosto 1919. Il nome è senz’altro sconosciuto ai più, ma gli è stata conferita la medaglia di “giusto tra le nazioni” per le vite che riuscì a salvare dopo l’8 settembre 1943. Giorgio Cevoli, il finanziere coraggioso che combatteva con il cuore

Iraq: il dramma dei Mujaheddin iraniani

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Il governo iracheno filo iraniano non protegge più i dissidenti iraniani in Iraq. Ne pagano le conseguenze i 35mila mujaheddin - considerati terroristi dagli Usa ma non dall'Ue - a suo tempo protetti da Saddam Hussein. Trentacinquemila iraniani racchiusi in un campo di 36 Kmq in Iraq stanno scrivendo un capitolo della storia del conflitto tra l’islamica Teheran e la laica Baghdad, nell’indifferenza della comunità internazionale. Quel campo rappresenta da sempre un termometro di quanto avviene in Iran, anche in questa lunga, strisciante, duramente repressa rivolta che non si placa. Iraq: il dramma dei Mujaheddin iraniani

Conferenza sul Medio Oriente in Svizzera, presente anche Hamas

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Un responsabile di Hamas ha ammesso che alcuni esponenti del movimento hanno preso parte alla conferenza sul processo di pace in Medio Oriente “Breaking the Deadlock” , tenuta a Caux, in Svizzera, dal 31 luglio al 4 agosto scorsi.All’incontro, organizzato sotto l’egida della svizzera Initiatives of Change e della fondazione britannica Next Century , hanno preso parte anche dei responsabili israeliani, decine di diplomatici e politici europei e il segretario generale della fondazione, William Morris.L’Autorità palestinese (Anp) era rappresentata da quattro esponenti: Abdallah Abdallah, presidente della commissione politica del consiglio esecutivo, Ziyad Abu Ziyad, ex ministro palestinese per le questioni di Gerusalemme, Mai Assaraf, consigliera di Yasser Arafat, e un responsabile delle comunicazioni della tv palestinese che ha chiesto di mantenere l’anonimato.Per la parte israeliana c’erano l’ex ministro dei trasporti, Ephraim Sneh, e l’ex negoziatore del vertice Camp David 2, Jilead

Israele e Svezia: il teatro svedese di Netanyahu e la realtà dell'occupazione

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The photos and report were published in 1992 Sweden, without getting much attention. They were included as one of many items in an 2001 book on the situation in the Occupied Territories, to whose publication the Government of Sweden apparently contributed though it was unlikely to have closely and minutely supervised its contents. Again, not many people noticed or paid attention. And now it has surfaced again and became - seventeen years after the fact - the center of a raging storm.Why resurrect this affair at exactly this time? Possibly because the mass killing of civilians in the recent Gaza war, which is an undoubted fact, has made also implausible Israeli atrocities seem plausible. But even so, a newspaper should have carefully checked its facts, and any doctor could have told them that this particular accusation could not be true. There had been a month ago an ugly case of illicit trade in organs for transplantation, in which the American citizens implicated happened to be Jewish

Striscia di Gaza: uccisi 5 palestinesi in situazioni diverse

1Gaza, 24 agosto - Stando a fonti mediche palestinesi i soldati israeliani hanno ucciso un agricoltore palestinese nella striscia di Gaza. L'uomo si sarebbe avvicinato troppo alla barriera di separazione fra il territorio palestinese e quello israeliano e i militari hanno aperto il fuoco. Striscia di Gaza: ucciso un palestinese 2 E' di almeno quattro palestinesi uccisi, altri nove feriti e sei ancora dispersi il bilancio dell'incursione di aerei militari israeliani avvenuta oggi sul settore sud della Striscia di Gaza, dove e' stato bombardato il circondario di Rafah, a ridosso del confine con l'Egitto: lo hanno riferito fonti mediche locali, secondo cui sono tuttora in corso le ricerche delle sei persone mancanti all'appello, che si teme siano rimaste intrappolate all'interno di un tunnel sotterraneo, fatto crollare dalle bombe. In Israele una portavoce dell'Esercito ha confermato il raid, precisando che si e' tr

