Israele : Pro e contro i richiedenti asilo: doppia manifestazione a Tel Aviv
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The
Israeli government announced plans to offer asylum seekers a stark
choice: self-deport to a third country or face indefinite imprisonment.
Residents of south...
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Sabato
in piazza HaBima il corteo dei pro-rifugiati accanto a quello degli
abitanti dei quartieri sud della città, che invocano la deportazione
degli "infiltrati" per...
nena-news.it
Sabato in piazza HaBima il corteo dei pro-rifugiati
accanto a quello degli abitanti dei quartieri sud della città, che
invocano la deportazione degli “infiltrati” per mettere fine al degrado
della zona
Foto, video e testo di Roberto Prinzi
Foto, video e testo di Roberto Prinzi
Tel Aviv, 4 maggio 2015, Nena News – Duecento persone si sono radunate sabato sera a Tel Aviv nella centralissima piazza HaBima per protestare contro la
politica “anti-infiltrati” del governo di destra israeliano che mira a
deportare in paesi terzi i richiedenti asilo e gli immigrati presenti
nello stato ebraico. Negli stati in cui saranno trasferiti,
stabilisce il piano annunciato un mese fa dall’uscente ministro degli
interni Gilad Erdan, ai migranti verrà riconosciuto pieno status legale.
Secondo la bozza di legge chi non sarà d’accordo al trasferimento sarà
imprigionato a tempo indeterminato.
A pochi metri di distanza dal
recinto delimitato da transenne in cui sono rinchiusi gli attivisti di
sinistra, vi è il contro presidio di oltre 100 abitanti dei quartieri
meridionali di Tel Aviv. A dividere i due gruppi vi sono i
cordoni di una trentina di agenti di polizia. Ci avviciniamo al gruppo
degli attivisti di destra e siamo travolti dalla loro rabbia
incontenibile. Una donna con il megafono grida: “abbiamo morti, ogni
giorno subiamo stupri, ogni giorno [ci sono] scontri e rapine.
Vergognatevi [rivolgendosi agli attivisti di sinistra , ndr]. La
soluzione al degrado del suo quartiere è una sola ed è racchiusa in una
formula di tre parole: “sì alla deportazione”.
Gli altri militanti di destra approvano e
in coro, per un po’, ripetono questo slogan. Seffi Paz, che abita nel
quartiere povero di Shapira, è irrequieto e prende la parola. Il suo
bersaglio è la sinistra: “noi li chiamiamo infiltrati, loro li chiamano
rifugiati. Noi parliamo di crimini [che avvengono] nei nostri quartieri
mentre loro parlano di sopravvivenza. Diciamo polizia di immigrazione,
centro di detenzione, mentre loro lo chiamano campo di concentramento”.
Colpevole, secondo gli abitanti dei quartieri meridionali di Tel Aviv, è
soprattutto il New Israel Found (NIF) perché responsabile di finanziare
i gruppi locali di diritti umani. Un cartello recita: “NIF: opprime gli
oppressi nel sud di Tel Aviv”.
Alla spicciolata arrivano anche i
promotori della manifestazione a favore dei richiedenti asilo. Un
giovane manifestante, con una t-shirt bianca su cui è scritto in
inglese: “Io amo i rifugiati e non dimenticherò”, è avvolto in una
bandiera israeliana. Ci avvicina chiedendoci se vogliamo avere alcuni
cartelloni che ha preparato. “No alla deportazione” ci dice quando
gentilmente rifiutiamo. A suo fianco altri manifestanti reggono insegne
in ebraico che recitano: “la deportazione dei migranti è un crimine
morale”, “hanno chiesto riparo e hanno ottenuto la prigione”, “Holot
[struttura detentiva nel deserto del Neghev in cui sono detenuti oltre
4.000 migranti] quanto ci costa?”, “un rifugiato [ebreo, ndr] non ne
caccia un altro”.
Il presidio della sinistra è rumoroso e a
ritmo di tamburo e fischietti qualche ragazza danza, mentre altri
intonano slogan contro il trasferimento. Il sit-in è formato da voci
diverse e, nel tentativo di avere la più ampia partecipazione possibile,
pone in primo piano il carattere umanitario della questione migratoria
trascurando l’elemento politico : il rapporto dell’ideologia sionista con la legge anti-infiltrati. In
uno stato che si dichiara “ebraico” per costituzione, hanno diritto di
cittadinanza (e di presenza) coloro che appartengono ad altre
confessioni religiose? E se i “mistanenim” (infiltrati in
ebraico) sono i sudanesi e gli eritrei, non lo sono da meno anche i
palestinesi, anche loro definiti “minaccia demografica” esattamente come
gli immigrati?
Il dato che balza agli occhi è
che tra i 300 partecipanti pro-immigranti a mancare sono proprio i
destinatari dei provvedimenti messi in atto da Tel Aviv.
Contiamo la loro presenza sulle dita di una mano. Tra i pochi ad essere
in piazza è Nadim Omar, un richiedente asilo del Sudan. Indossa una
camicia rosa e spicca tra la folla per la sua altezza. “La situazione è
terribile – ci racconta non appena ci avviciamo – molti immigrati non
sono venuti perché hanno paura”. Nadim ha in mano un foglio su cui è
stampata la foto di un giovane migrante deportato da Israele e morto nel
Sudan. “Guardate qui, questo potrebbe succedere a qualunque di noi se
dovessimo essere trasferiti”. “E’ molto pericoloso se ci rimandano
indietro – aggiunge salutandoci – parlano di paesi terzi [la
stampa locale ha rivelato che Uganda e Ruanda sarebbe pronti ad
accogliere il flusso degli immigranti presenti in Israele, ndr], la realtà è che non c’è alcun accordo con questi governi”.
Di tanto in tanto dal presidio quasi
contiguo della destra qualcuno prova ad entrare in contatto con gli
attivisti della sinistra. Il cordone di polizia lo respinge indietro, ma
è impotente di fronte alla pioggia di insulti che scivola senza freni
dalla loro bocca. Inviperite sono due giovani ragazze israeliane etiopi
che si trovano a passare in piazza. “Siete dei codardi e traditori” una
delle due grida coprendo di epiteti irripetibili gli attivisti di
sinistra delle prime file. Ma la loro rabbia non ha nulla a che vedere
con il fatto che la sinistra extraparlamentare scesa in piazza ieri
abbia eluso il tema della discriminazione e delle violenze subite dai
falasha etiopi (protagonisti il 1 maggio e ieri di violenti proteste a
Gerusalemme e Tel Aviv). L’odio delle loro parole è quello di un
sottoproletariato israeliano volutamente discriminato dalle elite
ashkenazite (di qualunque colore politico) e aizzato con le altre classi
marginalizzate che costituiscono la società israeliana.
Sono le ore 21:40 e il corteo incomincia
a disperdersi. Le maglie difensive della polizia si attenuano e così un
manifestante di destra riesce per la prima volta ad entrare in contatto
con i militanti dell’opposto schieramento. Questa volta,rispetto a
quanto avviene spesso da queste parti, in modo non violento. Con gli
occhi sgranati e con reale preoccupazione dipinta sul suo volto si
lamenta: “non possiamo vivere più così con loro [i richiedenti asilo,
ndr]. E voi invece li sostenete. Guardate prima a noi, alla nostra
sofferenza”. Una attivista di sinistra prova a calmarlo: “noi non siamo
contro di voi. E’ il governo israeliano che è responsabile della
situazione nel sud di Tel Aviv”. Nena News
GUARDA IL VIDEO DELLA CONTROMANIFESTAZIONE:
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