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Visualizzazione dei post da febbraio, 2007

Iran embargo, Quartet statement, AIPAC trial

Haaretz:Iran If you missed this news item from the print edition, here's what Aluf Benn and I were reporting Wednesday: The Bush administration is planning to propose a new resolution against Iran at the United Nations Security Council that will call for stepping up sanctions against Tehran in an effort to thwart its nuclear ambitions. The U.S. will seek to include a partial embargo on arms sales in the resolution, with particular emphasis on the types of weapons that can be used by terrorists. In recent weeks, Israel has carried out a diplomatic campaign against the transfer of weapons to terrorist organizations, in an effort to establish this concept as part of a new international norm. At the center of the campaign lie the transfer of arms from Iran and Syria to Hezbollah in Lebanon, that are viewed to be an expression of Tehran's policy of aggression. The head of the planning directorate at the IDF, Maj. Gen. Ido Nehushtan, visited Washington last week and presented America

La crociata criminale di Bush e Olmert di Schuldiner

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La pace? I palestinesi? Che importanza possono avere queste «questioni secondarie» quando una commissione ad hoc rivela nelle sue conclusioni che la corruzione nella polizia israeliana deve portare alle dimissioni del suo capo? Il ministro per la polizia ha già nominato un nuovo comandante che però ha anche lui un passato problematico. La corruzione è un'interminabile telenovela che ogni giorno ci riempie d'emozioni e quindi l'importanza della pace e cose del genere passano in secondo piano.La posizione israeliana non è che un'altro capitolo della vergognosa campagna Israele-Stati uniti diretta a distruggere i pochi progressi in campo palestinese dopo l'accordo raggiunto alla Mecca con il patrocinio dell'Arabia saudita. Un accordo estremamente importante perché tocca da vicino alcuni dei problemi essenziali di tutto il Medio Oriente.Il re saudita Abdullah è stato costretto a prendere l'iniziativa quando l'asse Egitto-Giordania-Arabia saudita e gli al

Zeiler ;in Israele la mafia è sempre più forte

In Israele la mafia è sempre più forte e si evidenziano pericolosi rapporti tra alti ufficiali e personalità politiche. La corruzione sta diventando una mina vagante per la lo stato israeliano  GERUSALEMME - "Mafia" è una delle parole italiane più conosciute: in tutto il mondo significa corruzione, racket, sopruso. Ma per Vardi Zeiler, ex magistrato e zar anti-corruzione di Israele, il gradino successivo nel degrado dello Stato ebraico è quello in cui «il regime della mafia» vince, in cui cioè «il crimine controlla il potere», in una parola, è «la Sicilia».  La battuta è, in sintesi estrema, il risultato di un anno di indagini da parte della commissione guidata da Zeiler, ed è finita ieri come titolo d´apertura del quotidiano Haaretz.Nell´intervista l´ex magistrato ha messo le mani avanti, sostenendo che ancora il Paese non è a questo punto, ma che il rischio di assomigliare alla regione italiana esiste, «se quello che ho visto in una occasione sussiste anche altrove nella po

Yehoshua:la corruzione di Israele figlia della guerra

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Yehoshua:la corruzione di Israele figlia dell'occupazione e della guerra perenne . Auspicabile per Gerusalemme ,cuore pulsante dell'umanità, la condivisione comune di ebrei, cristiani, musulmani In queste settimane Israele è stato al centro dell'attenzione più che per il conflitto con i palestinesi, per le storie di corruzione che hanno segnato i vertici dello Stato e della politica. Cosa c'è dietro questo fenomeno?«Non sta a me ergermi a giudice dei singoli casi né fare lezioni di morale. Ma in queste vicende c'è un dato di fondo che riconnette la questione della moralità pubblica al tema della pace…».Qual è questo dato connettivo?«È il fatto che uno Stato di diritto non può pensare di reggere alla lunga intrecciandosi con un regime di occupazione esercitato alle porte di casa. Vede, mai come oggi, di fronte a un'ondata di scandali, grandi e piccoli, che rischia di travolgere una intera leadership politica, si è rafforzata in me la convinzione che la pace con i