Leibowitz e lo Stato di Israele

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http://www.ebraismoedintorni.it/chi-e-ebreo-la-risposta-di-yeshayahu-leibowitz leibowitz A proposito di «Israele come garanzia della continuità storica dell’Ebraismo». Lo Stato d’Israele, che non è che un ingranaggio di potere politico portante il nome d’Israele, non rappresenta una garanzia della continuità storica dell’Ebraismo (quale Ebraismo??). Non c’è proprio nulla che possa «assicurare (!!) un’esistenza eterna (!!) al popolo (definito in base a che?) nello Stato e nella diaspora». Fondare l’esistenza di un popolo - che non abbia né una specifica sostanza culturale e spirituale né uno specifico sistema di vita - sullo Stato, ossia sull’ingranaggio del potere, è l’essenza dell’ideologia fascista. A qual pro tenere in vita un popolo «ebraico» la cui sostanza non sia altro che una sovranità «ebraica» una bandiera «ebraica», un governo «ebraico», un esercito «ebraico» e tutti gli altri accessori del cannibalismo nazionalista? Commento : Strano il concetto di pace di un

Sari Nusseibeh "prigioniero a Gerusalemme" intervistato da Paola Caridi

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C'era una volta un caffè, tra le mura antiche di Gerusalemme. Si chiamava il caffè dell'Albero di limone. Ci andavano tutti, sino a un quarto di secolo fa. Palestinesi, israeliani, occidentali col sacco a pelo. Erano i primi anni Ottanta. L'aveva aperto un uomo che ai piedi indossava un paio di sandali. Di mestiere faceva il filosofo. E sulle sue spalle pesavano i 1.300 anni della storia dei suoi antenati a Gerusalemme. Appena finita la guerra del 1967, e conquistata dagli israeliani la parte araba della città, l'uomo coi sandali, che si chiama Sari Nusseibeh, che oggi ha 60 anni ed è appunto il discendente della più importante famiglia dell'intera Palestina, aveva deciso di non rinchiudersi nel suo mondo. Usciva di casa, a due passi dalla Porta di Damasco, e se ne andava a vedere cosa c'era dall'altra parte della città, quella abitata dagli ebrei. Il caffè dell'Albero di limone non è però durato molto. E Sari Nusseibeh i suoi sandali non li indossa più.

Il governo di Gerusalemme sta dividendo il territorio dei profughi usando manodopera palestinese

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Il muro di divisione ordinato dal governo israeliano per lottizzare la Cisgiordania fra occupanti palestinesi e nuovi insediati israeliani rischia di diventare l'opera urbana più politicamente dibattuta dai tempi del Muro di Berlino.Benjamin Netanyahu e i suoi ministri hanno deciso di non mollare la presa, ignorare le pressioni degli Stati Uniti e di tutto l'occidente e andare avanti per la strada del braccio di ferro con il governo dell'Anp. Il piano del governo di Gerusalemme prevede la costruzione di una barriera alta otto metri completa di torri di avvistamento, recinzioni elettrificate, fossati e telecamere per proteggere, dicono, i propri sudditi dagli attentatori suicidi. Il progetto, se verrà attuato, rischia di passare alla storia come l'ennesima tragedia del conflitto israeliano-palestinese. L'ironia, o forse sarebbe meglio parlare di amara riflessione, è che gli operai assunti per innalzare questa recinzione della discordia sono tutti palestinesi. Persone

