Robert Fisk :La faccia accettabile degli Emirati

 
 
La faccia accettabile degli Emirati Di Robert Fisk 30 aprile 2015 Il Louvre di Abu Dhabi somiglia alla parte superiore di un gigantesco guscio d’uovo primo
znetitaly.altervista.org



Il Louvre di Abu Dhabi somiglia alla parte superiore di un gigantesco guscio d’uovo primordiale che cerca di farsi strada per uscire dalla sabbia. La sua gigantesca cupola già scintilla sotto il sole, gli operai si muovono come ragni sui cinque strati di rivestimento in acciaio e alluminio  che daranno a questo straordinario museo il peso totale di 7.000 tonnellate, appena poco meno della Torre Eiffel. La base di cemento di un lago artificiale si espande intorno alla costruzione, dato che il Louvre di Jean Nouvel  sarà situato su un’isola artificiale, e le opere d’arte verranno trasportate nella sua galleria attraverso un tunnel sotterraneo con la luce sparsa al suo interno come se filtrasse dalle foglie delle palme.
Molto romantico, molto orientalista francese, mi dico. Forse anche molto arabo. L’idea è che l’arte si sposterà cronologicamente attraverso i secoli all’interno del nuovo Louvre, con dipinti e orientali e occidentali l’uno accanto all’altro.
Ma Abu Dhabi non avrà dei problemi con i nudi, con Gauguin e Picasso o Poussin? No, dice il mio accompagnatore mentre mi spiega il doppio isolamento e il rivestimento che, lo speriamo tutti, eviterà che l’acqua penetri sui più grandi capolavori del Louvre. “Tutto questo è accettato. Questa è arte. Questa serve per l’educazione.” L’arte contemporanea sarà all’interno del Guggenheim di Abu Dhabi, a poche centinaia di metri di distanza, che per ora è  soltanto un mucchio di camion con rimorchio e di cappelli degli operai che ondeggiano.
“Tutto questo è accettato?” A meno che, dico,  l’Isis, noto per il suo nefasto interesse per gli artefatti, abbia da obiettare  allo scopo educativo del nuovo Louvre e tenti di far esplodere l’acqua attraverso i muri. L’esperto di rivestimenti e di cemento mi guarda piuttosto cupamente dal volante della sua quattro per quattro e concorda  tranquillamente che la “sicurezza” dovrà essere un elemento di tutto questo. Forse per questo motivo a molte persone di Abu Dhabi non piace che i loro nomi vengano rivelati –compreso il mio accompagnatore – perché vivono in una forma di autocrazia; non la dittatura del potere politico di Saddam, o di Mubarak o di Gheddafi, ma la dittatura del denaro. Abu Dhabi è così ricca, e le sue ambizioni sono così mistiche che la gente parla sussurrando. Se il Louvre di Abu Dhabi ha già acquistato il quadro di Gauguin intitolato “La lotta bretone” – scopriremo che cosa pensano gli abitanti degli Emirati della quantità di carne esposta lì – e del quadro “La lettrice spaventata” di Magritte (una donna che legge, chiaramente senza velo), allora forse qualche miracolo è accaduto.
Ma se tutto questo è educativo, che cosa si deve pensare della Grande Moschea Sheikh Zayed? Il tappeto davvero gigantesco, i lampadari, il fatto che sia stato costruito da uomini e materiali provenienti da paesi che vanno dal Marocco alla Cina e che può   contenere    più di 40.000 fedeli – tutto gli dà la sensazione delle cattedrali costruite nel Medio Evo. Ha evitato il pseudo-modernismo orribile delle moschee in cementodella Bosnia costruite dai Sauditi, ma è arte? Oppure, con il suo oro e le pietre preziose, è un messaggio sul potere della ricchezza e anche del potere di Dio? Il Profeta Maometto era un commerciante e sospetto che gli sarebbe piaciuta Abu Dhabi – ma Maometto era anche un uomo umile. Questa moschea è umile?
Questo è il punto ad Abu Dhabi. Quando si possiede il 9% del petrolio del mondo quasi il 5% del gas naturale del pianeta, si deve decidere se  parlarne ad alta voce, esibirlo davanti a tutti con slancio saudita, o inviarlo per finanziare progetti di beneficienza o alle milizie islamiste ossequienti all’autorità religiosa. Abu Dhabi si è dedicato alla beneficienza, ha evitato il buio del Wahabismo, la cupa versione puritana dell’Islam sunnita fatalmente adottato dalla Casa di Saud nel 18° secolo, ma non può liberarsi della necessità dell’ostentazione. E l’Emirates Palace Hotel è un’oscenità. Ci sono stato due volte (non a spese dell’Independent) e ho scritto della sua architettura imperiale Mogul-Gotica dell’architetto Edwin Lutyens, con soltanto un accenno di Saddam e appena un gusto di Titanic.
