Uri Avnery : il Muro anno 2003

http://www.hakeillah.com/3_03_14.htm


Per una frazione di secondo, sono stato colto dal panico.Il terribile mostro che veniva verso di me non era più lontano di cinque metri e continuava a muoversi come se io non fossi lì. Il gigantesco bulldozer spingeva una grossa pila di terra e sassi. Il guidatore, due metri sopra di me, sembrava parte della macchina. Era chiaro che nulla lo avrebbe fermato. Sono saltato di lato all’ultimo momento.
Alcune settimane fa, in una situazione simile, l’attivista americana per la pace Rachel Corrie pensava che il guidatore si sarebbe fermato. Non lo ha fatto e lei è morta schiacciata.
Non sono venuto qui per manifestare (lo faremo oggi) ma per guardarmi intorno. Nell’uliveto, a pochi metri dalla tende montate dagli abitanti del villaggio di Masha assieme ai pacifisti israeliani e di tutto il mondo, tre mostri stanno preparando il terreno per "il Muro di separazione". Hanno sollevato nuvole di polvere e un rumore assordante, per cui potevamo a malapena parlare. Lavorano ogni giorno, anche durante la Pasqua ebraica, 12 ore al giorno, senza sosta.
Tutti gli israeliani appoggiano il "Muro di separazione". Non hanno idea di cosa stiano appoggiando. Bisogna andare sul posto per poter capire tutte le implicazioni del progetto.
Prima di tutto lo si dica con chiarezza: questo muro non ha nulla a che fare con la sicurezza. È stato venduto agli israeliani come "barriera di sicurezza". L’esercito lo chiama "un ostacolo". Gli israeliani, che naturalmente aspirano alla sicurezza, stanno comprando questa verità con entusiasmo. Finalmente qualcosa viene fatto! E in effetti, l’idea sembra molto semplice. Anche la persona più semplice può capirla. È chiaro che un palestinese che vuole farsi saltare in aria in Israele deve prima di tutto attraversare i confini pre-1967, la cosiddetta linea verde. Se un muro o una barriera viene costruito lungo la linea verde, i terroristi non riusciranno a venire. Niente più attacchi, né terroristi suicidi.
Ma la logica dice che se questo fosse stato veramente un muro di sicurezza, sarebbe stato costruito direttamente lungo la linea verde. Tutti gli israeliani (salvo i coloni) si troverebbero da un lato del muro (quello occidentale) e tutti i palestinesi dall’altro. La linea sarebbe il più possibile dritta e breve, perché sarebbe necessario ispezionarla, controllarla e difenderla. Questa è la logica della sicurezza. Ma in realtà, salvo brevi sezioni, il muro non viene costruito sulla linea verde, o in linea retta. Al contrario, serpeggia come un fiume, avvolgendosi e girando, avvicinandosi alla linea verde e allontanandosene. Non è un caso. Il letto di un fiume è dettato dalla natura. L’acqua obbedisce alla gravità. Ma il progetto del muro non è legato alla natura. I bulldozer sono indifferenti alla natura, la tagliano senza rimorsi. In realtà, l’unica considerazione che determina la posizione del muro è la logica degli insediamenti. Il muro si avvolge come un serpente perché la maggior parte degli insediamenti dovrà restare ad ovest di esso, cioè essere alla fine annessa a Israele. In piedi su una collina che verrà traversata dal muro, ho visto in basso, sul lato occidentale, Elkana, un vasto insediamento. Sul lato orientale, a solo poche decine di metri, si trova il villaggio palestinese di Masha. Il villaggio si trova sul lato orientale, ma quasi tutta la sua terra si trova sul lato occidentale. Il muro taglierà fuori il villaggio dal 98% della sua terra - uliveti e campi che si estendono fino alla linea verde, alcuni a sette km di distanza, vicino a Kafr Kassem.
