Una cultura di pace : Ezidi


 
 
 
 

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Da molti considerati mistici, adoratori del demonio, né musulmani né cristiani, nel corso della storia gli Ezidi per 73 volte hanno subito eccidi di massa. Inspiegabilmente. Perché se li conosci da vicino non troverai altro che una cultura di pace. Ritorno a Lalish, il tempio sacro della comunità.

1-2-3.  Difficile descrivere l’atmosfera incantata, silenziosa e al tempo stesso pacifica che si trova a Lalish, minuscolo villaggio incastrato tra due colline nel distretto di Shekhan, nord dell'Iraq. Siamo nella Provincia di Ninive, controllata amministrativamente e politicamente dal governo del Kurdistan iracheno. Ce lo ricordano le due postazioni dei peshmerga sui lati delle colline, e il checkpoint a un chilometro dall'ingresso nel villaggio. Mentre entriamo leggiamo i cartelli “No hunting”, divieto di caccia. La violenza nel credo ezida è vietata. Tant'é che devi trattare con estrema cura anche il terreno. Poco prima del tempio é obbligatorio togliersi le scarpe. Salutiamo i pochi volontari del tempio, che si prendono cura del luogo e supportano i religiosi, e i residenti, per lo più sfollati provenienti da Sinjar e Bashiqa. Nonostante i quasi 50 gradi si respira un'aria gradevole. I tanti alberi secolari fanno ombra, che ci accompagna verso l'ingresso del tempio.
4. "La religione ezida condivide principi e riti comuni a tante altre", ci racconta Uday*, mentre ci mostra un graffito raffigurante una donna indu che adora Melek Taus, l'angelo pavone, figura sacra per gli Ezidi, e al tempo stesso culto sacro originario dell'India. Lungo il percorso che ci porta all'ingresso del tempio troviamo altri elementi che ci indicano come questa comunità, che ha resistito a ben 73 tentativi di genocidio nel corso della loro storia, ha la sua essenza nella vita in armonia con tutto il creato.
5-6-7. Gli Ezidi (e non Yazidi, nome introdotto da Saddam Hussein, come raccontavo qui)  si recano a Lalish spesso nel weekend, con la famiglia o gli amici. Gli appuntamenti principali sono però il lungo digiuno di dicembre (tre giorni) e il capodanno, in genere il primo mercoledì di Aprile. Oltre a riposarsi e pregare nei diversi punti sacri del villaggio, segnati da piccole nicchie bianche nei muri che accolgono fiamme su corde intrise di olio, la visita al tempio é il momento spirituale più importante. L'ingresso racchiude tutti i simboli chiave della religione, tra cui spicca il serpente nero, "che protegge l'uomo dai maligni e le avversità", ci dice Uday. Il bacio sui muri accostando la tempia é un elemento comune, tra gli altri, all'ebraismo.
8-9-10-11. L'interno del tempio é poco illuminato, ad eccezione dei momenti delle preghiere, la cui principale si svolge dopo il tramonto. "Esprimete un desiderio facendo un nodo", ci invita Uday. "Qualcun'altro lo scioglierà per voi, e vi aiuterà a farlo realizzare". E' questa la funzione delle lenzuola colorate che adornano le colonne del tempio, colorandole e contrapponendosi al nero dominante. "Il nero é la conseguenza del fuoco, ma anche dell'olio di oliva con cui il tempio viene pulito, insieme all'acqua." La sacralità dell'olio (l'ulivo della pace per i cristiani, non vi dice nulla?)  é tale per cui c'é un'intera grotta dedicata. Anfore incastrate nella roccia lo conservano, dopo una produzione artigianale (spremitura a piedi e acqua bollente) che ne fa un olio di qualità molto grezza.
12-13-14-15. Il bianco é il colore per eccellenza degli Ezidi. Sono bianche le vesti, le barbe lunghe e folte degli anziani e dei religiosi. "Rappresenta la purezza, la genuinità e la semplicità, che a Lalish sono presenti in ogni singola pietra e nell'aria che si respira", secondo Uday. Caratteristiche si ritrovano tutte nel leader spirituale della comunità, Baba sheikh, che ci accolto nella sua umile residenza a Shekhan, a mezz'ora dal tempio, dove riceve i potenti del mondo come i più poveri. "L'Iraq, per rimanere ancora unito, ha bisogno di una legge che ristabilisca i diritti delle persone, e non delle comunità. Di fronte a Dio siamo tutti uguali, minoranze e maggioranze", ci ha detto durante l'udienza a cui abbiamo avuto l'onore di partecipare.
16-17-18-19-20. Acqua, aria, terra e fuoco. I quattro elementi che permettono l'esistenza e la vita sono i gli attori non protagonisti del villaggio e del tempio. "Questo luogo é stato concepito così: l'acqua scorre nel sottosuolo, sopra la terra gli uomini, le piante e gli animali godono della forza del fuoco e della purezza dell'aria", spiega Uday.
21-22-23. Dopo la visita al tempio ci rilassiamo camminando sui lati delle colline. Incontriamo bambini, donne e anziani. Ci sorridono, ci invitano a prendere il the, ci raccontano le loro storie. Nei loro sguardi, nelle loro parole, si respira pace. Inevitabilmente, tutto questo stride con la violenza e la sofferenza a cui questa comunità continua ad essere soggetta.

*Operatore di Un ponte per... e membro della ASFL (Azidi Solidarity and Fraternity League). 
*Stefano Nanni, nostro corrispondente dall'Iraq, si trova attualmente a Dohuk, nel Kurdistan iracheno, come operatore umanitario di Un ponte per... Le altre puntate del diario si trovano qui. Con queste corrispondenze stiamo tentando di dare continuità al lavoro del nostro libro, con cui abbiamo cercato di raccontare “l’altro Iraq”, quello che scompare dalle cronache, e che resiste. 
*Si ringraziano Ivan Grozny Compasso e Salam Saloo (Un ponte per... e ASFL ).
03 Agosto 2015
di: 
Stefano Nanni da Dohuk - Foto di Salam Salooe Ivan Grozny Compasso
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