Questa è ricchezza  oltraggiosa  di portata senza precedenti: oro vero sulle pareti, le porte e gli infissi. 1.022 lampadari di cristallo e una lista di invitati dell’ambiente di Hollywood e di Bollywood  che hanno preso delle stanze pagandole fino a 10.000 sterline a notte. Le dimensioni del maledetto albergo sono così gigantesche che nessun ospite può evitare di camminare per oltre 3 km. al giorno; il personale egiziano e russo lo chiama “Hotel Sporto” perché la maggior parte di loro devono percorrere dai 16 ai 24 km. al giorno accompagnando gli ospiti.
Tuttavia questo sta diventando difficile. Il vecchio Sheikh Zayed, fondatore di Abu Dhabi, il suo figlio e successore, l’attuale Sheikh Khalifa, e ora suo fratello, il Principe della Corona Mohammed bin Zayed  al-Nahyan, hanno detto tutti che gli Emirati sono rimasti indietro in quel bene preziosissimo e in gran parte assente di qualsiasi stato arabo: l’educazione. Ora che Abu Dhabi ha “un sacco di ricchezza” – mi piace il termine “un sacco” – l’emirato aveva bisogno di investire nell’educazione, ha detto il principe Mohammed durante un vertice tenutosi due mesi fa. “Forse tra 50 anni, potremmo avere l’ultimo barile di petrolio. La domanda è: saremo tristi? Se oggi investiamo nei settori giusti, in quel momento festeggeremo.”
Abu Dhabi è la versione  adulta, saggia di Dubai, la capitale degli Emirati Arabi Uniti, più piccolo del suo vicino, ma probabilmente la città più ricca del mondo. E’ ancora governata dalla famiglia al-Nahyan la cui tribù Bani Yas è emigrata sulla costa nord della penisola araba del Golfo, di fronte a quello che è ora l’Iran, alla fine del 18° secolo.  Abu Dhabi è così ricca, con una capacità di produzione di petrolio di 2,3 milioni di barili al giorno, che anche i suoi investimenti totali – le statistiche preferisce tenerle segrete – devono essere calcolate  70 sterline al barile. La cifra totale è probabilmente vicina a 650 miliardi di sterline.
Nell’orribile lingua  commerciale che i principi della corna si sentono ora obbligati a parlare, il Principe Mohammed ha detto che, mentre Abu Dhabi possiede petrolio e gas per il presente, “oggi abbiamo bisogno di evidenziare che i risultati dell’istruzione dovrebbero creare un capitale umano che è in grado di esserci utile per 50 anni e oltre.” In altre parole, educazione, educazione, educazione…..
Di che cosa diavolo continuava a parlare il Principe Mohammed, ho domandato a Zaki Nusseibeh, uno dei consiglieri del ministero degli affari culturali del governo? “Mi ha risposto: “Nelle loro rivoluzioni i popoli arabi hanno domandato la dignità,” mi ha risposto. “Hanno chiesto un futuro. Bisogna però creare la ‘abitudine’ alla discussione e ad accettare il punto di vista delle altre persone. Tutto ciò che sta accadendo con l’ideologia religiosa in questa parte del mondo, è un movimento fascista. L’insegnamento è mnemonico – intendo dire questo, mnemonico – e la gente non viene incoraggiata ad avere un modo di pensare critico. Non ascoltano musica da piccoli o non sanno che cosa è andare a un museo. Sheikh Zayed aveva detto queste cose già nel 1968.”
Mr Nusseibeh  partecipa al  Comitato per la Borsa di studio Rhodes (Cecil  John Rhodes) dice come è gratificante vedere due giovani studenti degli Emirati competere con studenti internazionali, e vederli andare a Oxford a ottenere  i loro Master. Quindi Abu Dhabi e gli altri emirati devono avere buone università, buone scuole, un impegno nella “educazione e nella cultura.” Investire nel futuro, vi dirà qualsiasi funzionario di governo di Abu Dhabi, vuol dire anche occuparsi di energia rinnovabile, di energia solare, ma soprattutto di educazione.