Israele e i profughi del Darfur

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Israele rifiuta i profughi del Darfur Negli ultimi due anni, centinaia di profughi provenienti dal Darfur hanno raggiunto Israele passando per l'Egitto. Ma il governo israeliano, scrive il Jerusalem Report, sembra aver dimenticato le persecuzioni subite dagli ebrei e considera gli scampati al genocidio sudanese come una minaccia. Oggi nel paese ci sono 320 rifugiati del Darfur, ma 231 sono in carcere. Il governo israeliano applica una legge del 1954 che prevede l'arresto dei cittadini di stati nemici entrati nel paese illegalmente, e tratta i rifugiati sudanesi peggio dei comuni immigrati clandestini. La convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati proibisce il rimpatrio nei paesi d'origine. Per aggirare l'ostacolo, l'anno scorso Israele ha respinto alcuni profughi verso i paesi di transito, Egitto e Giordania. Ma il governo giordano ha ignorato la convenzione rimpatriando a Khartoum due sudanesi, che sono stati giustiziati. Avevano chiesto asilo in Israele

Skinhead e siti internet neonazisti in Israele

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1 Gli atti di antisemitismo si moltiplicano in Israele. Dei siti internet si dichiarano apertamente come adepti di Hitler e incitano alla violenza. In alcune città si possono incontrare degli skinhead. I responsabili? I nuovi immigrati dall'ex Unione Sovietica che non sono ebrei e che lo Stato ha accettato per comodità. Il fenomeno si sta allargando e le vittime si organizzano. I ricercatori dell'Istituto "Stephen Roth" dell'Università di Tel Aviv, specialisti di razzismo e antisemitismo, nel comunicarmi la loro scoperta mi avevano avvertito: «Mettiti ben seduto prima di andare su quei siti». In effetti, fin dalla pagina iniziale lo choc è grande. Sono due siti internet israeliani in lingua russa. Il più elaborato proviene da una "Unione degli Israeliani Bianchi" diretta da un certo Ilya, abitante in Haifa, e da Andrei, abitante in Arad. L'indirizzo del sito contiene il numero «1488», che rinvia alla simbolica neo-nazista: 14 corrisponde al num

Yehoshua :Israele ,il contagio della democrazia

Avraham B. Yehoshu :Le indagini dalla polizia in questi giorni in Israele, le commissioni d’inchiesta che cercano di fare chiarezza sugli errori compiuti durante la seconda guerra del Libano, la ripugnanza destata dai sospetti reati sessuali commessi dal presidente Moshe Katsav, l’arresto dei vertici delle autorità fiscali e altre vicende suggeriscono profonde lacerazioni nel tessuto morale di Israele. I vecchi israeliani come me, che ben conoscono la storia dello Stato fin dalla sua fondazione, rimangono sbalorditi dalle dimensioni assunte dal fenomeno della corruzione e dal moltiplicarsi delle inchieste, e si domandano: che è successo? Che è cambiato? A cosa è dovuta questa situazione? È uno stato di cose che esiste da anni? O viene alla luce solo ora, in seguito a controlli più temerari e approfonditi da parte del procuratore generale, della polizia, dei controllori dello Stato (come nel corpo umano si possono all’improvviso scoprire patologie presenti da tempo mediante esami più

Haaretz: sulla Pasqua di sangue di Toaff

Molto equilibrato il commento riportato su Haaretz del libro: "La Pasqua di sangue" di Toaff In sintesi a un giudizio storico si risponde con un altro giudizio storico e, soprattutto, dopo aver letto il libro. Non è condivisibile l'attacco, più simile a una resa dei conti  ": un testo, per quanto discutibile agli occhi di molti, non può essere liquidato mettendo alla gogna gli autori e zittendo ogni ipotesi, anche scomoda, agitando i soliti "revival" : si ottiene l'effetto contrario demonizzando e non confutando . Così. più o meno consapevolmente, si fa il gioco dei veri antisemiti: la libertà di ricerca è un bene troppo prezioso e non si può identificare con la rozzezza espressa da certe ipotesi, contrabbandate per verità storiche, che girano in rete e non solo in rete http://www.haaretz.com/hasen/spages/824152.html http://www.haaretz.com/hasen/spages/827845.html

