E cosa mai succede se la Francia riconosce uno stato palestinese?

 

Dettagli Creato: 31 Gennaio 2016 Visite: 41 E cosa mai succede se la Francia riconosce uno stato palestinese? La Francia non sarebbe né il primo…
amiciziaitalo-palestinese.org|Di Redattore

 

 

La Francia non sarebbe né il primo paese europeo né il primo membro permanente del consiglio di sicurezza ONU a riconoscere la Palestina. Significa che Israele può ignorare  l'ultimatum di Fabius?

The Times of Israel, 31.01.2016

di Raphael Ahren

 (nella foto, il presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas saluta la folla a Ramallah durante le celebrazioni per il successo della sua richiesta di acquisire lo stato di osservatore non-membro alle Nazioni Unite, il 2 dicembre 2012 (photo: Nasser Shiyoukhi/AP Photo))
Ci sono due modi di vedere la minaccia francese di riconoscere unilateralmente uno stato palestinese, se la situazione di stallo nel processo di pace persiste.
Si passa dal "è una seria sfida per Israele" dei più pessimisti a quelli che non si preoccupano troppo dell'ultimatum parigino dicendo: e allora? Parigi è libera di convocare una conferenza internazionale per cercare di sbloccare la situazione e convincere le parti alle concessioni necessarie per un accordo di pace. Poiché questo esito appare improbabile - per la precisione estremamente irrealistico - la Francia può andare avanti e riconoscere uno "Stato di Palestina". Una tale mossa sarebbe condannata a Gerusalemme come controproducente nella strada verso la pace, e celebrata a Ramallah come una grande vittoria contro l'occupazione. Ma le dichiarazioni e i riconoscimenti non cambiano per niente la situazione sul terreno.  
Uno stato palestinese sovrano non nacque nel 1988, quando Yasser Arafat proclamò l'indipendenza, né nel 2012, quando 139 stati votarono per concedere alla "Palestina" lo stato di osservatore non-membro alle Nazioni Unite, e neppure nel 2015, quando la bandiera palestinese fu issata al quartier generale ONU di New York.
Dunque il riconoscimento francese non sarebbe altro che parole su un pezzo di carta, e forse una dichiarazione solenne del presidente Francois Hollande e un altro servizio fotografico da statista, ma in fondo privo di senso, del presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas.
The Palestinian flag is raised outside UN Headquarters in New York during the 70th session of the UN General Assembly on September 30, 2015 (Raphael Ahren)
La bandiera palestinese viene issata di fronte al quartier generale ONU a New York durante la 70esima sessione dell'Assemblea Generale dell'ONU il 30 Settembre  2015 (Raphael Ahren)
In effetti, se nel frattempo non lo fanno anche altri paesi, la Francia sarebbe il 137simo stato a riconoscere la Palestina. In altre parole, oltre il 70% dei paesi del mondo lo hanno già fatto. (L'ultima a unirsi al club è stata Santa Lucia, una minuscola isola nel Caraibi,  che ha fatto questo passo lo scorso settembre).
La Francia non sarebbe il primo paese dell'Europa occidentale a riconoscere la Palestina. I parlamenti di Gran Bretagna, Spagna, Belgio e Grecia, fra gli altri, hanno già votato per chiedere ai loro governi il riconoscimento. La Svezia lo ha fatto nel 2014, e il mondo non si è spostato dal suo asse.
Nei fatti da allora non è cambiato niente, né nel processo di pace, né nelle relazioni europeo-palestinesi, eccettuato il fatto che, un mese dopo il riconoscimento, il re di Svezia si è congratulato tramite una lettera con il popolo dello "Stato di Palestina" nella loro "Festa Nazionale", segnando il primo avvallamento da parte di una monarchia europea della dichiarazione unilaterale di indipendenza palestinese del 1988.
Ora qualcuno obietterà che Stoccolma non è Parigi - la Francia dopotutto è una potenza nucleare con un seggio permanente nel consiglio di sicurezza dell'ONU. Ma anche la Russia e la Cina ne fanno parte, ed entrambe hanno riconosciuto lo stato palestinese da molto tempo.