“L’ideologia politica ha sostituito l’educazione,” dice Mr Nusseibeh riguardo alla recente storia araba. Parla dei musei  e della Biennale a Sharja e ad Abu Dhabi e poi
sputa fuori  una di quelle frasi fatte che mi rendono sempre sospettoso: Abu Dhabi deve essere un modello per le società che sono attorno a noi – guardate i media, la città di internet, le infrastrutture delle comunicazioni…”
Non è da molto tempo che l’Occidente ha detto agli arabi che la Turchia dovrebbe essere il loro modello – fino a quando Recep Tayyip Erdogan ha cominciato a impazzire parlando di complotti, mettendo in galera i giornalisti e trasformandosi in un modello per i Mubarak e i Gheddafi che era già passato alla storia. Tuttavia non è difficile capire che cosa sta cercando di fare  Abu Dhabi. Se l’Arabia Saudita è l’impero della preghiera, e il Qatar è l’impero della televisione – e l’Egitto l’impero di fin troppe persone – allora Abu Dhabi governa l’impero dell’istruzione superiore, l’unico bene che è sempre mancata agli arabi, o del quale gli arabi non sono mai riusciti ad approfittare.
E se l’Isis è un culto di anime perdute, e lo è, allora quello in cui Abu Dhabi dice di credere, è l’antitesi dello “Stato islamico”, e dei piani del suo principe della corona di formare una nuova prima linea non violenta contro l’Isis. In effetti è invitante chiedersi se “il mondo arabo” , quell’espressione singolarmente inappropriata che noi occidentali abbiamo inventato insieme a “Medio Oriente”, abbia ancora  significato.
Forse dovremmo immaginare queste regione divisa in il tre parti: il Maghreb e l’Egitto, il Levante e la Penisola Araba.
Naturalmente dovremmo staccare lo Yemen per paura che gli stati del Golfo Arabo possano cadere nella stessa valle della morte dove è caduto quel paese. Ma in questa narrativa, l’istruzione, il salvagente del nostro mondo arabo da noi immaginato, certamente ha origine da quei gioielli di ricchezza situati lungo il Golfo arabo. Anche il Qatar e il Kuwait, malgrado la sua corruzione.
Dall’istruzione deriva la dignità, e dalla dignità deriva la giustizia, ma certamente questa affermazione è troppo sentimentale. E’ magnifico sapere che ad Abu Dhabi c’è  il Gruppo Corale di Abu Dhabi, la Fondazione di Abu Dhabi per la musica e le arti, un Istituto musicale Amadeus, una Casa dell’Oud  che studia lo strumento arabo a corda che è un parente lontano del liuto, l’Istituto Internazionale di musica, e l’Istituto di musica e  di Arte moderna. Ma poi trovo che la versione di Abu Dhabi di Time Out,  (pubblicazione che informa su eventi, locali, cose  da fare in città, n.d.t.) elenca 108 bar e locali notturni nel suo inventario di luoghi di svago. Sta tentando di imitare Dubai? Ci possono essere due Dubai? O due Abu Dhabi negli Emirati?
E alla fine, per chi sono? Non per i 4 milioni di lavoratori stranieri, naturalmente. Non per le élite della classe media che arrivano dall’Occidente e dal resto dell’amorfo “Mondo arabo”. Un iracheno molto in alto nella professione medica ad Abu Dhabi – motivo per cui anch’egli  ha chiesto di restare anonimo – ha spiegato il suoi rapporti con l’Emirato in termini sorprendentemente franchi: “Siamo tutti arrivati qui per scelta,” mi ha detto davanti al caffè più caldo che abbia mai bevuto in Arabia. “Ho preso una decisione consapevole – credevo che qui avrei avuto una vita migliore. Sono molto contento del modo in cui gestiscono il loro paese.”
A questo punto ha fatto una pausa, penso perché – in quanto medico e in quanto espatriato – non voleva dare ad Abu Dhabi un certificato di ottima salute. “Il patto è questo: ‘Ti daremo dei soldi e tu puoi avere lo stile di vita che hai scelto – ma non hai alcun diritto.’ Chi non è cittadino degli Emirati non può andare in una scuola governativa. Si può andare in un ospedale governativo soltanto in caso di emergenza. Sono qui come servitore del paese. So che se non voglio essere più esserlo, posso salire su un aereo e tornare a casa.”
Poi ha pensato un momento e ha afferrato la venalità di tutto. “Siamo tutti qui su invito – o per tentazione.”
Nella foto: viene posato il primo segmento della cupola del Louvre ad Abu Dhabi.
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org
Fonte: http://zcomm.org/znetarticle/the-accetable-face-of-the-emirates
Originale : The Independent
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2015 ZNET Italy – Licenza Creative Commons  CC BY NC-SA 3.0
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