Avraham Burg: la morte del sionismo

pubblicato sul quotidiano Yediot Aharonot. In Israele la rivoluzione sionista ha sempre poggiato su due pilastri: un cammino di giustizia e una leadership etica. Nessuno dei due è più operante in Israele . Oggi la nazione israeliana poggia su un’impalcatura di corruzione e su fondamenta di oppressione e ingiustizia. In quanto tale, la fine dell’impresa sionista è già alle porte. Vi sono concrete probabilità che la nostra sia l’ultima generazione sionista. In Israele potrà anche esservi uno Stato ebraico, ma sarà di un genere diverso, strano e spiacevole. Tempo per cambiare rotta ce n’è ma non molto. Occorre una visione nuova di una società giusta e la volontà politica di attuarla. Né si tratta semplicemente di un affare interno israeliano. Gli ebrei della Diaspora, per i quali Israele rappresenta un pilastro centrale dell’identità, devono ascoltare e farsi sentire. Se il pilastro crolla anche i piani superiori si schianteranno. L’opposizione non esiste, e la coalizione di governo, ca

Anna Momigliano : antisemita di sinistra io...?

Tutte queste polemiche sugli «ebrei antisemiti» hanno dato i loro frutti. Dopo lo studio pubblicato dall'American Jewish Committee, che puntava il dito contro gli ebrei liberal, e le aspre polemiche nate dal «documento dei 130», firmato da esponenti illustri della comunità ebraica britannica che, come Hobsbawm e Pinter, non si riconoscono nella politica di Gerusalemme, il dubbio si è fatto strada nella coscienza degli ebrei di sinistra nella diaspora («Ho due libri di Noam Chomsky, sarà grave?») e persino degli israeliani («Alle ultime elezioni ho votato Yossi Sarid, sono antisemita anch'io?») A dissipare dubbi e sensi di colpa ha provveduto però il Washington Post che, nel mezzo della polemica, ha pensato bene di inserire sul proprio sito internet un comodo quiz (a premi) per fare luce sulla questione: «Sei un antisemita di sinistra? Dieci semplici domande per capire se sei un progressista dabbene». Le domande sono tutte sullo stesso tono: «Di chi è la colpa della guerra in

Appello ebrei inglesi per la fine dell'occupazione

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:GERUSALEMME — L'anniversario che vogliono ricordare non è quello della nascita d'Israele (60 anni nel 2008) ma «i primi 40 d'occupazione di Gaza e della Cisgiordania». E lo commemorano con una «dichiarazione d'indipendenza», firmata da oltre 130 intellettuali ebrei che non si riconoscono nelle posizioni dei leader della comunità in Gran Bretagna. Independent Jewish Voices (IJV) is a network of individuals who wish to have a platform for critical debate on major political questions, the situation in the Middle East in particular. The initiative was born out of a frustration with the widespread misconception that the Jews of this country speak with one voice - and that this voice supports the Israeli government’s policies. Il manifesto è lungo, la critica condensata in poche parole: non si può mettere il sostegno allo Stato ebraico al di sopra dei diritti umani dei palestinesi.L'appello viene pubblicato oggi dal sito del quotidiano Guardian ed è stato sottoscritto, t

Governo di unità nazionale:Mazen,Barghouti,Haniye ?

