I giovani egiziani che il regime fa sparire


I giovani egiziani che il regime fa sparire

Le ultime notizie certe sul dottorando italiano Giulio Regeni risalgono al 25 gennaio scorso, mentre prendeva la metropolitana per raggiungere un amico in centro, al Cairo. Il 3 febbraio, il suo corpo seminudo è stato ritrovato sul ciglio di una strada del quartiere di Giza, nella periferia del Cairo.
Le dichiarazioni ufficiali sono state contraddittorie. Il magistrato Ahmed Nagi, che guida le indagini della procura del Cairo, ha dichiarato che il corpo era chiaramente stato torturato, con “bruciature di sigarette, tagli e contusioni”. Il generale Khaled Shalabi, alto ufficiale della polizia giudiziaria, ha sostenuto che Regeni fosse morto in un incidente di macchina. Il portavoce del ministro dell’interno ha rifiutato di commentare. Accompagnati dall’ambasciatore italiano, Maurizio Massari, i genitori hanno riconosciuto il corpo del figlio all’obitorio di Zeinhome.
Il 25 gennaio, quinto anniversario della rivoluzione di piazza Tahrir, è stato segnato da un’ondata di arresti e violenze compiute dalla polizia senza precedenti. I rapporti del quotidiano Al Masry al Youm sono circonstanziati: sono state arrestate più di 150 persone, tra cui almeno 78 nel quartiere di Giza con l’accusa di appartenere ai Fratelli musulmani. Per settimane, la tensione è stata tale da impedire qualsiasi manifestazione nel paese, eccetto la festa ufficiale di ringraziamento alla polizia.
In Egitto la repressione contro giornalisti, ricercatori e scrittori
sta diventando un’inquisizione
Nelle ultime settimane la stampa, seppure imbavagliata da quando è al potere il generale Abdel Fattah al Sisi, sta denunciando centinaia di sparizioni di giovani egiziani. È una novità del regime militare di Al Sisi: come è successo a Giulio Regeni, i desaparecidos non sono registrati in nessuna centrale di polizia e riappaiono – se riappaiono – dopo settimane con segni di tortura e “profondamente cambiati”, come hanno raccontato i familiari delle vittime al New York Times.
Secondo il gruppo indipendente Horreya al Gaddaan (Libertà per i bravi) oltre 163 giovani egiziani sono spariti tra aprile e giugno del 2015, e solo 64 di loro sono tornati a casa, per ora. Quelli che ci sono riusciti raccontano di centri di detenzione segreti e di torture, spiega Khaled Abdel Hamid, portavoce del gruppo.
I ricercatori universitari sono nel mirino dell’autorità insieme ai giornalisti: la settimana scorsa, l’ambasciata egiziana a Berlino è stata accusata di segnalare alle autorità del Cairo le attività dei ricercatori in Germania dopo che uno di loro, Atef Botros, è stato fermato all’aeroporto del Cairo, interrogato e obbligato a tornare a Berlino. Il ricercatore e giornalista Ismail Alexandrani è stato arrestato appena atterrato dalla capitale tedesca a Hurghada, città sul mar Rosso dove aveva intenzione di assistere a una conferenza sul Sinai. Il giornalista Walid al Shiek, arrestato anche lui, ha accusato l’ambasciata egiziana in Germania di inviare rapporti ai servizi di sicurezza. Giulio Regeni lavorava su un tema molto sensibile per le autorità egiziane: sindacati e diritto del lavoro.
Per le organizzazioni dei diritti umani, la situazione in Egitto è senza precedenti e per molti la “situazione è peggiore di quella dell’era Mubarak”. Al difensore dei diritti umani Gamel Eid, avvocato per l’Arabic network for human rights information, è stato vietato di viaggiare ed egli ha commentato denunciando “un regime di polizia”. Il commentatore politico Ibrahim Issa ha dichiarato a Qahira Tv che, in Egitto, “la repressione contro intellettuali, ricercatori, scrittori e anche caricaturisti sta diventando inquisizione pura e semplice”.
Il generale Al Sisi ha decretato l’anno 2016 l’anno della gioventù.

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