Una risoluzione del consiglio di sicurezza che reclami il ritiro israeliano dalla West Bank sarebbe molto più significativa del riconoscimento francese. Sebbene anche questo non cambierebbe immediatamente alcunché sul terreno, creerebbe una nuova base legale per i futuri negoziati, e probabilmente non a favore di Israele.
Ma se anche quattro dei membri permanenti del consiglio votassero a favore, una risoluzione del genere sarebbe vetata dagli Stati Uniti. È difficile dire se l'amministrazione americana sarebbe favorevole o contraria ad un provvedimento per lo stato palestinese alle Nazioni Unite. Dipenderebbe dal testo della risoluzione, dai tempi, a da tutta una serie di fattori, ma la posizione americana sul conflitto israelo-palestinese è sempre stata quella di favorire una soluzione concordata dalle due parti, e non unilateralmente dall'ONU.
Ed è qui che entrano in gioco i membri del campo "prendete sul serio l'ultimatum francese". Suppongono che il riconoscimento francese di uno stato palestinese renderebbe più semplice per un presidente americano il rifiuto di porre il veto: più ci sono membri rispettabili della comunità internazionale che riconoscono la Palestina, sostenendo di farlo per rafforzare il processo di pace, più diventa difficile per Washington continuare ad opporsi a questi sforzi alle Nazioni Unite.  
The UN Security Council voting on a resolution on Palestinian statehood on December 30, 2014. The resolution was voted down. (UN/Evan Schneider)
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite vota una risoluzione sullo stato palestinese il 30 dicembre 2014. La risoluzione fu bocciata. (UN/Evan Schneider)
Inoltre, coloro che si preoccupano della proposta parigina sostengono che se anche uno stato in più che riconosce la Palestina non cambia niente sul terreno, un peso massimo come la Francia contribuisce a creare una massa critica che a un certo punto Israele non sarà più in grado di sostenere.
Di fronte allo spettro di passi unilaterali, i responsabili israeliani continuano a ripetere instancabilmente che una soluzione del conflitto può essere solo il risultato di negoziati bilaterali. Ma nel momento in cui la Francia, il consiglio di sicurezza e quasi il mondo intero riconoscono la Palestina, per Israele potrebbe diventare molto difficile sostenere che lo stato palestinese ha bisogno della sua approvazione. La famiglia delle nazioni avrà preso la sua decisione quasi unanime.
I riconoscimenti, le dichiarazioni e le risoluzioni non hanno il potere di creare uno stato di Palestina veramente indipendente. Ma possono spostare i paletti diplomatici.
Se Parigi va avanti sulla strada annunciata, cercando di convocare una conferenza internazionale entro l'estate con l'obiettivo di immediati e sostanziali colloqui di pace, con il successivo quasi inevatibile fallimento e il conseguente riconoscimento della Palestina, potremo capire molto presto se questo weekend abbia marcato l'inizio di un importante mutamento diplomatico.
Prime Minister Benjamin Netanyahu meets with the foreign minister of France, Laurent Fabius, at the Prime Minister's office in Jerusalem, 25 August 2013 (photo credit: Marc Israel Sellem/Pool/Flash90)



Il primo ministro Benjamin Netanyahu incontra il ministro degli esteri francese, Laurent Fabius, presso l'ufficio del prime ministro a Gerusalemme, il 25 agosto 2013 (Marc Israel Sellem/Pool/Flash90)
I ministri israeliani si sono allineati fra venerdì e sabato nell'annunciare che Israele non negozierà sotto la minaccia di un ultimatum, e che prevedono che l'approccio francese avrà solo l'effetto di incoraggiare l'ostinazione palestinese. Tuttavia, un funzionario del ministero degli esteri ha affermato, secondo quanto riportato  da Reuters, che Israele “prenderà in considerazione e risponderà" all'invito della conferenza programmata dalla Francia.
Fino ad ora (sabato sera), Netanyahu è rimasto in silenzio. Forse anche lui sta ponderando se può permettersi di snobbare i francesi, o se la palla di neve lanciata in questa fine di gennaio dal ministro degli Esteri francese Laurent Fabius potrebbe segnare l'inizio di una valanga diplomatica.
Raphael Ahren è il corrispondente diplomatico di The Times of Is

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