1 Gaza, 5 febbraio - Il premier palestinese Ismail Haniye ha dichiarato a Gaza, alla vigilia del vertice interpalestinese alla Mecca, "Non abbiamo scelta se non arrivare a un'intesa". Haniye ha confermato che l'obiettivo è di raggiungere un accordo per un governo di unità nazionale.Parlando con Haaretz, l'esponente di al Fatah Qaddoura Fares ha detto che Hamas e al Fatah si metteranno d'accordo alla Mecca per formare un esecutivo di unità nazionale, perché non ci sono più questioni in sospeso tra le parti. Ismail Haniye sarà primo ministro, Salem Fayed, deputato liberale, assumerà la carica di vice premier e ministro delle Finanze, gli Esteri andranno a Ziad Abu Amar, gradito ad Abu Mazen, gli Interni, invece, verranno assegnati a un indipendente che il presidente dell'Anp sceglierà da un elenco presentato da Hamas . 2Israele guarda a Marwan Barghouti come alternativa a Hamas Tel Aviv, 5 febbraio - Per la seconda volta in poche settimane, il ministro dell&

Billau e SInigaglia: proposte di riflessione

Proposte di riflessione su Israele . Di fronte alla tragicità del momento storico in cui viviamo e di fronte al pericolo del cosiddetto scontro di civiltà che rischia di divenire una profezia che si autoavvera, come ebrei riteniamo nostro dovere mobilitarci per dare il nostro apporto alla costruzione di una convivenza tra popoli e religioni che richiami l’origine comune dell’esperienza umana, schierandoci contro la strumentalizzazione a fini di potere di versioni riduttive e chiuse delle proprie e altrui culture e religioni. In particolare, ci appelliamo a quella “sinistra ebraica” italiana che, soprattutto dagli anni ’80, si mobilitò per la fine della prima “avventura militare in Libano” dell’esercito israeliano e poi sviluppò significative iniziative di dialogo con i palestinesi residenti in Italia e di appoggio al “campo della pace” israeliano . CONTINUA IN http://www.unacitta.it/intervista.asp?id=1519 allegati : Noi, ebrei per la pace Un appello - l'Unità.it Andrea

Warschawski :proteggiamo i figli dalla guerra globale

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Non esistono guerre pulite, anche se ci sono a volte guerre giuste. La guerra è un mezzo barbarico che l'umanità si concede al fine di risolvere i suoi problemi, realizzare i suoi fantasmi di potere e di controllo o, al contrario, i suoi sogni di libertà e indipendenza. Ma di tutte le guerre, le più orribili sono le guerre di civilizzazione, quelle che considerano il nemico non come un avversario contro il quale si ha un contenzioso in corso, ma come gente barbara che occorre sradicare in quanto cultura, civiltà e identità, se non addirittura sterminarla in quanto comunità umana. Le crociate o altre "jidash" (guerre sante) e oggi la guerra di Bush "della democrazia contro l'asse del male" oppongono sempre civiltà e barbarie: il nostro campo è quello della civiltà, l'altro quello delle barbarie. L'aggressione israeliana contro il Libano (io volontariamente non utilizzo il concetto di guerra perché la guerra implica un minimo di reciprocità nell'us

Intervista a Mustafa Barghouti: i ghetti palestinesi

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Un Muro,voluto da Israele, che penetra nei territori occupati di Cisgiordania. Spezza villaggi. Divide famiglie. Distrugge terreni agricoli. E crea enclavi (aree in cui la gente sarà totalmente circondata dal muro) entro le quali vivono già oggi oltre 150mila palestinesi. La «barriera di difesa» voluta da Israele per far fronte agli attacchi terroristici ha stravolto i connotati della West Bank, delineando sul campo, e in modo unilaterale, i confini futuri dello Stato d’Israele. Il premier israeliano Olmert ha deciso di modificare il tracciato della «barriera difensiva» in costruzione in Cisgiordania, al fine di inglobare due insediamenti e isolare due villaggi palestinesi che contano 20mila abitanti. A rivelarlo è il quotidiano Haaretz, secondo cui all’altezza della città israeliana di Modiin Ilit il tracciato del «Muro» sarà spostato di 5 km oltre la linea verde che segnò il confine tra Israele e Cisgiordania nel 1967, a seguito della Guerra dei Sei giorni. In questo modo gli insedia