Video :: matrimonio ad Al-Masara

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Lunghi abiti bianchi, volti truccati, due donne con i loro sposi. Il corteo di amici e parenti, sorrisi, danze e bandiere, qualcuno è a cavallo. Dall'altra parte i soldati israeliani con i loro elmetti e le loro armi bloccano la strada che il corteo nuziale sta percorrendo. Venerdì, palestinesi e sostenitori internazionali hanno tenuto una manifestazione unica nel suo genere, nel piccolo villaggio di Al-Masara, 15 Km a sud di Betlemme. Ogni venerdì dal 2006, gli abitanti di Al-Masara fanno una manifestazione di protesta contro il muro che Israele sta costruendo sulla loro terra. Venerdì scorso, per una coppia di Al-Masara, questo giorno speciale è diventato memorabile, quando hanno deciso di sposarsi accanto al muro. In sostegno alla sposa, due italiani si sono uniti per accompagnarli come coppia simbolica, vestiti anch'essi da sposi. Alla vera sposa non è stato consentito di arrivare al muro, ma la coppia italiana con la finta sposa ha danzato accanto ed intorno ai soldati.

“RAGAZZI AMERICANI IN ISRAELE PER COMBATTERE"

Ragazzi americani sono tornati in Israele per combattere”In questi giorni, ragazzi statunitensi non stanno andando in Israele giusto per vivere in un kibbutz – alcuni tra loro sono disposti ad essere assunti nelle forze armate israeliane che operano nella West Bank.Quest’anno, al più tardi, il 21 enne Ephraim Khantsis riempirà due valigie, saluterà sua madre, lascerà la sua casa a Brooklyn e se ne andrà in Israele. Al suo arrivo a Gerusalemme si iscriverà ad una yeshiva, o scuola religiosa, che è benvista dagli americani. Dopo pochi mesi egli prenderà la sua strada diretta a nord, verso un luogo che questo giovane americano sente come la sua vera casa: la colonia ebraica di Kfar Tapuach. Appollaiata su una collina appena fuori la Route 60, la strada principale nella West Bank occupata con direzione nord-sud, Kfar Tapuach è nota come una comunità particolarmente integralista. Abitata da circa 600 persone, la colonia ha una storia di accoglienza nei confronti degli immigrati americani le

Comunità ebraica svedese: eccessiva reazione sul caso IDF e espianto organi

1The Jewish community in Sweden, meanwhile, was critical of Israel's role in the media storm. Community leader Lena Posner-Korosi told Army Radio on Sunday that the Israeli reaction and media outrage had provided the claims with much more exposure than they would have had otherwise, and blown the story out of proportion http://www.jpost.com/servlet/Satelli...cle%2FShowFull 2 2 Sintesi personale ELena Posner, presidente d delle Comunità Ebraiche in Svezia, ha affermato che la richiesta di Israele al governo svedese perchè si scusi ufficialmente ha bruciato ogni proporzione. "Nessuno avrebbe mai notato l'articolo , per inciso, anti-semita e assolutamente non veritiero, pubblicato nelle ultime pagine di Aftonbladet", ma la risposta israeliana ha dato visibilità a Daniel Bostro Ciò che è peggio è che, pretendendo l'assurda condanna del governo, la discussione non verte più sull antisemitismo o sul sfatare questa storia ,ma sulla libertà di espression

Tom Segev Lieberman sbaglia ad accusare gli svedesi di non aver fatto nulla per gli ebrei perseguitati

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Not far from the memorial square in the Yad Vashem compound in Jerusalem, a white vehicle is parked - part bus, part ambulance. It is one of 36 such vehicles that were used during the final weeks of World War II for the transfer of thousands of Nazi concentration camp prisoners from Germany to Sweden. The official Web site of Yad Vashem states the convoy of vehicles rescued some 27,000 prisoners from Germany, including several thousand Jews, mostly women. The historian Yehuda Bauer says some 21,000 persons were rescued this way, and among them were 6,500 Jews. The diplomatic scandal that Foreign Minister Avigdor Lieberman stirred over the article in the Swedish daily Aftonbladet is wrong since the government of a state that respects the freedom of the press is not responsible for what newspapers publish. That there was a demand for the Swedish government to "condemn" the article in question suggests Lieberman must still be thinking in Soviet terms. The comparison bet