Masha è un grosso villaggio, un tempo fiorente; ha una zona industriale, ora completamente abbandonata. Può essere raggiunto oggi solo a piedi, attraverso ripidi sentieri. All’inizio dell’intifada, l’esercito israeliano bloccò la strada principale con due mucchi di terra e pietre. Nessun veicolo può ora passare. In verità, l’odore maligno del "transfer" incombe sul muro. La sua posizione lascia interi villaggi palestinesi sul lato occidentale intrappolati tra il muro e la linea verde. Gli abitanti non potranno muoversi, trovare sostentamento, respirare. Altri villaggi, come Masha, resteranno sul lato orientale del muro, ma i loro terreni, da cui dipende la loro sussistenza, saranno sul lato occidentale. Ci sono località, come la città di Kalkilya, che sarà quasi interamente circondata da un anello del muro, lasciando solo una piccola apertura verso la Cisgiordania. Una delle finalità del muro è senza dubbio quella di rendere la vita degli abitanti un inferno, per convincerli ad andarsene. È una specie di "transfer" strisciante. Come quel terrificante bulldozer che spinge innanzi a sé pietre e mucchi di terra, così l’occupazione spinge la popolazione palestinese verso est.
Il muro di Masha e Kalkilya, che continua verso i monti Gilboa, non è il solo. Ad oriente, si sta pianificando un altro muro, che includerà le colonie di Ariel e Kadumim e penetrerà per 20 Km in territorio palestinese, quasi raggiungendo l’asse centrale della Cisgiordania, la strada Ramallah-Nablus.
Questo non è tutto. Sharon sta ora pensando a un "Muro orientale" che separerà la Cisgiordania dalla valle del Giordano. Quando sarà finito, l’intera Cisgiordania diventerà un’isola circondata dal territorio israeliano. La parte meridionale (Hebron e Betlemme) sarà chiusa da quella settentrionale (Ramallah, Nablus, Jerim), a sua volta divisa in diverse enclaves. La mappa ricorda quella dell’apartheid in Sud Africa, dove si formarono diversi Bantustan neri, territori autonomi i cui leaders erano nominati dal Governo bianco.
Questo è esattamente ciò che ha in mente Sharon quando parla di uno "stato palestinese": consisterà di alcune enclaves, ognuna circondata di territorio israeliano, senza una frontiera esterna con l’Egitto o la Giordania. Sharon lavora da decenni a questo piano, e perciò ha stabilito decine di insediamenti sulla base di questa mappa.
Il muro servirà a questo fine. Non ha nulla a che fare con la sicurezza, non porterà la pace. Porterà solo altro sangue, altro odio. La sola idea che una barriera di cemento e filo spinato possa fermare l’odio è ridicola.
Il lavoro procede ininterrotto da mattina a sera. Sharon parla della "roadmap" e nel frattempo continua a creare fatti sul terreno. Ma il muro ha un significato più profondo. Non è un caso che sia così popolare in Israele, da Sharon a Mitzna a Beilin. Soddisfa un bisogno interiore e profondo.
Nel libro "Lo stato ebraico" – il documento fondativo del sionismo – Theodor Herzl scriveva: "Per l’Europa, noi saremo laggiù [in Palestina] un pezzo della barriera contro gli arabi. Saremo i pionieri della difesa della cultura dalla barbarie".
Questa idea, cioè, che noi siamo l’avamposto dell’Europa e che abbiamo bisogno di una barriera che ci separi dalla barbarie degli arabi è parte quindi di quella visione originaria. Forse ha radici ancora più profonde. Quando gli ebrei iniziarono ad aggregarsi nei ghetti, prima ancora che questo fosse decretato dall’esterno, circondarono con un muro i propri quartieri, per separarsi e difendersi dall’ambiente ostile. Muri e separazione, come garanzia di sicurezza, sono impressi da sempre nel subconscio collettivo degli ebrei.
Ma noi, la nuova società ebraica in questo paese, non abbiamo voluto essere un nuovo ghetto. Non cercavamo la separazione, ma il contrario, l’aprirci alla regione circostante. Non un avamposto europeo contro la barbarie araba, come diceva Herzl, ma una società aperta, in pace e in rapporti di buon vicinato con il resto della regione.
Il muro del male non è solo uno strumento per spossessare i palestinesi, non solo uno strumento di terrore mascherato da difesa contro il terrorismo, non solo uno strumento dei coloni travestito da misura di sicurezza. È, prima di tutto, un ostacolo per Israele, una barriera che bloccherà un futuro di pace, sicurezza e prosperità.
Uri Avnery
3 maggio 2003

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